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Ministra Trenta non vuole tagliare gli F35 (come chiedeva il M5S) ma solo allungare i tempi

La ministra Trenta dimentica le battaglie del M5S: il programma per l’acquisto dei 90 F-35 non verrà interrotto, ma solo spalmato in più anni. E intanto la Difesa non ha ancora pubblicato il Documento Programmatico Pluriennale sulle spese militari, che sarebbe dovuto uscire ad aprile.
A cura di Annalisa Cangemi
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La ministra Trenta ha rilasciato un'intervista su una rivista americana specializzata, "Defense News", subito dopo l'incontro con il consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump John Bolton, lo scorso 26 giugno, in vista anche del prossimo vertice Nato a Bruxelles, che si terrà l'11 e 12 luglio. La ministra della Difesa ha confermato l'impegno dell'Italia nel programma sugli F-35: "Quello che mi piacerebbe fare è alleggerire il carico poiché abbiamo altri impegni di spesa in Europa. Cercheremo di allungare le consegne anziché tagliare l’ordine, il che ridurrebbe le compensazioni e comporterebbe sanzioni". E poi ha aggiunto: "Si tratta di un progetto ereditato rispetto al quale il nuovo governo intende valutare i vantaggi industriali e tecnologici per l’Italia". Finora si parla di un totale di 10 aerei già consegnati, che sono costati 150 milioni di euro l'uno.

La titolare di via XX Settembre non solo ha rinnovato, quantomeno a voce, il proposito del governo di proseguire con l'acquisizione di 90 aerei, (8 sono stati ordinati lo scorso 25 aprile), ma ha anche sottolineato che di tagli non ce ne saranno. Al massimo l'esecutivo potrà "allungare le consegne" cioè diluire la spesa nel tempo. Non sembra esserci quindi nessun cambio di passo rispetto al governo precedente e all'operato della ministra Pinotti: nessuna riduzione del budget, come richiesto dal Parlamento e anche dallo stesso M5S, che in una mozione del 2013 chiedeva un "Abbandono in via definitiva" del programma di acquisto dei caccia, "ponendo in essere ogni utile azione al fine di risolvere il contratto d’acquisto dei velivoli". Sostanzialmente invece di dimezzare le spese si vogliono raddoppiare i tempi di pagamento, spalmandoli su più anni, secondo quanto si desume dall'intervista rilasciata dalla ministra.

Inoltre, come ha sottolineato anche l'Osservatorio Milex, sarebbe improprio parlare di penali nel caso in cui l'Italia venisse meno agli accordi stipulati. La ministra fa riferimento a "sanzioni", che eventualmente sarebbero pagate dal nostro Paese nel caso venissero apportati dei tagli al programma d'acquisto. "Questo contratto può essere regolato anno per anno, è falso quanto ha sostenuto la ministra", fanno sapere dall'Osservatorio sulle spese militari, contattato da Fanpage.it. Funziona così: ci sono diverse fasi per l'acquisto di un aereo, si firma 4 o 5 volte, in un lasso di tempo di circa 5 anni. Si procede per gradi, prendendo prima alcuni pezzi, poi i software, gli equipaggiamenti di volo, i simulatori e i pezzi di ricambio, fino ad arrivare al terzo anno, al ‘Buy year', quando la macchina è quasi completa al 90%. 

"Tolti i 14 aerei che abbiamo già acquistato quasi del tutto – ha spiegato l'Ossrvatorio – il processo si può comuque interrompere, pur avendo comprato diversi pezzi di un lotto. Per gli altri restanti 70 aerei che l'Italia si è impegnata a pagare non ci sono vincoli: si può diluire l'aquisto come vuole fare il governo, oppure si può stoppare tutto. Del resto se ci fossero delle penali previste non si potrebbe nemmeno diluire le spese. Se l'intenzione poi è quella di posticipare l'acquisto dei 90 velivoli previsti, è più conveniente a questo punto attendere che le prestazioni degli aerei migliorino: i primi lotti consegnati non saranno avanzati tecnologicamente come gli ultimi prodotti". 

La ministra ha detto di volere valutare quali sarebbero i ritorni in termini economici e occupazionali. Provvedimenti ufficiali che possano confermare o smentire la linea del governo ancora non ce ne sono. Ogni anno il ministero entro aprile deve pubblicare ogni anno il Documento Programmatico Pluriennale, attraverso cui il ministero stabilisce gli stanziamenti per gli anni successivi, sulla base di quanti soldi sono destinati alla Difesa con la legge di Bilancio. Un ritardo che, al netto della dilatazione dei tempi per la formazione dell'esecutivo dopo le elezioni del 4 marzo, non si era finora mai verificato. Il documento poi dovrà essere discusso dal Parlamento per verificare nel dettaglio le varie voci di spesa.

Possibile attacca la ministra Trenta

"Dopo l'intervista a Defense News della ministra – ha detto la segretaria di Possibile Beatrice Brignone, riprendendo la denuncia fatta dalla campagna addioallearmi.it nessuno, tra i Cinque Stelle, si è alzato a dire che i cacciabombardieri sono ‘strumenti di morte', come fece Alessandro Di Battista sempre nel 2013. Né, come aveva fatto il senatore Bruno Marton nel 2017, qualcuno ha chiesto ‘un approccio diverso' alla spesa militare. La verità è che la spesa militare sta crescendo di anno in anno, senza distinzione di governo. E per non interrompere la tradizione la ministra Trenta si mette in scia della Pinotti, che l'ha preceduta alla Difesa, come testimonia la retromarcia sugli F-35″.

Spese militari in aumento

Stando a quanto la ministra ha dichiarato nel corso dell'intervista, la spesa militare complessiva dovrebbe aumentare, per poter centrare l'obiettivo richiesto dalla Nato e arrivare al 2% del prodotto interno lordo entro il 2024: "Gli Stati Uniti sono il nostro storico alleato, non ne abbiamo mai dubitato" – ha detto la Trenta – "Ma vorremmo anche che la nostra forte presenza nelle missioni militari fosse riconosciuta come valore aggiunto". Lo avrà detto per rassicurare Bolton e gli alleati? Quel che è certo è che si tratterebbe di un aumento di spesa di 16 miliardi annui, che sommati ai 23 attuali, farebbero oltre 39 miliardi all'anno. Tradotto: portare la spesa al 2% del Pil significa destinare 100 milioni al giorno alla Difesa.

"Si dà per scontato che questa richiesta della Nato sia sensata, ma la spesa militare non dovrebbe essere collegata al Pil, perché non è una voce indicativa del bilancio reale di uno Stato" – hanno spiegato dall'Osservatorio Milex – "E poi l'obiettivo del 2% non è stato mai votato da nessun Parlamento, ci sono solo gli Stati Uniti che battono i pugni sul tavolo". 

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