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Naspi e dimissioni, stop ai furbetti: cosa cambia con le nuove regole Inps per chi si assenta dal lavoro

L’Inps introduce nuove disposizioni per contrastare l’abuso dell’assegno di disoccupazione Naspi da parte di chi si fa licenziare dopo prolungate assenze ingiustificate. Con le nuove regole, l’assenza dal lavoro per oltre 15 giorni senza giustificazioni viene equiparata a dimissioni volontarie, escludendo così il diritto al sussidio. La norma solleva dubbi tra i sindacati.
A cura di Francesca Moriero
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Dal 2025 cambiano le regole per ottenere la Naspi, ovvero l'assegno di disoccupazione che spetta a chi perde involontariamente il lavoro. L'Inps ha introdotto, infatti, un nuovo meccanismo per evitare che i lavoratori si facciano licenziare dopo assenze prolungate solo per poter accedere al sussidio. D'ora in avanti, infatti, se un dipendente si assenta dal lavoro senza giustificazione per più di 15 giorni consecutivi, verrà considerato automaticamente come dimissionario e non avrà più diritto alla Naspi. La misura è stata introdotta con il decreto "Collegato lavoro" nell'ultima legge di Bilancio e ora è diventata ufficialmente operativa grazie a una circolare dell'Inps.

Come funzionava il trucco della Naspi con le assenze ingiustificate

Negli ultimi anni, diversi datori di lavoro e tecnici dell'Inps hanno segnalato un fenomeno diffuso soprattutto tra i lavoratori più giovani: alcuni dipendenti, spesso con mansioni poco qualificate, si assentavano volontariamente dal lavoro senza motivi validi, aspettando di essere licenziati per giusta causa. Il licenziamento disciplinare, infatti, dà diritto alla Naspi, mentre le dimissioni volontarie no. In alcuni casi, lo stesso datore di lavoro proponeva un accordo per mascherare una risoluzione consensuale come licenziamento, così da evitare il contenzioso e il pagamento del ticket di licenziamento, che può arrivare fino a 2 mila euro. Con questo sistema, i lavoratori riuscivano a ricevere l'assegno di disoccupazione, che può raggiungere fino a 1550,42 euro al mese per un massimo di 24 mesi, magari mentre svolgevano anche altri lavori in nero.

Cosa cambia con le nuove regole Inps sulla disoccupazione

Con la nuova disciplina, le assenze prolungate non giustificate vengono ora considerate una forma di dimissioni volontarie, che escludono automaticamente il diritto alla Naspi. La procedura prevede che l'azienda debba segnalare via Pec l'assenza del lavoratore all'Ispettorato territoriale del lavoro, che effettuerà le verifiche del caso. Una volta ricevuta la comunicazione, il rapporto di lavoro si considera risolto con effetto immediato, senza bisogno di ulteriori passaggi burocratici. L'unica eccezione è prevista per i lavoratori che dimostrano di essere stati impossibilitati a comunicare le cause dell'assenza per motivi di forza maggiore, come malattie gravi, calamità naturali o inadempienze del datore di lavoro (come, per esempio, il mancato pagamento dello stipendio).

La stretta sulle dimissioni strategiche

Un'altra novità riguarda i lavoratori che si dimettono da un impiego a tempo indeterminato, vengono assunti da un'altra azienda e poi licenziati poco dopo solo per ottenere la Naspi. In questi casi, il sussidio verrà concesso solo se il lavoratore ha accumulato almeno 13 settimane di contributi nell'ultimo anno di lavoro presso il nuovo datore, anziché negli ultimi quattro anni come previsto in precedenza. L'obiettivo è sostanzialmente quello di evitare che qualcuno si dimetta di proposito con l’accordo di un'altra azienda, solo per essere riassunto e subito licenziato con la prospettiva di ricevere l'indennità.

Quali sono i dubbi dei sindacati

Le nuove regole sono state accolte con favore dal governo, ma hanno sollevato invece diverse critiche da parte dei sindacati, in particolare della Cgil. Secondo le associazioni dei lavoratori, infatti, il rischio è che la norma venga usata per favorire una nuova forma di "dimissioni in bianco", spingendo i dipendenti a lasciare il lavoro senza una comunicazione esplicita, magari per ignoranza delle regole o per pressioni da parte del datore di lavoro. Il meccanismo delle 13 settimane potrebbe poi anche penalizzare chi lascia il proprio impiego per condizioni di lavoro insostenibili, come situazioni di mobbing o sfruttamento, e trova subito un nuovo impiego.

Il successo delle nuove regole dipenderà quindi ora dalla capacità dell'Ispettorato del lavoro di effettuare controlli accurati e dalla possibilità per i lavoratori di far valere le proprie ragioni in caso di assenze legittime.

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