Se qualcuno crede che esista la possibilità di archiviare in fretta la giornata di ieri e di tornare alla "contrattazione" tipica dei primi mesi di vita dell'esecutivo Letta, probabilmente ha fatto male i suoi calcoli. Dimenticando una variabile fondamentale: la presenza della volontà ferrea di Giorgio Napolitano di "normalizzare" il quadro politico e di continuare a giocare un ruolo di primo piano, anche al di là della prassi consolidata. Il tutto in nome della stabilità, concetto che, come ricorda Damilano su L'Espresso, la coppia Napolitano – Letta considera "valore assoluto, come la libertà, la dignità dell’uomo, la vita" e vera e propria ossessione "dei moderati, degli ex democristiani, i veri vincitori" della partita a scacchi che si è giocata ieri alle Camere.
E, nella lettura del Colle e di Palazzo Chigi, la stabilità è incompatibile con la presenza organica nella maggioranza di Governo della componente che fa riferimento a Silvio Berlusconi. La sensazione, insomma, è che sia iniziato il pressing su Alfano perché porti alle estreme conseguenze lo strappo delle ultime ore e, dopo una verifica sui numeri, che avvi un "serio discorso interno", in modo da preparare la strada anche ad un rimpasto di Governo. A rilanciare la tentazione di "accantonare Berlusconi" sono Libero ed il Giornale, dove si legge: "La crisi è rientrata ma il quadro politico non è ancora pacificato. Anzi, per certi versi il difficile comincia adesso perché, come ha detto Letta a Palazzo Madama su ispirazione del Colle, «la pazienza della gente è finita, il Paese è arrabbiato e aspetta le riforme». Quindi, prudenza. «Bisogna valutare le prospettive», spiega il capo dello Stato, «lo scenario politico è in mutamento». Si va forse verso la formazione di gruppi parlamentari autonomi di colombe pidielline, una soluzione fortemente caldeggiata dal Quirinale. Serve una struttura solida, formale – questa è l'idea – per puntellare l'esecutivo delle larghe intese e metterlo a riparo da possibili colpi di coda e ulteriori ripensamenti".
Certo, i numeri ieri hanno dato ragione ad Alfano, ma bisognerà capire fino a che punto il vicepremier può tirare la corda, anche considerando l'incombenza della decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore. E pensare che il Cavaliere assista immobile alle manovre in corso sarebbe un errore fatale per il piano dei "nuovi democristiani".