Ne abbiamo viste di ogni tipo dal 25 febbraio in poi. Da quando cioè l'esito difficilmente prevedibile, almeno per quanto concerne la frammentazione del consenso (sul rischio ingovernabilità in realtà si era scritto fin troppo), delle elezioni ha prodotto uno stallo politico ed un ingorgo istituzionale senza precedenti. Incertezze, tensioni, aperture, consultazioni, primi passaggi istituzionali, trattative e ancora consultazioni e consultazioni, per ribadire ciò che era chiaro da settimane: il Paese non è governabile. Non lo è politicamente, perché non vi è una forza legittimata dal voto degli italiani (e non si tratta solo di cambiare la legge elettorale) e perché non vi è possibilità di "convergenze produttive" fra forze politiche logorate da anni di polemiche ed insulti, in un clima dominato da un immobilismo paradossale che ha visto i due schieramenti incapaci sia di dialogare in modo costruttivo sia di combattersi nel merito delle scelte.
E allora, fine della corsa. Perché da una parte la "disponibilità" di Silvio Berlusconi ad un governo di larghe intese ed il no ad un nuovo esecutivo tecnico, certificano indirettamente che il Cavaliere ha ancora grande libertà di manovra e non teme (anzi) un nuovo voto a breve. Dall'altra Bersani resta ancora appeso ad un filo sottilissimo addirittura potendo scegliere tra la "comoda strada del suicidio politico", accettando la proposta di Berlusconi e guidando in prima persona un polpettone che rischia di passare alla storia come il capolavoro della peggior politica degli ultimi vent'anni, o tra il fare un passo indietro e lasciare che sia un tecnico a guidare la transizione verso nuove elezioni con un governicchio di scopo. In mezzo Beppe Grillo, ancora nemmeno sfiorato dal rimpianto del "si poteva fare" e, forse (ma forse) possibilista su un esecutivo "tecnico".
Attenzione, però. Non un tecnico "puro", che non sarebbe gradito a Berlusconi. Ma uno "pseudo – tecnico", che paradossalmente, potrebbe andar bene anche al Movimento 5 Stelle. Infatti, si tratterebbe di portare a Palazzo Chigi una figura in grado di ottenere un via libera condizionato dal Parlamento e garantire che la transizione verso nuove elezioni (settembre?) non avvenga al buio, ma con un Parlamento già in grado di legiferare e di "operare". I nomi che circolano sono sempre quelli di Saccomanni, di Grasso e della Cancellieri, personalità di confine, non "sporcate dalla pratica politica" ma allo stesso tempo gradite anche ai partiti tradizionali. A loro il compito di "sostituire Monti" nel disbrigo dell'ordinaria amministrazione. Gli "pseudo – tecnici", insomma. Siamo al punto di inventare neologismi, insomma.