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“Nemmeno un chicco di grano in Italia”, dice Lollobrigida. Ma sull’export dall’Algeria, il piano Mattei lo smentisce

Il colosso dell’agricoltura italiano BF ha firmato un patto con l’Algeria per la coltivazione di 36mila ettari di terreno nel Paese maghrebino, nell’ambito del cosiddetto piano Mattei del governo Meloni per l’Africa. Il ministro Lollobrigida ha assicurato in più occasioni che nessun prodotto delle coltivazioni algerine è destinato all’esportazione in Italia, ma i documenti ufficiali del piano lo smentiscono. E non è l’unica imprecisione nelle dichiarazioni pubbliche di Lollobrigida sul progetto algerino.
A cura di Marco Billeci
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Prima ha giurato davanti alla Camera. Poi ha rigiurato dal palco – per lui forse ancora più solenne – dell'assemblea di Coldiretti. Mai e poi mai il grano e le altre materie prime coltivate in Algeria  nell'ambito di un progetto del cosiddetto piano Mattei arriveranno sulle tavole italiane, ha assicurato il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida. Prendendosela con chi osava ipotizzare il contrario. Peccato che a contraddire il ministro non siano complottisti o gufi, ma lo stesso testo del piano per l'Africa approvato dal governo e tra poco trasmesso al Parlamento.

Andiamo con ordine. Il 6 luglio scorso ad Algeri, alla presenza di Lollobrigida, il colosso dell'agricoltura italiano BF Spa ha firmato un'intesa con l'Algeria, per la coltivazione di 36mila ettari di terreno nell'area sahariana del Paese. L'accordo è stata inserito tra i progetti pilota del cosiddetto piano Mattei, il programma immaginato dal governo Meloni per creare un nuovo modello di cooperazione allo sviluppo con i Paesi africani. Fanpage.it ha già dato conto dei dettagli dell'iniziativa e delle risposte fornite da BF, su alcuni dubbi emersi nel corso dell'analisi dei diversi aspetti del programma.

L'export dall'Algeria

Uno dei punti in discussione ha riguardato la destinazione delle materie prime e dei prodotti lavorati che saranno ottenuti dalle coltivazioni. Nelle comunicazioni successive alla stipula dell'intesa, si è parlato di alimenti indirizzati esclusivamente al mercato locale. Diversi media di lingua araba però hanno riportato una dichiarazione del ministro dell'Agricoltura algerino Youcef Cherfa,  secondo cui "il 60 percento del grano duro prodotto nell’ambito di questo progetto sarà destinato direttamente alla riserva strategica, mentre il 40 percento alla conversione e all’esportazione". Rispondendo a Fanpage.it, fonti di BF hanno specificato che trattandosi materie prime strategiche (cereali e legumi), queste saranno conferite al 100 percento al governo dell'Algeria. Senza però ulteriori specificazioni sulla destinazione finale del prodotto.

Il 10 luglio 2024, rispondendo a un question time di Fratelli d'Italia alla Camera, il ministro Lollobrigida ha negato con decisione l'ipotesi che una parte del prodotto delle coltivazioni di BF nel Paese nordafricano possa essere esportato in Italia. "Ho sentito delle aberrazioni in questi giorni – ha detto Lollobrigida -. Se l'Algeria riuscirà ad avere in futuro una produzione di grano, di lenticchie, di girasole non solo  sufficiente per la sua popolazione, ma anche esportabile, guarderà a Sud. Cioè a compensare quella parte più povera ancora degli Stati del Maghreb, dell'Africa". L'obiettivo, ha sostenuto il ministro è quello di "restituire all'Africa quello che è dell'Africa".

Il 19 luglio, l'esponente di Fratelli d'Italia ha ripetuto la posizione all'assemblea di Coldiretti, spiegando: "È  ovvio che le produzioni che verranno realizzate in Algeria serviranno intanto il popolo algerino per avere autosufficienza alimentare. Certamente di quel grano non ne arriverà un chicco in Italia". E ancora: "Ho sentito delle amenità, anche su Internet, secondo cui il grano algerino ci invaderà. Ma l'Algeria deve produrre per dare da mangiare ai propri cittadini". Per concludere: "Se un giorno, ma non parliamo di questi decenni, dovessero diventare eccedentari (sic), la vocazione all'export algerina si proietta verso sud, verso l'Africa più in difficoltà da un punto di vista alimentare".

Insomma il messaggio di Lollobrigida è stato chiaro, tutta la produzione del progetto di BF in Algeria sarà destinata a consumo interno o al massimo all'esportazione in altri Paesi africani. Peccato, che gli stessi documenti del governo italiano – di cui il cognato di Giorgia Meloni è esponente di spicco – dicano il contrario. Basta studiare lo  Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di adozione del Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei, trasmesso dall'esecutivo al Parlamento il 17 luglio.

Cosa c'è nel piano Mattei

Nel testo, viene descritto – tra i progetti pilota del piano – quello avviato da BF in Algeria. E a pagina 63 si legge che "tra gli obiettivi dell’iniziativa, in una logica di mutuo beneficio, una quota del 30% della produzione è prevista essere riservata all’esportazione verso l’Italia". Stando alla lettera del decreto, quindi, il trenta percento dei prodotti delle coltivazioni algerine sarà destinato all'export nel nostro Paese. Altro che nessun chicco di grano, altro che sguardo rivolto solo verso Sud. Viene da chiedersi dunque dove è la ragione: nei proclami pubblici di Lollobrigida o nelle cifre messe nero su bianco, all'interno del piano Mattei?

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D'altronde, quella sull'export sarebbe solo l'ultima di una serie di inesattezze messe in fila da Lollobrigida nelle dichiarazioni pubbliche sul progetto di BF in Algeria. Sempre alla Camera, il ministro ha parlato di un impatto occupazionale pari a "6mila posti di lavoro a tempo indeterminato, più 6mila 500 a tempo determinato". Ma i numeri scritti nell'accordo sono circa la metà di quelli snocciolati da Lollo: 1.600 a tempo indeterminato e circa 5.100 a tempo determinato, tra manodopera locale e figure professionali specializzate in arrivo dall'Italia.

E ancora, Lollobrigida ha più volte sostenuto che l'Italia andrà in Algeria senza spendere soldi, perché i 412 milioni necessari a realizzare il  progetto saranno interamente dati dal fondo  algerino per lo sviluppo. In realtà, la società costituita per gestire la concessione dei terreni da coltivare è partecipata al 51 percento da BF e al 49 percento dal fondo sovrano dell'Algeria. E allo stesso modo sarà ripartito il capitale da versare: dunque l'azienda italiana investirà nel progetto oltre 200 milioni. Non è chiaro al momento se solo con risorse proprie o usufruendo anche di sussidi o garanzie pubbliche. In questo senso, però, è interessante notare come sempre nel decreto governativo sul piano Mattei, si parli di una prima fase del progetto per 800 ettari, avviata da BF con il supporto finanziario di SIMEST, la società pubblica controllata da Cassa Depositi e Prestiti, che sostiene le imprese italiane nelle loro iniziative all'estero.

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