Migranti, un altro naufragio nel Mediterraneo: da inizio anno centinaia di morti e dispersi in mare
Un altro naufragio nel Mediterraneo, davanti alle coste turche. Sette persone hanno perso la vita cercando di raggiungere le isole greche ed entrare così nell'Unione europea: i loro corpi sono stati recuperati nel mar Egeo dalla Guardia costiera di Ankara, che è riuscita a trarre in salvo altre 19 persone. Secondo le prime ricostruzioni, il gommone su cui viaggiavano si sarebbe schiantata sugli scogli al largo della città di Cesme. A dare l'allarme sarebbe stato un peschereccio: non è ancora chiaro se ci siano o meno dispersi.
Dall'inizio dell'anno centinaia di persone hanno perso la vita lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Parliamo precisamente di 399 morti accertati e 487 dispersi: sono i dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha anche sottolineato come nello stesso intervallo di tempo – da inizio 2024 fino al 6 luglio – oltre 9mila migranti siano stati intercettati in mare e riportati in Libia, nonostante per le Nazioni Unite il Paese non si possa considerare un porto sicuro.
Un nuovo rapporto dell'Oim, redatto insieme a Unhcr – l'Organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati – e il Mixed Migration Centre, sottolinea come il rischio di essere sottoposti a violenze, pericoli e abusi, inizi per le persone migranti ben prima di intraprendere il viaggio in mare. "Migranti e rifugiati continuano ad affrontare forme estreme di violenza, violazioni dei diritti umani e sfruttamento non solo in mare, ma anche sulle rotte terrestri attraverso il continente africano, verso le coste del Mediterraneo", sottolinea l'Oim, spiegando come si stimi che il numero delle vittime nel deserto sia il doppio di quelle registrate in mare.
"Questo è in parte il risultato del deterioramento delle situazioni nei Paesi di origine e in quelli di accoglienza – con il divampare di nuovi conflitti nel Sahel e in Sudan, l’impatto devastante dei cambiamenti climatici e delle catastrofi su emergenze nuove e protratte nell’Est e nel Corno d’Africa, nonché manifestazioni di razzismo e xenofobia che colpiscono migranti e rifugiati", si legge ancora.
L'Oim poi, concludendo, precisa: "Tra i rischi e gli abusi denunciati da rifugiati e migranti ci sono tortura, violenza fisica, detenzione arbitraria, morte, rapimento a scopo di riscatto, violenza sessuale e sfruttamento, riduzione in schiavitù, traffico di esseri umani, lavoro forzato, espianto di organi, rapina, detenzione arbitraria, espulsioni collettive e respingimenti. Tra i primi cinque luoghi in cui il rischio di violenza sessuale e di rapimenti a scopo di riscatto è più spesso segnalato c’è la Libia, seguita dal deserto del Sahara, dal Mali, dal Niger e dal Sudan".