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Opinioni

Nel Paese dell’assurdo, dove si applaude chi ti insulta

Che razza di paese è quello in cui i politici accolgono con una ovazione insulti ed ultimatum? Che razza di paese è quello in cui gli unici che dovrebbero applaudire non lo fanno per principio?
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Mettiamo che abbiate vissuto lontano dall'Italia per qualche anno, senza prendervi la briga di informarvi su cosa stesse accadendo nel nostro Paese. Mettiamo che decidiate di tornare il 22 aprile del 2013, apprendendo subito che al Quirinale è stato rieletto Giorgio Napolitano, il Presidente uscente. Il primo pensiero, giacché l'animo umano è pessimista per natura (vabbeh una frase fatta, ma serve al racconto), è che sia successo qualcosa di tremendamente grave da richiedere che la nazione si stringa intorno al condottiero di tante battaglie e simbolo di unità: una guerra, un attentato terroristico o chissà che altro. Il secondo pensiero è di quelli appartenenti alla tipologia "inutili speranze": e cioè che le cose siano andate talmente bene che si sia inteso non interrompere un percorso virtuoso. Ma, ovviamente, nemmeno questo è il caso.

Desiderosi di capire meglio il perché di una rielezione apparentemente inspiegabile, decidete di ascoltare direttamente la voce del Capo dello Stato. Effettivamente deve essere successo qualcosa di strano, perché, lungi dall'essere soddisfatto o felice dell'onore mai toccato a nessun altro politico nella storia della Repubblica, Napolitano sembra seccato, nervoso, insoddisfatto. Anzi, sembra proprio incazzato. Anzi è davvero incazzato. E ne ha proprio per tutti, politici vecchi e nuovi. Certo è che tutto sembra così assurdo, perché invece che con sguardi ed espressioni stupite, i parlamentari rispondono con sorrisi ed applausi, addirittura con ovazioni nel momento in cui il Presidente praticamente li minaccia. E, ancora più paradossale, chi avrebbe invece tutto il diritto di applaudire alcuni passaggi, non lo fa. Forse per capriccio, forse per incredulità, forse semplicemente perché non ha capito che il Presidente sta ripetendo quello che "loro" dicono da anni: cioè che a guidare il Paese è stata una classe politica inaffidabile, incapace e sorda ai richiami delle istituzioni e dei cittadini.

Invece nulla, nemmeno un accenno, solo sguardi torvi e messaggi di stizza affidati ai social network. E dire che invece gli altri si spellano quasi le mani quando il Capo dello Stato se la prende anche con i 5 Stelle, quando dimostra quanta distanza vi sia fra la "politica dei partiti" e la partecipazione alla vita politica mediata dalla Rete. Come se fosse solo ed esclusivamente una questione di modalità e non di contenuti, di idee, di proposte.

C'era da restare confusi, disorientati, dopo aver assistito ad una scena del genere. Nonostante finalmente siano arrivate quelle risposte che abbiamo atteso da settimane, anzi mesi. Nell'ordine, infatti, è ormai chiaro: che non c'è alternativa al Governo delle larghe intese; che i gruppi dirigenti dei partiti hanno a cuore semplicemente la loro autoconservazione e brindano all'inciucio travestito da Governo di responsabilità nazionale; che non si andrà a votare a breve, anche perché le riforme da fare richiedono tempi molto lunghi; che le basi da cui partirà il Governo saranno l'Agenda Monti (per quanto attiene alle politiche economiche e comunitarie) ed il documento dei dieci saggi (per le riforme istituzionali e "politiche"); che la conservazione dello status quo è opzione di gran lunga preferibile rispetto al cambiamento radicale; che dopo vent'anni di finta (o quasi) contrapposizione è caduto finalmente il tabù definitivo, quella dell'alleanza a viso aperto fra (presunti) progressisti e (veri) conservatori.

Certo, serve molta fiducia per sperare che i prossimi mesi non siano la stanca ripetizione di quanto già visto nell'ultimo anno. Con le riforme impallinate in Parlamento, con i tagli alle spese della politica bloccati dai veti incrociati e con le ricette di crescita per il Paese sempre "rinviate a tempi migliori". Perché, l'idea che a questa classe politica importi davvero la stabilità del paese è del tutto opinabile: per il momento è la stabilizzazione dell'equilibrio politico l'unico obiettivo dichiarato.

Uno scopo da raggiungere anche abbozzando un sorriso ed un applauso di fronte alle proprie evidenti responsabilità. Del resto per chiudere con le parole di Gramellini sulla Stampa di oggi: "Nulla è più liberatorio dell’essere scoperti, nulla più dolce della possibilità di sdoppiarsi fra vittima e carnefice smanioso di espiazione. Noi Dostoevskij non abbiamo bisogno di leggerlo: lo abbiamo nelle vene. Naturalmente un Dostoevskij in versione light. Un peccatore felice di pentirsi perché non vede l’ora di ricominciare".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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