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Opinioni

Nessuno sposterà l’orrore dei cadaveri di Bucha dalla nostra testa

Si perdono le parole di fronte ai cadaveri per strada, la guerra incombe e la dignità è lì, a brandelli fra la polvere delle strade di Bucha.
A cura di Saverio Tommasi
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Crimini di guerra a Bucha, in Ucraina
Crimini di guerra a Bucha, in Ucraina

L'orrore di Bucha.
Il raccapriccio delle immagini dei cadaveri a terra ai bordi delle strade.
Il ribrezzo, e poi? Non riesco a trovare vocaboli che diano un senso di quello che è avvenuto, senza sminuirlo. Ogni vocabolo, a confronto con la realtà, sembra svuotarla.
La ripugnanza per quanto avvenuto a Bucha, la strage di civili, si parla di 410 morti ammazzati, come si può raccontare?
Quei fori di pistola dietro le teste dei cadaveri e poi i corpi abbandonati lungo le strade principali, come si narrano?

Cosa dovremmo scrivere? Senso di repulsione, bruttura, crudeltà, certo. E poi? Io non ho vocaboli, ho perso le parole.

Quello che è accaduto a Bucha è un'atrocità, una mostruosità, un'oscenità. E poi? Serve qualcosa in più, che racchiuda tutte queste parole insieme.

Servirebbe una parola abbastanza grande da riuscire a fermare la guerra. E' il sogno di ogni scrittore, di ogni persona che racconta storie per immagini: cambiare la realtà semplicemente raccontandola. Non si riesce mai, però. Rimane il sogno grande dietro al quale continuiamo a fare il nostro piccolo mestiere.

E allora, Bucha.

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I russi se ne sono andati e sono entrati i mezzi militari ucraini, le auto, e hanno visto e ripreso con i cellulari i corpi lungo le strade.
Hanno visto i cadaveri ai lati, alcuni posizionati nel mezzo alla carreggiata, probabilmente per essere sicuri che non sarebbero passati inosservati.
Volete il conto preciso? Il sindaco della città, Anatoly Fedoruk, ha detto che per ora sono stati trovati venti corpi che per strada avevano un foro di proiettile dietro la testa, come giustiziati. Sedici su venti erano riversi sul selciato, tre erano in mezzo alla strada. Un passaporto ucraino è stato trovato accanto al corpo di un uomo che aveva le mani legate dietro la schiena con un pezzo di stoffa. Non si trattava di persone nell'esercito, o di combattenti. Non erano soldati, non avevano armi, neanche giubbotti antiproiettile, o elmetti. Niente. Non rappresentavano una minaccia, eppure li hanno uccisi come non si uccidono neanche i maiali.

Ora le autorità ucraine chiedono: "Quanti altri casi simili stanno accadendo in questo momento nei territori occupati?"
Non lo sappiamo, non possiamo dirlo. Non conosciamo neanche la dinamica precisa di questi morti, soltanto li vediamo. Sono lì e non si muoveranno fino a che qualcuno non li sposterà per dare loro una sepoltura, quasi sicuramente in una fossa comune, perché non c'è tempo per altro.

La guerra incombe e la dignità è lì, a brandelli fra la polvere.

"Guerra" è l'unica parola di mia conoscenza in grado di raccontare questo orrore nel suo complesso, ma non di fermarlo.

Più precisamente quello che è accaduto a Bucha risponde al nome che l'ha armato: "Guerra". E se le dinamiche verranno confermate si configurerà anche il reato di "crimini di guerra".
Come se in guerra fosse davvero possibile non commettere crimini, come se fosse possibile uno scontro soltanto fra soldati, e come se anche i soldati non fossero ragazzetti mandati a combattere da qualcuno che invece in guerra non ci andrà mai.

Esaltati per non avere paura, neanche della propria morte. Addestrati a odiare il nemico e poi privati di specchi, perché se solo si guardassero, i soldati di tutto il mondo si vedrebbero uguali fra loro e smetterebbero di combattere.

Cadaveri ai lati delle strade di Bucha
Cadaveri ai lati delle strade di Bucha

I crimini di guerra sono il conto alla fine del pasto, impossibile da evitare, previsti, alcune volte addirittura ricercati perché impauriscono il nemico come nient'altro al mondo. Questa volta è accaduto a Bucha, e accadrà ancora.
A guardare la sfilata di corpi mozzati alla vita per le strade ci si impressiona e scappano le parole, non si trovano più. Restano quelle dei comunicati stampa da Mosca, che fanno altrettanta paura:
"Tutte le fotografie e i materiali video pubblicati dal regime di Kiev (…) sono un'altra provocazione (…) sono una produzione di Kiev per i media occidentali".

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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