Monica Rizzi (Lega Nord) si dimette da assessore regionale
Lo scandalo finanziario che s'è abbattuto sul Carroccio fa un'altra vittima illustre: si tratta di Monica Rizzi. La Rizzi ha deciso di rassegnare le dimissioni da assessore della regione Lombardia a causa delle forti pressioni del suo partito. L'esponente leghista, pur precisando che le inchieste che riguardano la sua persona sono state chiuse, fa sapere in una nota di voler rispettare quanto deciso in via Bellerio: "Alla richiesta del mio partito di fare un passo indietro- si legge nella nota- rispondo obbedisco, come ho fatto nel 2010 per candidare Renzo Bossi e in tutti questi 24 anni di Lega Nord. Per questo ho firmato le mie dimissioni rimettendo le mie deleghe nelle mani di Roberto Maroni e Roberto Calderoli membri del triumvirato della Lega Nord".
Formigoni: "Ne prendo atto. Oggi o domani il nome del sostituto"- La Rizzi ha poi dato comunicazione ufficiale a Roberto Formigoni. Il Presidente della Regione Lombardia ha spiegato che l'assessore ha consegnato le sue dimissioni attraverso una lettera ufficiale, "motivandole per una decisione assunta nel suo partito". "E' chiaro- ha aggiunto Formigoni- che ne prendo atto e che provvederò alla sua sostituzione nel corso della giornata di oggi o di domani". Dopo le dimissioni di Umberto Bossi da segretario federale, di suo figlio Renzo da consigliere da consigliere regionale, dopo le epurazioni della vicepresidente del Senato Rosi Mauro e dell'ex tesoriere Francesco Belsito, in casa Lega salta un'altra testa importante. Ed è possibile che non sia l'ultima.
Si dimette anche Maullu, giunta a pezzi- Oltre alla Rizzi, oggi ha rassegnato le proprie dimissioni anche Stefano Maullu, assessore del Popolo della Libertà. Maullu lascia la delega al commercio: a prendere il suo posto sarà Margherita Peroni, Presidente della commissione Sanità. Ora bisognerà capire se Formigoni procederà col rimpasto annunciato o se, come gli aveva suggerito il coordinatore regionale Mario Mantovani, prenderà un po' di tempo per consultare il proprio partito.