Negozi etnici, arriva l’esame di italiano per i lavoratori stranieri: la proposta della Lega
Solo pochi giorni fa, il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato che nel Decreto Sicurezza troverà spazio una norma ad hoc per i negozi multietnici che sancirà l'obbligo di chiusura entro le 21 dei vari punti vendita sparsi per l'Italia allo scopo di contrastare problematiche di ordine pubblico. Quello annunciato da Salvini, però, non è l'unico provvedimento proposto dalla Lega per la regolamentazione delle attività dei negozi multietnici: nel giugno scorso è stata depositata in Parlamento una proposta di legge a firma della senatrice Silvana Comaroli volta a introdurre "disposizioni concernenti l’accertamento del livello essenziale di conoscenza della lingua italiana per gli addetti alle attività commerciali e le insegne degli esercizi".
Il fine della proposta di legge, attualmente assegnata alla Commissione Attività Produttive, è quello di imporre la traduzione delle insegne di negozi multietnici come kebab, bazar, ristoranti cinesi e simili in italiano e introdurre un esame di lingua italiana obbligatorio per i titolari di tali esercizi commerciali. La proposta è composta da un solo articolo di legge, che mira a modificare l'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59:
Al fine di assicurare, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ai consumatori un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e ai servizi sul territorio nazionale:
a) dopo il comma 5 dell’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, è inserito il seguente: «5-bis. Le regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività commerciali, possono stabilire che l’esercizio dell’attività di commercio al dettaglio e dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sia subordinato alla presentazione da parte dell’interessato, qualora sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, di un certificato attestante il superamento dell’esame di base della lingua italiana, rilasciato da appositi enti accreditati;
b) dopo l’articolo 9 della legge 25 agosto 1991, n. 287, è inserito il seguente: «ART. 9-bis. — (Insegne di esercizio). — 1. Le regioni, nell’esercizio della potestà nor- mativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che la posa delle insegne esterne a un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande sia condizionata all’uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all’Unione europea ovvero del dialetto locale»;
c) dopo l’articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è inserito il seguente: «ART. 9-bis. — (Insegne di esercizio). — 1. Le regioni, nell’esercizio della potestà nor- mativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che la posa delle insegne esterne a un esercizio di vendita al dettaglio sia condizionata all’uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all’Unione europea ovvero del dialetto locale».
Come evidenzia la relazione allegata alla pdl, la proposta di legge "ha la finalità di diffondere la conoscenza della lingua e della cultura italiane quale presupposto fondamentale per la realizzazione di una seria politica di integrazione tra cittadini italiani ed extracomunitari. L’introduzione di un esame obbligatorio di italiano per aprire un’attività commerciale potrebbe favorire un più rapido inserimento degli stranieri nella società, permettendo loro di operare sul mercato con maggiore professionalità. La conoscenza basilare dell’italiano rappresenta poi uno strumento di garanzia per i consumatori, che possono ricevere così tutte le necessarie informazioni sui beni e sui servizi acquistati. Il gestore di un negozio aperto al pubblico deve essere capace di leggere e di capire l’italiano per poter applicare, ad esempio, le norme igienico-sanitarie di base oppure per poter prestare una minima assistenza ai propri clienti".