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Nel vertice di governo scoppia il caso Ucraina: il “giallo” della nota diffusa dalla Lega e poi scomparsa

Al termine del vertice di maggioranza, nel governo riesplode la questione Ucraina. Giorgia Meloni e Matteo Salvini diffondono due versioni diverse,della nota congiunta firmata dai leader, dopo l’incontro. In quella inviata dalla Lega si parla di contrarietà “a ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini”, con riferimento all’offensiva nel Kursk. Il passaggio è assente nel testo diramato da palazzo Chigi. Poi l’ufficio stampa del partito di Salvini corregge il testo, ma il caso ormai è scoppiato.
A cura di Marco Billeci
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Doveva essere il vertice per rivedersi e chiarirsi dopo un'estate, segnata da tante polemiche interne alla maggioranza di governo. Ma invece di diradare le nubi, la nota (anzi, le note) – diffuse al termine dell'incontro tra il leader del centrodestra – aprono un nuovo caso e proprio su uno dei temi più sensibili nell'opinione pubblica, quello delle armi all'Ucraina e dei limiti al loro utilizzo. La riunione di palazzo Chigi tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi si protrae per oltre tre ore. Gli uffici stampa fanno sapere che, alla fine, verrà pubblicata una dichiarazione congiunta. E in effetti, subito prima delle 15, sugli smartphone dei cronisti arriva quasi in contemporanea la nota ufficiale, sia dai canali di palazzo Chigi che da quelli della Lega. C'è un problema. I due testi sono diversi tra di loro.

In entrambi si ribadisce l'unità della coalizione e si fissano le priorità per la prossima legge di bilancio. Quando si arriva a parlare di Ucraina, però, le due versioni del comunicato divergono. In quello diffuso dal lato Meloni si parla genericamente di condivisione tra i leader "sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione del governo italiano relativamente alla guerra in Ucraina". Nel testo inviato dalla Lega, invece, c'è un'aggiunta fondamentale: si riconferma l'appoggio a Kiev, ma si afferma la contrarietà a "ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini". È  un passaggio particolarmente delicato, vediamo perché.

La questione delle armi italiane a Kiev

Da quando, a inizio agosto, l'esercito Ucraino ha avviato un'offensiva nella regione russa del Kursk, si è acceso il dibattito sulla strategia di Kiev e sui limiti all'impiego delle forniture militari, garantite dall'Occidente. Il 9 agosto il ministro della Difesa Guido Crosetto in un'intervista a Radio Uno aveva affermato che l'attacco ucraino allontanava la pace e che, in ogni caso, le armi date dall'Italia non potevano essere utilizzate per azioni offensive. Giorgia Meloni aveva espresso nei mesi precedenti il suo scetticismo sulla possibilità di concedere l'uso delle armi fornite dai Paesi Nato per colpire obiettivi in Russia. Dopo l'inizio dell'operazione a Kursk, però, non è più intervenuta sull'argomento.

A rappresentare la posizione del governo è stato nelle ultime settimane il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha più volte ribadito come gli equipaggiamenti inviati dall'Italia all'Ucraina abbiano solo una funzione difensiva, aggiungendo che altri Stati sono liberi di decidere diversamente.

Nelle ultime ore, Tajani è stato anche protagonista di un botta e risposta con l'Alto Rappresentante per la Politica Estera dell'Unione Europea Josep Borrell. Nel corso di una riunione dei ministri degli Esteri della Ue, Borrell ha chiesto di togliere le restrizioni all'utilizzo delle armi consegnate a Kiev dai Paesi dell'Unione. Il ministro degli Esteri italiano ha ribattuto: "Ogni Paese decide per sé, per quanto ci riguarda l’uso delle armi italiane può avvenire solo all’interno dell’Ucraina".

La nota cancellata

Ecco, basta questo breve riassunto, per capire come di fronte a una situazione così complessa, la frase sulla contrarietà a "ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini", contenuta nella nota mandata dalla Lega al termine del vertice di palazzo Chigi avrebbe un effetto deflagrante. Questa formula infatti non si limita a fissare i paletti sull'impiego delle forniture italiane all'Ucraina, ma è apertamente critica verso l'offensiva dell'esercito di Zelensky in Kursk. Solo che, come detto, questo comunicato è diverso da quello diffuso da palazzo Chigi. E infatti, dopo un po' di tempo, questa versione  della nota scompare e al suo posto viene inviata quella corretta.

Dall'ufficio stampa del partito di Salvini si fa sapere che nella fretta è stata inviata una prima bozza del comunicato, che poi è stato corretto senza modifiche "di contenuto".  Qualche minuto dopo sull'argomento interviene direttamente Matteo Salvini. Dice il segretario della Lega: "Il testo (inviato per errore ma subito corretto) è stato modificato in pieno accordo con tutti gli altri leader solo per scelta stilistica e non di contenuto. Si tratta di un semplice errore, non c’è alcun problema ‘o caso' nella maggioranza, abbiamo ribadito la linea del governo che la Lega ha sempre sostenuto".

Difficile però derubricare a questione stilistica, l'eliminazione di un punto così scivoloso, riguardo alla posizione italiana sul conflitto russo-ucraino. E infatti le opposzioni attaccano. "La differenza tra lasciare nel comunicato quel passaggio o toglierlo è come quella tra stare sulle posizioni di Orban o su quelle dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del Regno Unito", dice Enrico Borghi di Italia Viva. E la capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga si chiede: "Che peso ha la Lega sulla nostra posizione in Europa? Come sostenere l'Ucraina non può essere oggetto di trattative per la tenuta della maggioranza".

In mancanza di altri elementi, dobbiamo registrare la tesi dell'errore materiale. Va però anche detto che, prima di essere cancellato, il testo "apocrifo" – spedito dal lato  Lega –  è rimasto sulle chat dei giornalisti per circa 15 minuti. E che da mesi ormai Salvini e il suo partito hanno accentuato i dubbi sull'invio di nuove armi all'Ucraina.

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