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Monti non tiri a campare, ma torni a discutere

Le parole di Monti da Seul rivelano le tensioni nel Governo e la difficile ricerca di un equilibrio fra le varie anime che lo sostengono in Parlamento. Ma a staccare la spina potrebbe essere lo stesso Presidente del Consiglio?
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Franceschini-Bersani-Governo

C'è qualcosa di singolare nel monito lanciato da Seul dal Presidente del Consiglio Mario Monti. Al di là della solita malcelata evocazione del carattere missionario del suo impegno politico, un atto di "pura generosità" per salvare ciò che resta di un Paese ridotto a brandelli da 17 anni di bolla berlusconiana, 30 anni di "transizione morbida" e 60 di sterile consociativismo (più o meno suona così l'apologia dei "tecnici al potere"). Piuttosto quello che emerge dalle dichiarazioni di Monti, rilasciate a margine del summit sulla sicurezza nucleare di Seul, è il ritratto di un Governo per la prima volta seriamente insidiato non da rivendicazioni di carattere corporativo ma da una offensiva di tipo squisitamente politico, portata avanti da uno dei partiti che, per una serie di motivi (su cui si potrebbe ragionare a lungo) ha sostenuto con maggior forza l'avvento a Palazzo Chigi del professore. E non c'è dubbio che nello specifico della controversa riforma del lavoro del ministro Fornero, la posizione del Partito Democratico (e la scelta chiara di Bersani, ribadita anche in direzione nazionale) abbia avuto il merito di far affiorare tutte le contraddizioni di un Governo non legittimato dal voto popolare e ostinatamente convinto che il decisionismo (senza confronto) sia l'unico modo per riportare il Paese a livelli "accettabili". Certo, c'è anche l'altra "versione", ben argomentata sul Sole24ore da Stefano Folli, a cui però non sfugge proprio quella "difficoltà" dei tecnici di cui parlavamo:

Il problema è che queste frasi non vanno sottovalutate. Questo è il rischio che oggi corrono i partiti […] È chiaro che c'è una sofferenza dei partiti, di sinistra ma anche di destra, di fronte a una materia che tocca la disciplina dei licenziamenti. E c'è una sofferenza dei «tecnici» al governo perché per la prima volta in quattro mesi l'ostacolo da superare fa paura. Ma il governo Monti resta senza alternative che non siano elezioni anticipate in autunno, svolte in condizioni disastrose per il paese: con una sinistra risucchiata sulla linea più massimalista e una destra sospinta verso un estremo populismo.

Una partita a scacchi, ma la posta in palio è altissima – Insomma, è chiaro che quella in corso sulla riforma del lavoro è una partita a scacchi il cui esito sarà determinante, oltre che per il futuro di milioni di lavoratori (e già la cosa è dirimente…), anche per gli equilibri politici a breve – medio periodo. Se il Governo deciderà di andare fino in fondo senza accettare mediazioni né compromessi sostanziali (andando incontro alle richieste dei democratici ma anche prevenendo tensioni sociali che radicalizzerebbero ulteriormente lo scontro ideologico – politico), le conseguenze potrebbero essere disastrose, ben più di un ritardo sulla sempre più fantomatica "agenda europea". Se invece Monti e Fornero decideranno di cominciare seriamente a confrontarsi, mettendo in discussione l'atteggiamento decisionista – bonapartista del Governo, magari cominciando a "tornare in fretta al merito del problema, de-ideologizzandolo" (come suggerisce Ezio Mauro su repubblica), a beneficiarne per una volta potrebbe esserne il Paese nel suo complesso. Il tutto senza dimenticare i meriti e gli indubitabili risultati del cambio di passo determinato dalla nuova regia di Palazzo Chigi. Ma il senso è che il metodo di lavoro non può mai prescindere dall'oggetto dell'azione politica e pretendere di calare dall'alto una riforma così radicale non è né equo, né tantomeno "sobrio". In barba al semplicismo degli apprendisti stregoni della politica nostrana, per i quali articolo 18, pensioni ed ammortizzatori sociali sono semplicemente tasselli, pedine di un gioco di società di terz'ordine.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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