video suggerito
video suggerito

Nino Di Matteo contro la riforma della giustizia: “Sarà difficile fare inchieste sul potere e sulla politica”

Il procuratore Nino Di Matteo, il pubblico ministero del processo sulla Trattativa Stato-mafia, definisce la riforma della giustizia “preoccupante” e a Fanpage.it spiega perché.
A cura di Giorgia Venturini
135 CONDIVISIONI
Immagine

"Il pubblico ministero diventerà inevitabilmente una sorta di accusatore a tutti i costi sempre più vicino alle posizioni del governo, come fosse un suo avvocato". Parla il procuratore Nino Di Matteo, il pubblico ministero del processo sulla Trattativa Stato-mafia, e interviene sulla riforma della giustizia voluta dal governo di Giorgia Meloni. Di Matteo definisce la riforma del governo "preoccupante" e a Fanpage.it spiega perché.

Cosa ne pensa della separazione delle carriere? Per chi sostiene la riforma, un magistrato che per anni si è occupato di formulare l’accusa nei processi, rischierebbe di non essere imparziale nel caso in cui passasse alla funzione di magistrato giudicante: è veramente così?

I sostenitori della separazione delle carriere partono da presupposti falsi. Vogliono far credere che l'appartenenza del pubblico ministero e del giudice alla medesima corriera condiziona quest'ultimi nei processi. Questo assunto è smentito dai tanti casi in cui i giudici respingono le richieste dei pm, sia in sede cautelare che in sede dibattimentale. Se si volesse dare per buono l'argomentare dei sostenitori di questa riforma, allora non dovrebbe essere nella stessa carriera del giudice di primo grado neanche il giudice d'Appello che si trova a confermare o meno una sentenza del giudice di primo grado.

Un altro aspetto della riforma che è clamorosamente falso e viene strumentalizzato, è quello che mira a far credere che ci siano continui passaggi dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice e viceversa. Sono però i dati a smentire questo aspetto: negli ultimi tempi c'è stata una percentuale annua pari all'un per cento del passaggio da pm a giudice e addirittura dello 0,3 per cento nel caso contrario.

Così come non è corretto il ragionamento per cui la riforma assicurerebbe la parità tra pubblico ministero e difensore. Perché la parità tra pm e avvocato difensore per Costituzione deve essere assicurata solo all'interno del processo. Su un piano istituzionale non può esserci parità: perché l'avvocato è un privato professionista, vincolato dal solo mandato nei confronti del suo assistito e per questo è obbligato solo a cercare l'esito processuale più conveniente all'imputato. Mentre il pm, a differenza dell'avvocato, condivide con il giudice l'obbligo di ricercare la verità dei fatti.

Questi ragionamenti quindi sulla separazione delle carriere sono falsi e strumentali. Bisogna chiedersi il perché di tanta volontà di portare avanti questa riforma.

Chi è contro la riforma, invece, sostiene che la separazione delle carriere contribuirebbe a indebolire i magistrati stessi, esponendoli a una maggiore influenza del potere politico: anche lei pensa che questa riforma sia di solo interesse politico?

Certamente. C'è un disegno unico nelle riforme degli ultimi anni, che affonda le sue radici già durante i primi governi Berlusconi: mira a un ridimensionamento dei poteri di controllo sull'operato del governo. Durante la cerimonia dell'apertura del nuovo anno in Cassazione, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Fabio Pinelli, di nomina parlamentare, ha detto che: ‘Quello giudiziario è un potere che si è espanso moltissimo negli ultimi cinquant’anni. Oggi siamo in una fase di riequilibrio che ha spinto la politica a toccare anche aspetti dell’architettura costituzionale‘. Si riferiva alla riforma sulla separazione delle carriere.

Questa affermazione sembra confermare che lo scopo della riforma è proprio quello di ridimensionare il ruolo della magistratura. Il pubblico ministero diventerà inevitabilmente una sorta di accusatore a tutti i costi sempre più vicino alle posizioni del governo, come fosse un suo avvocato.

Già avviene in altri Paesi: in ogni ordinamento in cui la carriera del pubblico ministero è separata da quella del giudice, il pm dipende dall'esecutivo (tranne che in Portogallo). Chi vuole un pubblico ministero che dipenda dall'esecutivo di turno, ovvero chi comanda in quel momento nel Paese, non si rende conto che la separazione delle carriere è un pericolo per il cittadino, per i deboli, per le minoranze, per i dissidenti politici. Il pubblico ministero non sarebbe più un garante dei diritti, ma un accusatore a tutti i costi.

Quindi secondo lei questa riforma è pericolosa?

È molto pericolosa. Squilibra il sistema dei pesi e contrappesi previsto nella nostra Costituzione: se passasse, ci sarebbe un forte sbilanciamento perché si rafforzerà ulteriormente il potere dell'esecutivo. Ecco perché è una riforma pericolosa per il sistema democratico. Se si dovesse arrivare a un referendum, ma anche prima, è compito e dovere di noi magistrati spiegare quali sono le ragioni che ci preoccupano. Come cittadini ancor prima di magistrati.

Lei si è occupato prevalentemente di processi di mafia. Dal punto di vista dei procedimenti contro la mafia, questa riforma aiuta o no alla lotta alla mafia?

Se passasse la riforma sulla separazione delle carriere, per quanto riguarda le inchieste di mafia, io credo che non cambierebbe molto dal punto di vista della repressione di quella che possiamo definire ‘mafia militare'. Ma sicuramente, se avessimo un pubblico ministero vicino all'esecutivo, sarebbe difficile, se non impossibile, condurre tutte quelle inchieste che legano la mafia alle istituzioni, alla politica. Sarebbe veramente impensabile, in un sistema in cui il pubblico ministero non appartenesse alla stessa carriera del giudice, poter avere in futuro altri processi come quelli che si sono tenuti a Palermo nei confronti di Marcello Dell'Utri e di Giulio Andreotti. Così come nel caso del processo sulla Trattativa Stato-Mafia. Ovvero qualsiasi processo che riguarda il rapporto più nascosto e insidioso tra mafia e potere. Forse è proprio questo che vuole il governo: indebolire la possibilità che la magistratura eserciti il controllo di legalità a 360 gradi anche nei confronti dei potenti.

Spesso quando il governo propone riforme di questo tipo, come nel caso della proposta di eliminare le intercettazioni per i reati minori, mette le mani avanti dicendo che non si indebolirà la lotta alla mafia: ma è veramente così?

Chi segue da decenni l'evoluzione della criminalità organizzata, sa che mafia e corruzione sono due facce della stessa medaglia criminale. Spesso le mafie per ottenere i loro scopi ricorrono a metodi di infiltrazione all'interno della pubblica amministrazione anche attraverso la corruzione. Allora dire che le riforme, come anche quella sulle intercettazioni, non riguardano la lotta alla mafia è sbagliato. Con questa riforma, spuntando le armi dei pubblici ministeri per la repressione dei colletti bianchi collusi si favorisce indirettamente l'espansione del potere mafioso. Il nostro Paese sta perdendo la memoria e quindi anche la speranza di un futuro diverso.

Cosa pensa del fatto che questa riforma sia stata dedicata a Silvio Berlusconi?

È nei fatti che la separazione delle carriere nella magistratura costituiva già fin dal 1994 un cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. Prendo atto che il governo dedica questa riforma a un soggetto che è stato definitivamente condannato per reati gravi e che, nella sentenza definitiva su Dell'Utri, è stato riconosciuto come un imprenditore che per almeno vent'anni, e tramite la mediazione di Dell'Utri, ha rispettato un patto con le famiglie mafiose più importanti di Palermo che prevedeva protezione da parte loro in cambio di soldi versati da Berlusconi ogni sei mesi. In quella sentenza è stato ritenuto un finanziatore di Cosa Nostra. Oggi siamo arrivati al punto che il governo dedica questa riforma a lui.

Il viceministro della Giustizia Sisto, in un'intervista a Fanpage.it, ha detto che giudica lo sciopero dei magistrati in programma per oggi "inopportuno", perché la legge ha ottenuto l'ok del Parlamento. Gasparri ha detto che le proteste sono addirittura "eversive". Lei cosa ne pensa?

Parteciperò allo sciopero. Credo che tutti noi magistrati che abbiamo giurato sulla Costituzione, abbiamo il dovere, sia prima che dopo lo sciopero, di spiegare ai cittadini il pericolo che questa riforma sulla separazione delle carriere porta con sé. Spero che tanti magistrati trovino il tempo e il coraggio di partecipare a dibattiti pubblici per far capire che le ragioni adottate da chi sta portando avanti la riforma sono strumentali. La separazione delle carriere all'interno della magistratura sarà sempre e solo a favore dell'esecutivo. Vorrei inoltre che venisse ricordata che quando il governo dice che questa riforma è a favore dei cittadini, nemmeno tre anni fa, nel 2022, il referendum abrogativo sulla separazione delle carriere tanto non interessò i cittadini che l'affluenza alle urne fu solo del 20 per cento. Già i cittadini aveva dimostrato di non considerare prioritaria questa riforma.

135 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views