Nel Patto europeo sui migranti mancano sia i ricollocamenti obbligatori che i canali umanitari
La Commissione europea ha presentato ieri il nuovo "Patto sulla migrazione e l'asilo" con cui prevede di superare il regolamento di Dublino. Il Patto dovrebbe aprire la strada a una nuova gestione dei flussi migratori, intervenendo sia sulle norme di accoglienza e di richiesta di asilo, sia sui rimpatri. "Un nuovo equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Non si tratta più di decidere se aiutarsi a vicenda, ma come farlo", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Ma il Patto presentato dalla Commissione sembra andare in una direzione diversa da quella della solidarietà annunciata da von der Leyen.
Il Patto rispecchierebbe piuttosto quella che è sempre rimasta l'esigenza primaria dell'Unione. Cioè quella di contenere gli arrivi e allo stesso tempo favorire i rimpatri. Il Centro Astalli, l'organizzazione dei gesuiti per i rifugiati in Italia, ha espresso non poche riserve: "Ci pare che la parola solidarietà, molte volte usata riferendosi al Migration Pact, sia stata svuotata di significato: non c’è solidarietà nell’impedire l’esercizio del diritto a migrare a chi rischia la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa".
In particolare si evidenziano tre problematiche. In primis il fatto che nel Patto non ci sia traccia della ricollocazione obbligatoria dei migranti tra i vari Stati membri, uno dei punti su cui hanno insistito i Paesi di primo approdo. Ai Paesi Ue non di primo approdo verrebbe permesso di scegliere se accettare di accogliere i migranti arrivati in Europa o se pagare per le spese di rimpatrio delle persone arrivate. C'è poi la questione dei tempi previsti per l'esame della domanda di asilo, brevissimi. Tanto che potranno essere rispettai solo se verrà stilata una lista di Paesi sicuri. Ma in questo modo verrà meno il carattere individuale del riconoscimento della protezione sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Procedure così rapide potrebbero rendere impossibile il riconoscimento di una situazione di vulnerabilità, andando a mettere in pericolo delle persone.
Infine, nel Patto non vengono istituiti dei canali umanitari, necessari invece per evitare le tragedie in mare (ma non solo) e per combattere il traffico di esseri umani. Piuttosto, il sistema presentato dalla Ue si basa su una logica utilitaristica che permetterebbe agli Stati membri di accogliere i lavoratori migranti in base ai talenti e alle competenze necessarie. L'organizzazione chiede quindi "a istituzioni nazionali e sovranazionali uno sforzo nella direzione di una maggiore corresponsabilità nella gestione dei flussi migratori ispirata al rispetto dei diritti umani e della dignità dei migranti".