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“Napolitano è il vero Presidente del Consiglio, Letta è il numero due”

“Noi abbiamo eletto il Capo del Governo, non il Presidente della Repubblica. Abbiamo cambiato la Costituzione”. Così Gasparri esplicita un pensiero comune, non solo nell’opposizione.
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Cosa è successo davvero all'interno del Partito Democratico e del Popolo della Libertà nelle giornate concitate dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica è ormai questione per retroscenisti di professione. A mesi di distanza la sensazione, avvalorata dalla presenza di un Governo ancora traballante, è che ai gruppi dirigenti dei due (tre) principali partiti servisse eleggere un garante delle larghe intese, una figura che blindasse il patto di sopravvivenza della "vecchia politica" (pur con tutti i distinguo necessari) e che in qualche modo contribuisse a tamponare l'emorragia di consensi verso il Movimento 5 Stelle. Operazione fallita con Marini, rimasta in piedi grazie all'affossamento di Prodi (che difficilmente avrebbe avallato l'abbraccio con il "nemico storico" Berlusconi) e concretizzata nell'unico modo possibile: chiedendo a Napolitano di garantire anche questa fase di transizione, dopo aver praticamente imposto l'anno di reggenza Monti (e, più o meno direttamente, contribuito a determinare uno stallo senza precedenti per la politica italiana".

Un compito al quale Napolitano, come è noto, si è prestato malvolentieri. Del resto, dopo un settennato così complicato e considerando anche la veneranda età, avrebbe probabilmente meritato di essere ricordato in ben altro modo. E soprattutto si sarebbe risparmiato una legislatura incredibilmente complicata, sotto tutti i punti di vista. Non a caso, il discorso alla Camera resterà nella storia proprio per questi motivi: il vecchio Presidente che attacca con una durezza mai vista prima la politica che lo ha rieletto e si interrompe più volte, con una commozione che è rabbia, stanchezza e delusione al tempo stesso. Il tutto fra applausi tra il surreale ed il tragicomico.

Ovviamente l'adesione di Napolitano a tale "piano di garanzia per l'Italia e la politica" non è stata passiva. Ed il Capo dello Stato ha preteso chiarezza e ottenuto il via libera incondizionato sulla "gestione della crisi", diventando di fatto "molto più" che il semplice garante della Costituzione (che poi, del resto, sulle funzioni del Quirinale ci sono vere e proprie leggende), fino a determinare la situazione attuale. Che ne fa il "regista nemmeno tanto occulto" delle larghe intese e il tutor di Letta. Come ha esplicitato Gasparri a L'Aria che Tira (ovviamente immediatamente ripreso dal blog di Grillo): "Noi, essendo in crisi come partiti, non è che abbiamo eletto il presidente della Repubblica, abbiamo eletto il capo del Governo. Lui non ci pensava proprio, era normale vista l'età, ha fatto la sua parte. Quindi abbiamo tutti insieme fatto una forzatura perché c'era uno stallo. Noi abbiamo cambiato di fatto la Costituzione. […] Io che sono contro le ipocrisie so che di fatto il capo operativo del governo è Napolitano. Letta è il numero due. Come in Francia, dove c'è il presidente della Repubblica Hollande e poi c'è il Primo Ministro. Però leggendo la nostra Costituzione questo non esiste".

È chiaro che una lettura di questo tipo presenta lacune enormi e non tiene conto del fatto che la legittimità del Governo Letta è garantita proprio dalla pratica della democrazia rappresentativa. Così come non si capisce il confine fra la forzatura di cui parla Gasparri e l'attentato alla Costituzione della lettura grillina (o meglio, si capisce e qui vi abbiamo spiegato la sciocchezza dell'impeachment). Però va detto che è alquanto arduo pensare di poter cambiare il Paese, di riformare un intero sistema, di riscrivere l'impianto istituzionale, senza una verifica che determini il consenso tra i cittadini. E non è questione da poco.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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