Studente dell'Aquila, sei morto per colpa tua, lo ha detto il Tribunale. Ti svelo un segreto: io non ci credo.
Studente dell'Aquila, io non credo nel tuo "comportamento incauto", lo virgoletto perché la sentenza, invece, dice proprio questo. Secondo la sentenza non sarebbe stata colpa delle rassicurazioni della Commissione Grandi Rischi e della Presidenza del Consiglio dei ministri; la colpa non sarebbe stata loro, nell'aver minimizzato le scosse dei giorni precedenti; la colpa è stata tua, studentessa e studente, che gli hai creduto.
15 anni ci sono voluti per questa sentenza, e ora eccola qui. Studente, sei stato incauto, incosciente, irresponsabile, spericolato, sventato, temerario.
Studente, sei stato imprevidente, inavveduto e irriflessivo.
Sono sette gli studenti morti "per colpa loro", in diversi crolli, durante il terremoto dell'Aquila di 15 anni fa.
Non ci saranno risarcimenti per i familiari delle vittime e le spese processuali saranno a carico dei parenti dei 7 ragazzi e ragazze deceduti.
Le spese legali a carico dei famigliari degli studenti colpevoli di troppa fiducia nelle istituzioni sono di 11.000 euro per il primo grado, e 13.000 per il secondo. 24.000 euro per sentirsi dire che i propri figli sono morti perché "incauti".
In questi casi, dalle mie parti, si dice "becchi e bastonati". L'espressione può fare sorridere, ma è invece molto seria: significa essere stati colpiti nei sentimenti ("becchi") e nel fisico ("bastonati"). Significa non avere nessuna strada per salvarsi, o anche soltanto per un respiro fatto bene, in grado di toglierti – fra i tanti – un peso oppure due. In questo caso, con la sentenza, i pesi si aggiungono: padre, è colpa di tuo figlio. Madre, la responsabilità è di tua figlia.
La Commissione Grandi Rischi si era riunita all'Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del terremoto, e aveva lanciato messaggi rassicuranti.
Studente, la colpa è tua che gli hai creduto. Sei stato semplicione, ingenuo, sciocco, minchione, sprovveduto, un volpone al contrario. Non lo sai che al potere non si crede, che i responsabili sono irresponsabili? Che un "sì" in certi casi equivale a un "no"? Sono queste le domande che suggerisce la lettura della sentenza.
Per i giudici le cause del decesso sarebbero da ricercare "nelle decisioni delle vittime". Secondo i giudici "non vi è nesso tra le rassicurazioni della Commissione e la decisione del giovane di restare nella sua abitazione da studente": in questo passaggio della sentenza il riferimento è allo studente Nicola Bianchi, ma è così anche per gli altri. Secondo i giudici lui era rimasto all'Aquila, e sulla sua scelta non aveva agito l'influenza delle opinioni della Commissione Grandi Rischi e della Presidenza del Consiglio dei ministri. La prova sarebbe questa: dopo la scossa delle 22:48, la notte del sisma, Nicola Bianchi era fuggito in strada. Perciò – è questo il ragionamento del Tribunale – non aveva creduto alle rassicurazione della Commissione, se la paura per la scossa appena vissuta lo aveva proiettato fuori di casa. E non era stata colpa della Commissione, però, neanche quando aveva superato quella paura ed era tornato a dormire a casa, forte delle rassicurazione della stessa Commissione Grandi Rischi; e poi alle ore 3:32 Nicola Bianchi è morto sepolto dalle maceria della sua stanza.
Aveva 22 anni Nicola Bianchi, l'incauto, secondo i giudici. Non secondo me.
Questo è il racconto del padre di Nicola Bianchi, a proposito di quel 6 aprile 2009: "A lui e agli altri studenti dissero di dormire sereni a casa perché non c'era alcun pericolo. Parlai al telefono con mio figlio poche ore prima del terremoto, e mi rassicurò dicendomi che erano venuti gli scienziati a L’Aquila e avevano detto di stare tranquilli".
Studenti state tranquilli, sereni, placidi, pacati, calmi, quieti, ordinati, silenziosi, rilassatevi.
Non c'è nesso causale tra la condotta delle vittime e i messaggi rassicuranti lanciati cinque giorni prima, così dicono. Sono rientrati in casa perché hanno scelto così e buonanotte a loro, almeno fino alle ore 3:32, perché poi la notte è finita per tutti.
Nicola Bianchi, Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna, erano questi i nomi e i cognomi delle sette studentesse e studenti, quelli che si sono fidati troppo, il Tribunale ha stabilito press'a poco così.