Nemmeno questa volta il governo Meloni approverà la tassa sugli extraprofitti delle banche
Da giorni i lavori per la manovra procedono a ritmi serrati. Nelle prossime settimane, una volta recepite le stime dell'Istat su debito, deficit e Pil, l'Italia dovrà presentare all'Europa il piano strutturale di Bilancio, ovvero il documento che spiegherà come il nostro Paese intenda risanare i conti pubblici negli anni a venire.
Per finanziare alcuni degli interventi attesi nella prossima legge di Bilancio, tra Palazzo Chigi e via XX Settembre è partita la caccia alle risorse. Così, tra le diverse ipotesi al vaglio dei tecnici, è tornata sul tavolo l'idea di tassare gli extraprofitti delle banche, ovvero quei profitti che gli istituti ottengono non tanto per propri ‘meriti' quanto piuttosto per condizioni di mercato favorevoli, come ad esempio l'aumento dei tassi di interesse a cui si è assistito negli ultimi anni.
Sulla questione la maggioranza è divisa, con Forza Italia fortemente contraria a una misura che, a detta degli azzurri, ‘punirebbe' gli istituti di credito. "Purtroppo gli scontri emersi nella maggioranza dimostrano plasticamente la viltà del Governo e l'ennesimo conflitto d'interessi che ostacola ogni decisione nell'interesse del Paese", commenta a Fanpage.it, Pietro Lorefice, segretario di Presidenza del Senato e capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Politiche Ue.
Negli scorsi giorni infatti, l'ipotesi di tassare i ricavi extra delle banche aveva innescato qualche scintilla tra gli alleati dopo che Ignazio La Russa aveva bacchettato Antonio Tajani, da sempre ostile a una misura di questo genere. "Non c'è bisogno di inalberarsi. Forse deve far piacere a qualche banca?", aveva dichiarato la seconda carica dello Stato. "Quando un presidente del Senato, come Ignazio La Russa, attacca un ministro degli esteri, rinfacciandogli di non volere la tassa sugli extraprofitti perché deve difendere qualche banca, fa emergere un quadro agghiacciante. Sarebbe bene che la destra facesse definitivamente nomi e cognomi, perché la famiglia Berlusconi ancora oggi ha una partecipazione rilevante in Mediolanum, banca certamente contraria alla tassa sugli extraprofitti", attacca il pentastellato.
"Mi dica lei come si fa a governare dovendo tutelare gli interessi di banche e banchette di famiglia. Sarà interessante spiegarlo ai pensionati a cui si tagliano le rivalutazioni, alle imprese a cui si tagliano incentivi, ai medici, agli infermieri, agli insegnanti a cui la Meloni dice di stringere la cinghia perché ‘non ci sono le risorse", prosegue. Alla fine, per calmare gli animi, è intervenuto anche il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e ora l'ipotesi sembra esser stata definitivamente accantonata. "Siamo di fronte all'ennesima, penosa sceneggiata della destra", dice Lorefice.
Non è la prima volta infatti, che si parla di intervenire sui margini extra delle banche. "Ricordo che è passato più di un anno da quando il viceministro Salvini si presentò in conferenza stampa, tendendo i muscoli e annunciando con la faccia feroce una sacrosanta tassa sugli extraprofitti bancari", racconta il senatore.
L'idea aveva preso forma lo scorso anno per poi essere rimodulata con la previsione di due possibilità per gli istituti di credito: versare l’imposta o destinare quei soldi al rafforzamento del loro capitale. Alla fine tutte le banche hanno optato per la seconda e il gettito ricavato dallo Stato è stato pari a zero. "Si accodarono nei giorni successivi la premier Meloni e il ministro Giorgetti. Dopodiché al primo colpo di tosse dell'Abi, l'associazione delle banche, il tutto si è inabissato. La tassa è stata trasformata in un contributo volontario che naturalmente nessun istituto di credito ha versato, potendo optare per una patrimonializzazione al posto del pagamento", aggiunge il parlamentare.
Per Lorefice la spiegazione fornita dal Governo in questi mesi, ovvero che con la patrimonializzazione le banche avrebbero fatto affluire più credito alle imprese (che invece, osserva, è andato costantemente calando) è "ipocrita e inaccettabile. Ad agosto l'Abi stessa ci informa che i prestiti bancari a famiglie e imprese hanno fatto segnare un -2% ed è l'ennesimo mese di calo. Quindi quella addotta dal Governo, a giustificazione della penosa retromarcia sulla tassazione degli extraprofitti bancari, era ed è una bufala", ribadisce.
"Il M5S, per primo e più di un anno fa, ha depositato una proposta di legge per istituire un Fondo alimentato da un contributo sugli extraprofitti bancari e destinato a venire incontro a chi è in difficoltà nel pagamento delle rate dei mutui. Questa proposta resta attualissima, se solo si considera che gli utili delle banche sono destinati a crescere dai 16,4 miliardi del 2021 agli oltre 50 miliardi stimati per fine 2024", spiega. "E poi dicono che i soldi non ci sono".
Dal canto loro, gli istituti di credito lamentano di subire una tassazione fra le più alte in assoluto, mentre gli analisti avvertono che un’imposta simile rischia di intimorire gli investitori e avere un'effetto negativo sull'immagine dell'Italia. "Se fosse così la tassa sugli extraprofitti bancari non sarebbe stata già approvata da altri Paesi europei come Spagna, Svezia, Belgio e tanti altri", replica Lorefice. "Inutile accampare scuse se non si hanno attributi realmente sovranisti. Peraltro ricordo che nel maggio 2023 Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa, la principale banca italiana, si era detto favorevole a un tassa sugli extraprofitti bancari, partendo dalla logica considerazione che con l'aumento dei tassi da parte della Bce le banche stavano e stanno facendo utili a palate grazie ai maggiori margini su prestiti e finanziamenti vari", aggiunge.
Secondo il senatore, tutto dipende da come l'intervento viene scritto. "Nel corso dei mesi sono emerse vigliacche strumentalizzazioni. Innanzitutto bisogna avere il coraggio di introdurre un contributo sugli extraprofitti, che è la base senza la quale parliamo del nulla", insiste. "Poi è necessario scrivere la norma come si deve, non certo offrendo alle banche la possibilità di versare la tassa oppure mettere risorse a patrimonio. Non mi risulta che ai contribuenti comuni mortali il Fisco offra questa opzione", osserva.
Il senatore passa poi a spiegare quali caratteristiche dovrebbe avere la misura e come andrebbe corretta per evitare che il prelievo fiscale possa produrre l’effetto di scoraggiare il credito con ricadute su piccole medie imprese e famiglie. "Autorevoli osservatori hanno suggerito di costruire la tassa sugli extraprofitti bancari come un contributo di solidarietà, con annesso prelievo", dice. "Non mi interessa l'aspetto lessicale, né interessa a quelle famiglie che sono di fronte a rate del mutuo aumentate anche del 70%, l'unica cosa che conta è il coraggio di agire. Non è più tollerabile la litania meloniana dei ‘soldi che non ci sono'. Se i ‘soldi non ci sono' è solo frutto di una scelta politica austera, che decide di non prendere i soldi dove in realtà ci sono, per esempio introducendo una tassa sugli extraprofitti, potenziando la digital tax sui colossi del web, tagliando i sussidi ambientalmente dannosi, esercitando quella clausola del Patto di stabilità che consente di riscrivere alcuni parametri e di attutire i tagli lacrime e sangue che il Patto stesso imporrà all'Italia per i prossimi 7 anni", spiega.
Ma per Lorefice "tutto questo non accadrà, perché siamo di fronte a un Governo tipicamente di destra, neoliberista, austero, contrario al sostegno ai salari, allo sviluppo della sanità pubblica, a un ruolo dello Stato nel sostegno al tessuto produttivo per affrontare sfide imposte dalle transizioni. È un Governo che dice ‘mai più bonus a pioggia' semplicemente perché li ha già sostituiti con ‘tagli a grandine'", dice.
I risultati di ciò sarebbero "davanti ai nostri occhi: Italia nei bassifondi europei per calo dei redditi reali; record di poveri assoluti con 5,7 milioni di persone; 18 mesi consecutivi di calo della produzione industriale; ritmi di crescita del Pil colati a picco", elenca il parlamentare.
"In tutto questo la propaganda meloniana si aggrappa al presunto record di occupati, senza dire che la curva dell'occupazione è in costante crescita dal 2021, quando Meloni era all'opposizione e diceva no a tutto; senza dire che l'occupazione cresce perché il Governo non fa andare più nessuno in pensione, avendo tagliato praticamente tutti i canali di pensionamento anticipato; senza dire che purtroppo cresce un'occupazione povera, con salari che non consentono di alimentare domanda interna e consumi", dice ancora. "Questo il quadro attuale, e sappiamo che la grancassa meloniana tenterà di nasconderlo oltre ogni misura. Ma noi sappiamo bene che queste sono solo televendite di una Giorgia Meloni sempre più in versione Vanna
Marchi", conclude.