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Nell’intesa tra Italia e Libia i migranti sono chiamati di nuovo “clandestini”

Due anni fa la campagna per cancellare l’uso del termine da tutti i documenti pubblici, un appello raccolto anche da alcuni media. Secondo l’Associazione Carta di Roma l’utilizzo è “giuridicamente scorretto”, e contiene un “giudizio negativo aprioristico”: è una parola che va “cancellata subito”.
A cura di Claudia Torrisi
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Nuovo sbarco di immigrati a Lampedusa

Lo scorso 2 febbraio, alla vigilia del vertice europeo di Malta, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e il premier libico Serraj hanno firmato un "memorandum di intesa sulla cooperazione per il contrasto dell'immigrazione illegale, al traffico degli esseri umani, al contrabbando e al rafforzamento della sicurezza delle frontiere" tra la Libia e l'Italia. Nel testo compare più volte il termine "clandestino", utilizzato come sinonimo di migrante irregolare.

Tra le premesse dell'accordo, ad esempio, si legge:

Nel riconoscere che il comune patrimonio storico e culturale e il forte legame di amicizia tra i due popoli costituiscono la base per affrontare i problemi derivanti dai continui ed elevati flussi di migranti clandestini. (…) Riaffermando la ferma determinazione di cooperare per individuare soluzioni urgenti alla questione dei migranti clandestini che attraversano la Libia per recarsi in Europa via mare

Quello del termine "clandestino" nel documento ufficiale del memorandum è una sorta di ritorno. Circa due anni fa il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi, aveva chiesto che non si facesse più ricorso a questa parola "in tutte le sedi e i documenti pubblici", poiché "fonte di discriminazione, dal momento che qualifica l'immigrato – regolare o no – come un nemico". La stessa richiesta era stata formulata anche dall'Associazione Carta di Roma, al termine di un'audizione al Senato. L'appello era stato accolto da alcuni organi di stampa, e, in effetti, negli ultimi tempi l'utilizzo della parola "clandestino" si era notevolmente ridotto sui media. Il termine era sparito dagli atti ufficiali delle autorità e dal sito del Ministero dell'Interno – dove invece compariva fino al 2014.

Il ritorno di "clandestino" in un documento governativo – e non a caso un accordo volto sostanzialmente a bloccare i migranti – non è un dettaglio. In primo luogo si tratta di una parola sbagliata, o quantomeno utilizzata in maniera distorta: "clandestino" è chi si mette in viaggio, anche prima di poter solo pensare di presentare domanda di protezione o che quest'ultima sia valutata dalle commissioni competenti? Secondo l'Associazione Carta di Roma l'utilizzo di questo termine è per questo motivo "giuridicamente scorretto", oltre che contenere un "giudizio negativo aprioristico – suggerendo l’idea che il migrante agisca al buio, nascondendosi alla luce del sole, come un malfattore – ed è contraddetto dalla realtà dei fatti". In secondo luogo, la scelta del termine "clandestino" rievoca una retorica securitaria che ha fatto dei migranti dei nemici. "Sempre più spesso – prosegue Carta di Roma – l’utilizzo di questo termine non è frutto di distrazione o di disinformazione, ma della volontà affermare un’idea aprioristicamente negativa, e xenofoba, dell’immigrazione".

Questa retorica non è senza conseguenze, alla luce anche dei dati pubblicati oggi dall'Istituto Demos per Repubblica, che rilevano il ritorno della "paura dell'immigrato" tra i cittadini italiani. Si tratta di un'insicurezza che ha avuto un andamento ciclico: rientrata nei primi anni 2000, risalita (al 51%) tra il 2007 e il 2008 quando il nesso tra immigrazione e sicurezza era al centro del dibattito pubblico con grande risalto dei media, e tornata bassa a fine 2012. Le utilme indagini vedono la "paura per lo straniero" a livelli nuovamente alti, circa il 40%. Una percezione cui contribuiscono i mezzi d'informazione, che tendono a dare più risalto ad atti criminali commessi da immigrati – seppur i dati ufficiali forniti dal ministero dell'Interno dimostrino un calo del numero di reati complessivi.

Per questa ragione l'Associazione chiede che la parola "clandestino" venga "cancellata subito" dall'accordo del governo. Il modo c'è ed è semplice: l'articolo 7 del memorandum tra Italia e Libia prevede espressamente che il testo possa essere "modificato a richiesta di una delle Parti, con uno scambio di note, durante il periodo della sua validità". La ricomparsa del termine nel documento ufficiale, al di là delle intenzioni di coloro che l'hanno redatto e sottoscritto, "accredita l'idea che gli immigrati non siano esseri umani, titolari di diritti, ma nemici da combatttere".

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