Molise, Vassallo (Cattaneo) a Fanpage: “La strategia di Schlein e l’alleanza Pd-M5s non funzionano”
Le elezioni regionali in Molise si sono chiuse con la vittoria schiacciante del centrodestra: il nuovo presidente, che succede a Donato Toma è Francesco Roberti (Forza Italia), 56 anni, appoggiato da Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, Udc, Dc, Noi di Centro. Ha ottenuto il 62,3% dei voti, contro il 36,3% di preferenze raccolte dal candidato di centrosinistra e M5s, Roberto Gravina, uomo scelto dal Movimento Cinque Stelle. Per capire il significato e la portata di questo risultato abbiamo contattato Salvatore Vassallo, professore ordinario di Scienza politica e Analisi dell'Opinione Pubblica nell'Università di Bologna e direttore dell'Istituto Cattaneo. Gli elementi che più balzano agli occhi sono l'ampio scarto tra la coalizione vincente e il centrosinistra e il crollo del M5s, che si ferma al 7%.
Questa larga vittoria del centrodestra in Molise è da imputare all'onda lunga delle politiche? Non sembra che ci siano stati grandi rivolgimenti…
Sì, in un certo senso è così. Questo contrasta con le aspettative che lasciavano intendere una possibilità di vittoria del candidato grillino sostenuto dal centrosinistra. In particolare, se si guardano i dati del 2022, si vede che messi insieme i partiti della coalizione del centrosinistra e i Cinque Stelle cumulavano in teoria una percentuale di poco superiore a quella del centrodestra. Però considerando le esperienze delle elezioni amministrative e delle regionali più recenti era abbastanza plausibile aspettarsi una maggiore friabilità dell'elettorato dell'area Pd-M5s rispetto a quello di centrodestra.
Che intende per friabilità?
È difficile mettere insieme questi due elettorati. Insieme, alle politiche, il totale del centrosinistra, compresa +Europa e i Cinque Stelle, cumulavano il 46% dei voti, contro il 43% del centrodestra. Poi c'era un 5% totalizzato da Azione/Italia viva. In teoria si sarebbe potuto dire che il candidato di centrosinistra più i Cinque Stelle partiva in leggero vantaggio. Ma noi sappiamo che in questa fase, mentre l'elettorato dei partiti del centrodestra è abbastanza compatto e coeso, le componenti che si sono unite a sostegno del candidato espressione dei Cinque Stelle in Molise sono più eterogenee, non sono mai riuscite, post elezioni 2022, a tenere insieme tutta l'area elettorale dei partiti coalizzati. Era basata quindi su un fragile indizio l'aspettativa che il candidato di centrosinistra Gravina potesse vincere. L'area di centrosinistra più il M5s è un oggetto che difficilmente si ricompone per intero in occasione di elezioni amministrative, conoscendo anche la propensione dell'elettorato pentastellato a non votare alle elezioni amministrative, per cui un risultato diverso da questo sarebbe stato difficile.
Ma la misura della sconfitta non l'ha sorpresa?
Sì la distanza tra Roberti e Gravina è andata sicuramente oltre le previsioni più pessimistiche. Se da una parte non era molto sensata l'aspettativa di una vittoria del candidato grillino, dall'altra non era attesa una vittoria del centrodestra con tutti questi voti di scarto. Non è una sentenza definitiva, ma è un altro indizio, che si somma ad altri emersi nelle amministrative più recenti, di un problema che riguarda il progetto della nuova segreteria Pd, che scommette molto sull'unificazione di un Pd spostato a sinistra con i Cinque Stelle.
Questa offerta non è ancora percepita come credibile dagli elettori?
Il punto è che ci sono due problemi: il primo è che non è detto che tutto l'elettorato tradizionale di centrosinistra o del Pd sia persuaso dalla strategia di Schlein; il secondo è che quello che teoricamente può essere considerato l'elettorato del M5s, nelle amministrative e nelle regionali non sempre vota come vota alle politiche, e ha dimostrato di non essere sempre leale nei confronti dei candidati indicati dal Movimento alle elezioni locali.
Su questa vittoria per il centrodestra ha inciso la recente scomparsa di Berlusconi? C'è stato insomma un fattore emotivo che ha contribuito, visto che Forza Italia, con una percentuale di circa il 12%, è la seconda forza politica del panorama molisano?
Il fattore emotivo può avere contato, come ci si poteva aspettare, a vantaggio di Forza Italia, che ha mantenuto le sue posizioni, migliorandole leggermente, pur in presenza di varie liste di centrodestra della cosiddetta area moderata, almeno tre, che hanno attratto molti consensi in una competizione che, va ricordato, ha riguardato una fetta di popolazione più piccola di un grande comune delle dimensioni di Bologna. In Molise infatti ha contato molto il voto di preferenza, cioè l'attrazione dei consensi attraverso la ricerca del voto di preferenza. Tradizionalmente questo tipo di elettorato viene identificato come quello più moderato del centrodestra o del centrosinistra. Forza Italia è andata abbastanza bene in rapporto ai risultati ottenuti alle elezioni del 2022. Secondo me, ma mi baso su mie congetture, esiste un elettorato che si identifica con il berlusconismo più che con Berlusconi, cioè con quello che Berlusconi ha rappresentato nella politica italiana. Ed è un elettorato abbastanza stabile nel tempo, nelle misure che abbiamo visto nell'ultima fase di Berlusconi, cioè misure che consentono a un partito di sopravvivere, non certo di tornare a essere centrale come è stata Forza Italia dalla metà degli anni Novanta al 2008.
Qual è stato invece l'apporto di Italia viva alla coalizione di centrodestra? Ha avuto un peso?
È imponderabile, considerando come sono andate le cose, e anche come si sono comportati gli elettori di Azione/Italia viva in altre amministrative: alle elezioni politiche del 2022 quell'elettorato era una quota, più o meno piccola, che proveniva dal centrodestra, e alle elezioni amministrative è tornata al centrodestra, anche nei casi in cui Azione e Iv erano presenti con propri candidati nella coalizione di centrosinistra. La mia congettura è che quei voti sarebbero andati comunque al centrodestra. Francamente non penso che la scelta di Iv di appoggiare Roberti sia stata determinante per il risultato, anche perché il partito di Renzi non ha neanche presentato una sua lista. Il sostegno al candidato del centrodestra è stato un fatto importante da un punto di vista simbolico, potrebbe significare qualcosa in prospettiva, ma non sembra che abbia avuto un rilievo percepibile sul risultato.
La perfomance peggiore, rispetto alle previsioni, l'ha fatta il M5s?
Se parliamo di cifre è un fatto indubitabile, perché loro partono dalle politiche del 2018, quando ottengono il 32,68%, poi alle scorse elezioni politiche raggiungono il 15,35%. Nel 2018, alle elezioni in Molise il M5s si era candidato da solo, ottenendo il 31,6%, e ora hanno il 7. Alle elezioni amministrative perdono parecchi i voti in molte direzioni, non siamo in grado di fare stime di flussi, perché in questo caso non abbiamo una grande città su cui si possono fare queste valutazioni. Ma non c'è dubbio che il M5s abbia perso non solo dall'astensione. Ed è ancora più impressionante, considerando che Gravina lo avevano candidato loro.
E cosa ci dice invece il risultato del Pd, che porta a casa un pacchetto di voti intorno al 12%?
Il problema del Pd è più strategico. Con il risultato del Molise, per quanto si tratti di un caso piccolo, bisogna domandarsi se la scommessa su cui si gioca la segreteria di Elly Schlein possa portare frutti significativi, ovvero spostare l'identità e cambiare il ruolo che il Pd ha finora cercato di svolgere nel sistema politico.
Il tempo che è trascorso dall'insediamento di Schlein è abbastanza da poter consentire di fare un primo bilancio?
Al momento parliamo solo di indizi. Osserviamo i segnali prodotti dalle ultime elezioni, e mi riferisco al caso emblematico di Pisa e oggi al Molise. La teoria di Schlein è che mobilitare la constituency che è più in sintonia con le posizioni che tradizionalmente sono più a sinistra del Pd sia la cosa che può risollevare le sorti del centrosinistra. La teoria alternativa su cui era nato il Pd, e che Bonaccini ha evocato, è che il partito è il baricentro del centrosinistra, collocato in una posizione che gli consente di dialogare sia con quelli che stanno alla sua sinistra, come Sinistra italiana e Articolo 1, sia con quelli che stanno alla sua destra, e che dovrebbe sforzarsi di tenere insieme un campo più largo in questo modo. Secondo la teoria di Schlein invece il partito non può avere un'identità troppo debole. La strategia è fare quindi un accordo più solido con il M5s. Fino ad ora però non ci sono stati degli indizi che mostrerebbero l'efficacia di questa strategia, né a Pisa (dove ha vinto il sindaco del centrodestra Michele Conti, mentre Paolo Martinelli, appoggiato da Pd e M5s si è fermato al 47,7% ndr) né in Molise. Da quello che abbiamo visto non è detto che questa strategia funzioni.
Quale percentuale per il centrosinistra in Molise avrebbe potuto far pensare che la strategia di Schlein sta funzionando?
Il problema è che in questo caso non ha funzionato né la mobilitazione dell'elettorato del centrosinistra né la somma Pd-M5s, nonostante il candidato fosse diretta espressione del M5s. Se la distanza tra le coalizioni fosse stata più contenuta, se il candidato grillino avesse preso al massimo 5 punti percentuali in meno rispetto alla somma tra Pd e M5s alle politiche, non avrei considerato queste elezioni in Molise un segnale problematico per Schlein e per il Partito Democratico. Quella sarebbe stata una misura fisiologica, anche se era ragionevole comunque aspettarsi una vittoria del centrodestra.