Nelle carceri italiane il sovraffollamento ha raggiunto il 131%: i dati del Garante dei detenuti
La situazione nelle carceri italiane è sempre più precaria. Nelle celle sono detenute molte più persone di quelle che gli spazi consentirebbero, un dato incide profondamente sulle condizioni di vita dietro le sbarre. Il drammatico numero di suicidi in carcere lo dimostra, così come le rivolte scoppiate nelle ultime settimane. A livello nazionale l'indice di sovraffollamento ha toccato il 131%: se i posti disponibili sono 46.898, il numero di persone detenute arriva 61.465, a fronte di una capienza regolamentare di 51.282. E sono 149 – cioè la stragrande maggioranza, il 78% – gli Istituti con un indice di affollamento superiore al consentito: in 50 carceri si tocca addirittura un tasso del 150%. Un triste primato spetta al carcere di San Vittore, a Milano, dove l'indice di sovraffollamento arriva al 220%.
A mettere in fila questi numeri è il Garante nazionale dei detenuti, in un report basato sui dati del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. La Regione dove, in media, il tasso di sovraffollamento è più alto è la Puglia (164,80), ma la situazione è grave – al di sopra della media nazionale, già di per sé critica – anche in Lombardia (152,24%), Basilicata (149,34%), Veneto (146,46%) e Lazio (145,38%).
Dietro questi numeri si celano condizioni di vita che molti detenuti denunciano come inumane e degradanti. Dall'inizio dell'anno i suicidi in cella, sempre secondo il report del Garante, sono stati 63. I tentativi di togliersi la vita da parte dei detenuti 1.348, gli atti di autolesionismo 8.285. Dati tragici, in aumento rispetto allo scorso anno, che raccontano una situazione sempre più insostenibile.
Ne sono una dimostrazione anche le proteste scoppiate in queste settimane, di cui l'ultima nel carcere di Bari. Anche al Regina Coeli di Roma alcuni detenuti si sono rifiutati di entrare nelle celle, che l'ondata di caldo degli ultimi giorni ha reso invivibili. E pure a Torino ci sono state delle proteste, con i detenuti esasperati dalle condizioni di vita e dalle mancate risposte.
Una sensazione spesso condivisa anche dagli agenti della polizia penitenziaria, che ogni giorno devono fare i conti con tensioni sempre più forti, che rischiano di scoppiare in violenze, e carenza di personale.