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Opinioni

Nervi saldi, calma e comprensione: il dovere delle forze dell’ordine

“C’è bisogno di nervi saldi, di comprensione perché la fatica sociale del Paese è enorme”. Lo dice Letta. E le forze dell’ordine non dovrebbero mai dimenticarlo. In nessun momento.
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Si fa sempre fatica a restare indifferenti di fronte alle immagini della repressione del dissenso. Abbiamo sempre nella mente la tragedia del popolo siriano, che ormai non indigna nemmeno più, non merita che trafiletti sempre più nascosti. Abbiamo ancora negli occhi le violenze della polizia turca, la sanguinosa repressione del dissenso di migliaia di ragazzi e ragazze rispetto alla chiusura di un parco pubblico ed alla ferrea determinazione del Governo di respingere "la tentazione del cambiamento" sociale, politico e culturale. E allo stesso modo tremiamo al solo pensiero che quei modelli possano in qualche modo attecchire anche nel nostro Paese. All'idea cioè che di fronte al dissenso le forze dell'ordine rispondano con cieca durezza e incomprensibile livore.

Intendiamoci, non ci interessa rilanciare allarmismi o teorie sulla "dittatura imperante nel nostro Paese", su un presunto accerchiamento manu militari dell'opposizione nel nostro paese. Né sarebbe corretto assolvere senza se e senza ma chi dovrebbe occuparsi della sicurezza dei cittadini. Però è evidente che occorra una riflessione seria e ragionata su quanto sta avvenendo nel nostro Paese. Sul clima che si respira e su cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Su quanto sia alto il livello di tensione fra "gli attori sociali" e su quale sia il rischio di una contrapposizione che invece non ha alcun senso.

Terni, Val di Susa, Roma, Napoli, Milano. Ovunque manifestazioni, sit in, proteste finiscono in un assurdo braccio di ferro con le forze dell'ordine. Ovunque lo scontro finisce con l'essere fisico ed ideologico ad un tempo ed il nemico diventa il poliziotto, il carabiniere di turno, quello che "non capisce", "manganella" e via discorrendo. L'uomo delle forze dell'ordine è l'avversario. In quanto rappresentante di uno Stato che troppo spesso diventa "nemico". In quanto custode del potere e guardia armata del sistema.

Tranquilli, non abuseremo della citazione di Pasolini (anche perché ci sarebbe da discutere per giorni sul "senso"). Né ci interessa la parte dei moralizzatori super partes. Il punto è invece deideologizzare la questione e soprattutto mantenere la calma. Non cedere a contrapposizioni che non esistono, ma allo stesso tempo evitare il ricorso al solito ritornello dell'uguaglianza fra "manifestanti e forze dell'ordine". Perché, semplicemente, così non è. C'è differenza fra cittadini che esercitano il loro diritto al dissenso e alla protesta e chi rappresenta lo Stato, chi detiene il monopolio della forza. Chi protesta, lotta e chi deve garantire la sicurezza di tutti. Appunto, di tutti. E soprattutto deve esserci la consapevolezza del fatto che la fase che il Paese sta attraversando è per certi versi drammatica.

Questo non c'entra nulla con la giustificazione della violenza. In un Paese civile deve essere persino superfluo considerare che la violenza non attiene alla pratica democratica. Così come deve essere pacifico che, in nessun caso, chi rappresenta lo Stato può esercitare violenza su chi è chiamato a proteggere. E in questo caso siamo d'accordo con Letta, le cui considerazioni sono il trionfo del buonsenso: "C'è bisogno che ci sia da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni una reazione molto flessibile in grado di gestire, comprendendo la rabbia". Letta, non un leader No Tav. Letta, non un sindacalista di base. Letta, non il leader oltranzista del collettivo autonomi organizzati.

"C'è bisogno di nervi saldi, di comprensione perché la fatica sociale del Paese è enorme". Calma, comprensione e buonsenso. Lo dice Letta, sarebbe il caso di prenderlo in parola.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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