L'inizio della fine è fissato a mezzogiorno, in un albergo del Lungomare napoletano che per anni è stato quartier generale elettorale di tanti signori del voto in Campania. Ma poi, come in ogni sceneggiata che si rispetti, l'ammuina prende il sopravvento. E succede che i più agitati sono proprio giornalisti, fotografi e cameramen: una ressa indescrivibile in una saletta piena come un uovo. L'uomo del giorno è Nicola Cosentino, fresco di esclusione dalle liste del PdL. Si guarda intorno, c'è il cronista di ‘Servizio Pubblico' che gli chiede qualcosa e l'ex sottosegretario a lui dice una mezza frase: "Tutti associati, eh?". Come a dire: se sono impresentabile, perché siete tutti qui? "Ma tutte queste foto – aggiunge – per un impresentabile?". Troppo caos, niente da fare, situazione ingovernabile. La conferenza stampa è spostata alle ore 15. Anzi no, alle 14. Le due ore passano velocemente nella hall dell'albergo. Ad attendere c'è una fauna che è la sintesi di vent'anni di centrodestra campano: ci sono i fedelissimi del Casertano, c'è Amedeo Laboccetta, vigoroso parlamentare PdL autore di "Grand Hotel Poggioreale", il libro sul suo soggiorno nelle patrie galere all'epoca di Tangentopoli. Ci sono Aminto Cesarini il dipendente del Comune di Napoli capo dei disooccupati organizzati di destra – un ossimoro vivente – e si vede Salvatore Lezzi, l'altro ormai ex capo dei disoccupati, quelli della destra estrema. C'è un gruppetto di donne, pasionarie e si intravede per un momento anche uno dei figli di Luigi Cesaro, l'amico di sempre, il sodale politico: Nick ‘o mericano e Giggino ‘a purpetta. Solo che a questo giro Giggino è candidato, Nick non lo è.
Quando si rientra, in una sala più grande, in fondo c'è un palchetto e un sipario. L'ideale, per iniziare lo spettacolo. "È stato scritto di tutto. Che ero scappato con le liste, che volevo esserci a tutti i costi. Vi ho deluso ma certo avete raggiunto l'obiettivo. Oggi però vi dovete scegliere un'altra icona del male. Da adesso sono un cittadino comune". Cosentino parla così e fa capire chiaramente che questa conferenza stampa è una linea di difesa. È accompagnato dai due suoi avvocati; in sala ci sono anche i legali del fratello Giovanni, autore di una maxi-richiesta di risarcimento da 1,2 milioni di euro per il libro "Il Casalese", biografia non autorizzata del politico di Casal di Principe. Ci sono due aspetti del discorso dell'ex sottosegretario di governo all'Economia con delega al Cipe: il primo è giudiziario, il secondo è politico. Sul fronte giudiziario la linea è chiara: se l'accusa riteneva pericoloso e da carcerare Cosentino poiché in fase elettorale avrebbe potuto mettere in moto meccanismi "oscuri" per il consenso, ora con l'addio al Parlamento questa pericolosità cade. Dice il parlamentare [quote|left]|Perché dovrei andare in carcere, ora che sono un cittadino comune?[/quote]uscente: "Perché dovrei andare in carcere, ora che sono un cittadino comune? Se vado in carcere è perché siamo un Paese incivile". Nella peggiore delle ipotesi, cioè quella secondo la quale con l'addio all'immunità il 25 febbraio, dopo le elezioni scattino le manette, in virtù delle due richieste d'arresto fermate solo dall'immunità parlamentare, Cosentino dice: "Sono pronto ad affrontare il carcere con la mia dignità". "Io sono sottoposto da due anni a un processo – continua – Dovrei andare in carcere solo per lo sfizio di qualcuno?". L'aspetto politico è invece un binario meno tortuoso, più deciso, veloce, aggressivo. Da una parte ci sono i nemici, Angelino Alfano, segretario PdL, definito "un perdente di successo"; Stefano Caldoro, governatore della Campania "Ho organizzato il consenso in suo favore Napoli […]. E ora non potrà più giocare ai buoni e ai cattivi" e Italo Bocchino, "unico riferimento vero dei casalesi in Parlamento, ovviamente la parte buona". Dall'altra Silvio Berlusconi, colui che in fondo al deputato di Casal di Principe ha sempre dato carta bianca fino ad ora, quando in "un focus regalato al partito – ricorda Cosentino in conferenza stampa – si leggeva che facevo prendere voti localmente ma ne facevo perdere a livello nazionale". "A Berlusconi mi lega profonda stima" dice ancora il parlamentare. È questo l'abbraccio che per i signori dei sondaggi è mortale. È questo l'abbraccio che Berlusconi non disdegna, visto che con Cosentino ha vinto negli anni, in Campania. È questo l'abbraccio Alfano non vuole, non vuole assolutamente. "Tutti i partiti alleati del centrodestra mi hanno proposto un posto in lista – conclude -. Ma io non vendo la mia dignità per l'immunità". E giù applausi. Anche quando fa chiaramente capire che non muoverà un dito in questa campagna elettorale: "Declinerò l'offerta di partecipare a manifestazioni che riguardano la politica prima di aver chiuso le mie vicende processuali".
Prendi le liste e scappa? Macché. "Tutta una montatura, tutta una montatura", dice ‘o mericano e dal lato destro della platea parte un altro applauso: c'è il gruppetto delle donne e i giovani del PdL di piazza Borsa, quartier generale del potere cosentiniano a Napoli che si spellano le mani per l'onorevole. "Non avevo le liste in mano, avevo una parte della liste di Campania 2, le ho consegnate a Nitto Palma. Sono stato fino a notte fonda a Palazzo Grazioli a dare il mio contributo ad organizzare le liste; una parte dei documenti li avevo io e li ho consegnati al mio commissario che già dalle cinque era in tribunale". Gli avvocati non intervengono, se non per parlare dei tempi processuali; il prossimo procedimento, quello denominato "Il Principe e la scheda ballerina" inzia tra una manciata di ore. E lì Cosentino è coinvolto con Cesaro. Approposito, dov'è Cesaro, l'amico di sempre, il "socio"? "Se manca qualcuno non lo so. Non sono mai stato socio di nessuno. Come socio ho solo mia moglie e la mia famiglia. Cesaro? L'ho sentito, era dispiaciuto". Ma non è la risposta di uno che ha ricevuto il conforto dell'amico.
[quote|left]|Impresentabile solo perché ho deciso di nascere in un comune di camorra[/quote]I toni si fanno più accesi soltanto nel finale, quando nelle domande spunta quella sulla famiglia: le parentele coi boss casalesi accendono la scintilla negli occhi di Cosentino. Che con la mano fa cenno all'avvocato di voler rispondere lui stesso e per un momento l'atteggiamento remissivo delle ultime ore è accantonato: "Sono parlamentare dal 1996, perché non è venuta nel '96 a farmi questa domanda sulle parentele? Devo essere impresentabile solo perché ho deciso di nascere in un comune di camorra? O perché uno dei miei otto fratelli si è fidanzato a 16 anni e sposato con l'attuale moglie il cui fratello, che allora aveva 13 anni, poi da grande ha fatto il camorrista?". Ritorna il vecchio assioma del Cosentino sottosegretario: io sono perseguitato perché nato a Casal di Principe. La domanda sembra chiusa lì ma l'onorevole deputato chiosa : "Che cosa c'entro io? Di Donat Cattin si può dire che era un terrorista?". Il riferimento è al figlio dell'ex ministro democristiano, Marco, che fu terrorista di ‘Prima Linea'. "I Casalesi sono cretini, un clan di fessi se invece di aiutarmi a scalare le vette mi fanno dimettere". "Non si è mai sentito imbarazzato?" gli viene chiesto. La risposta alla cronista che ha avuto l'ardire è drastica: "È più imbarazzante lei che non io". E le claque sedute applaudono.
Il finale è convulso: gli viene chiesto che titolo darebbe alla sua vicenda. E lui dice "Un uomo", di Oriana Fallaci. È la storia Alekos Panagulis, politico, intellettuale e poeta greco, per anni rinchiuso in carcere dal regime militare dei colonnelli, guidato da Papadopoulos. È il quadro plastico del martirio cosentiniano. "Sono fortemente vincolato al progetto del Pdl e al presidente Berlusconi". Il futuro? "Vedremo, ora penso ai processi".