È una sua costante, mica soltanto sua, fare il gradasso a parole e poi svignarsela davanti ai fatti: Matteo Salvini in spiaggia con il figlio che si regalava un giretto sulla moto d'acqua della Polizia aveva alzato la voce davanti ai giornalisti che si erano permessi di sottolineare l'inopportunità del gesto e il pessimo comportamento minaccioso dei poliziotti presenti. Se l'era presa con chi usava i bambini per fare politica (proprio lui, che sul palco di Pontida ha sventolato una bambina per randellare su Bibbiano nonostante la bimba non c'entrasse nulla con Bibbiano e non sia mai stata "restituita" alla madre) e come suo solito aveva chiesto che fossero "lasciati in pace" i poliziotti urlando "prendetevela con me!".
E invece i tre poliziotti della sua scorta ora si ritrovano indagati (sono già stati interrogati dalla Procura di Ravenna) per violenza privata e peculato d'uso. Se ci pensate finisce sempre così: il Capitano fa la voce grossa quando si tratta di andare sui giornali o di urlare sui social ma poi le spese del suo essere gradasso le pagano sempre gli altri. È successo così quando è andato a implorare gli ex alleati del Movimento 5 Stelle per non farsi processare (e ora ha un altro processo in arrivo), è successo così quando ha scaricato l'amico pluridecennale Savoini, è successo così quando c'è stato da scaricare Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi per andare all'incasso con il governo gialloverde, è accaduto così con la mania di Bibbiano (ora la madre è accusata di sottrazione di minore) e accade così ogni volta che smentisce le sue dichiarazioni di qualche giorno prima.
La vicenda dei poliziotti però racconta perfettamente anche un altro aspetto: passata l'ubriacatura del senso di onnipotenza e passata la polvere sollevata dalla propaganda alla fine a pagare sono sempre gli ultimi, gli anelli deboli della catena, come se i potenti non avessero nessuna responsabilità delle proprie azioni. La riverenza nei confronti del ministro di turno (peggio ancora se viene stimolata da felpe, magliette o divise) alla fine si paga a caro prezzo.
I tre poliziotti, tra l'altro, sono anche al centro di un'indagine interna della questura di Ravenna e sarebbe interessante ora mettere un microfono sotto la bocca dell'ex ministro leghista e chiedergli conto di quel suo "prendetevela con me" per sapere come abbia intenzione di difendere o aiutare tre lavoratori che si ritrovano in grossa difficoltà e con evidenti problemi professionali. Ma vedrete che anche questa volta non arriverà nessuna risposta. Nessuna.