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Moby Prince, la verità è sempre più vicina, ma le responsabilità sono già chiarite!

Sono passati 31 anni dalla tragedia navale della Moby Prince, e il senatore Gregorio De Falco spiega quali sono i punti della vicenda ancora da approfondire. 140 persone persero la vita, tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
A cura di Redazione
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Di Gregorio de Falco – senatore gruppo Misto

La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Moby Prince presieduta dal Senatore Lai, nella scorsa legislatura, ha ricostruito gran parte della verità storica sulle responsabilità di quanto accaduto il 10 aprile 1991, diradando la nebbia, artificiale, che era stata creata, e chiarendo nettamente le circostanze e le responsabilità. In primo luogo, la Commissione ha stabilito con certezza che la sopravvivenza a bordo del Moby si era protratta per ore ed ore e che, quindi, si sarebbe dovuto e potuto tentare di intervenire per salvar le persone a bordo. Invece, nessun soccorso istituzionale fu mai effettuato verso i passeggeri e l'equipaggio della Moby Prince ed i rimorchiatori che pure intervennero, rimasero agli ordini dell'armatore e non della Autorità, dirigendosi tutti verso la nave più profittevole, la “Agip Abruzzo”, nonostante fosse stato immediatamente comunicato che si era verificata una collisione e che quindi erano due le navi ad essere coinvolte!
Non fu fatta alcun tipo di ricerca per individuare e identificare l’altra nave e non si tentò in alcun modo di conoscere lo scenario operativo nemmeno, banalmente, mandando una pattuglia ad osservare dalla terrazza Mascagni cosa stesse accadendo nelle acque della rada di Livorno.
La Commissione Lai portò alla luce, inoltre, anche tutta una serie di circostanze di fatto che sono ora irrefutabili, quale ad esempio il valoroso comportamento del Comandante Chessa e del suo equipaggio, i quali fecero tutto quanto umanamente e tecnicamente possibile per proteggere al meglio i passeggeri e predisporre la nave ad essere soccorsa.
Ma, come detto, nessun soccorso alle persone fu mai tentato, nemmeno quando la Moby Prince fermò le macchine che sino a quel momento erano state usate, con grande perizia, per andare indietro, in modo che le fiamme restassero lontane dal centro nave. Una decisione quella di fermare le macchine che sarebbe dovuta servire a consentire ai soccorritori di salire a bordo, quando erano infine arrivati ed avevano sfondato inopinatamente alcuni oblò, alimentando così l'incendio.
Alcune altre risultanze emerse dal lavoro della Commissione meritavano, invece, un ulteriore approfondimento, che sta tentando ora la nuova Commissione della Camera dei deputati. Sarebbe, infatti, necessario meglio conoscere le questioni relative al viaggio della petroliera “Agip Abruzzi”, alla natura ed alla quantità del carico trasportato da questa nave, e se detto carico fosse un prodotto raffinato (nafta gridava alla radio il Comandante Superina), e quindi ancora più pericoloso; dovrebbe essere anche chiarita la presenza di una tubolatura che fu ritrovata bruciata in una cisterna che avrebbe dovuto essere vuota. Che operazione realmente si stava effettuando?
Non si sono, poi, potute chiarire altre circostanze di non minore importanza: il mancato coinvolgimento anche giudiziario della stazione radio costiera, ancora oggi vera responsabile dell'ascolto radio di soccorso e l'incredibile imputazione del marinaio di leva Spartano; il mancato coinvolgimento della Marina Militare, responsabile della gestione di quel soccorso secondo la normativa del tempo e che avrebbe dovuto utilizzare come strumenti, sia tutte le Capitanerie di porto, all'epoca prive di autonoma responsabilità operative in soccorso marittimi di quel genere, oltre agli strumenti di comunicazione, comando e controllo, il c.d.”Maritele”, che si trovavano presso l'Accademia Navale e che quella notte erano attivi quella notte per la presenza in rada di numerose navi militari del governo degli Stati Uniti.
Si tratta di circostanze che non possono in alcun modo essere tralasciate, e che la Commissione non ebbe modo di poter compiutamente esaminare nonostante l'enorme lavoro compiuto, e che vanno chiarite anche tenendo conto che il Comandante della Capitaneria di Porto di Livorno dell’epoca, Capitano di Vascello, ha percorso una straordinaria carriera, fino a rivestire il massimo grado, proprio in virtù delle qualità operative dimostrate….
Questo si è davvero “un destino cinico e baro” !

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