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Nave di Emergency salva 82 persone nel Mediterraneo: assegnato il porto di Ravenna a oltre 900 miglia di distanza

La nave Life Support di Emergency ha soccorso 82 persone nel Mediterraneo centrale, tra cui donne, bambini e minori soli. Il porto assegnato è però Ravenna, con oltre quattro giorni di navigazione: intanto continuano le denunce contro le politiche italiane sui salvataggi in mare.
A cura di Francesca Moriero
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La nave Life Support di Emergency è attesa al porto di Ravenna martedì 22 aprile alle 14. A bordo ci sono ben 82 persone, vive grazie a un intervento tempestivo, ma che ora, ancora una volta, stanno affrontando una nuova traversata imposta non dal vento o dal mare, bensì da scelte puramente politiche.

È il pomeriggio del 17 aprile quando, in acque internazionali al largo della Libia, la nave Life Support riceve una segnalazione di pericolo. Un gommone, sovraffollato e in condizioni critiche, è alla deriva nella zona Sar (Search and Rescue) libica. I tubolari dell'imbarcazione sono sgonfi, il motore è in avaria, e a bordo ci sono 82 persone: tra loro 11 donne, 2 ragazze minorenni non accompagnate, una bambina, 23 ragazzi minori soli e un altro bambino piccolo accompagnato. Alcuni hanno meno di due anni.

Quando il ponte di comando della nave avvista l'imbarcazione, il mare è ancora mosso, con onde lunghe. Il team di soccorso non perde tempo: vengono calati i mezzi in acqua, distribuiti i giubbotti salvagente e tutte le persone vengono portate a bordo della Life Support. Il gommone era partito da Zawiya, in Libia, intorno alle due di notte. I sopravvissuti provengono da diversi Paesi africani, Sudan, Eritrea, Etiopia, Ghana, Nigeria e Togo, luoghi, tutti, segnati da conflitti, crisi ambientali o instabilità economica. Il salvataggio si conclude senza vittime. Ma il viaggio non è finito.

Il porto assegnato è Ravenna, a oltre 900 miglia di distanza

Dopo aver informato le autorità italiane, alla Life Support viene infatti assegnato il Place of Safety (POS): si tratta del porto di Ravenna, nel nord-est d'Italia. La distanza tra il punto del soccorso e la costa emiliana è però di oltre 900 miglia nautiche, l'equivalente di più di quattro giorni di navigazione. Una decisione che Emergency contesta duramente, sottolineando come "anche questa volta" il governo abbia scelto di assegnare un porto molto lontano, aggravando la condizione fisica e psicologica di persone già in stato di estrema vulnerabilità.

Condizioni mediche critiche a bordo

Nel frattempo, il personale sanitario monitora costantemente i problemi di salute dei naufraghi. I problemi rilevati a bordo sono gli stessi che si ripetono dopo ogni viaggio in mare: nausea, vomito, vertigini, disidratazione. Una donna incinta al sesto mese è ora sotto osservazione, ma al momento le condizioni generali restano stabili, seppur rese critiche dalla durata e dalla difficoltà del viaggio.

Missioni rallentate da rotte imposte

Quella in corso è la 31esima missione della Life Support nel Mediterraneo centrale. Dal dicembre 2022, la nave ha tratto infatti in salvo 2.783 persone. Ma il bilancio non si misura solo in vite salvate: riguarda anche il tempo sottratto a future missioni.

Secondo un report diffuso da Emergency, nel 2024 la prassi di assegnare porti lontani ha comportato in media un aumento di 630 miglia nautiche per ogni intervento, prolungando la navigazione di oltre tre giorni a missione. Nel 2023 sono stati spesi 59 giorni — circa due mesi — solo per raggiungere o rientrare dalla zona operativa: tempo che avrebbe potuto essere impiegato per altri soccorsi.

Cinque raccomandazioni per cambiare rotta

Alla luce dei dati raccolti, Emergency ha avanzato cinque raccomandazioni rivolte all'Italia, all'Unione Europea e alle organizzazioni internazionali, chiedendo un cambiamento di approccio che rimetta al centro la salvaguardia della vita umana:

  • Creare una missione SAR europea per rafforzare la capacità di soccorso nel Mediterraneo centrale.
  • Riconoscere il ruolo umanitario delle Ong, abrogare il decreto Piantedosi e assegnare porti sicuri più vicini all’area del soccorso.
  • Interrompere ogni supporto ai respingimenti verso Libia e Tunisia, revocando i relativi memorandum e fermando le politiche di esternalizzazione delle frontiere.
  • Revocare il Protocollo Italia-Albania, chiudere i centri previsti fuori dal territorio nazionale e investire in accoglienza e inclusione.
  • Potenziare la cooperazione internazionale con programmi di lungo periodo e creare vie legali e sicure per raggiungere l’Europa.

Porti distanti, missioni più lente: l'effetto delle politiche attuali

Emergency ricorda poi che nel corso del 2024 la Life Support ha percorso quasi 39mila chilometri, navigando per 139 giorni tra le zone Sar libica e maltese. In quasi tutte le missioni, i porti assegnati sono stati sistematicamente lontani dalla zona di soccorso: tre volte Ravenna, due volte Ancona, due Livorno, poi Ortona, Civitavecchia, Napoli, Vibo Valentia, Catania. Una strategia che, secondo l'organizzazione, non è solo inefficiente, ma disumana.

"Costringere le navi Sar a giorni di navigazione in più", afferma Carlo Maisano, capo progetto della Life Support, "significa prolungare la sofferenza dei naufraghi, ritardare l'accesso a cure e assistenza, e ridurre drasticamente il numero di missioni possibili. Ogni giorno perso in mare è un giorno in cui qualcun altro rischia di morire senza soccorso".

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