Dopo il nulla di fatto dell'incontro fra Bersani e la delegazione del Movimento 5 Stelle, la palla torna a Giorgio Napolitano. Il Presidente, che aveva subordinato l'incarico pieno al segretario del Partito Democratico a numeri certi nei due rami del Parlamento, cercherà di porre fine allo stallo. A cominciare da una stretta sui tempi, cercando di accelerare il processo decisionale e di evitare quelle "tattiche dilatorie" che potrebbero riproporre lo stallo fino all'elezione del nuovo Capo dello Stato. A preoccupare Napolitano, in effetti, c'è anche la spaccatura interna al Governo Monti dopo le dimissioni di Terzi, con il rischio implosione che rende difficilmente percorribile la strada della prorogatio. Un incidente che sembra poter indurre a tentare la strada del governo di scopo, che dovrebbe traghettare il Paese a nuove elezioni (non a luglio né a settembre, ma verosimilmente la prossima primavera), dopo l'elezione del nuovo Capo dello Stato e (forse) dopo la modifica della legge elettorale. Un esecutivo al cui vertice dovrebbe andare una "personalità di caratura istituzionale", di cui si farebbe garante il Quirinale e che dovrebbe ottenere il sostegno di un'ampia maggioranza (sotto le insegne della responsabilità e della governabilità). Un'opzione che, per opposte ragioni, potrebbe anche incontrare il favore di Pd e Pdl, protagonisti di un ultimo scontro nella giornata di ieri che ha messo definitivamente la parola fine su ogni ipotesi di "convergenza politica".
Del resto in alternativa a questo scenario resta in piedi solo la strettissima strada del voto anticipato, con le incognite relative ai tempi tecnici (votare a giugno è praticamente impossibile) e la necessità di un Governo che continui ad operare. Infatti, come ci ricorda Breda sul Corsera, "l'ipotesi affiorata ieri di «andare avanti» comunque «facendo conto solo con un regime parlamentare» che «al limite può essere senza governo» (supponendo ci si riferisca alla citatissima esperienza del Belgio) non ha alcuna consistenza. Perché sarebbe contro i princìpi del nostro ordinamento. Insomma: è un'ipotesi che non esiste, né per il Quirinale né per i costituzionalisti, nessuno dei quali ci si è mai soffermato neppure ragionandone accademicamente".