Migranti, tribunale di Ragusa annulla il fermo della nave Sea Watch 5 e contesta il dl Piantedosi
Il tribunale di Ragusa ha deciso di annullare il fermo amministrativo a cui era stata obbligata la nave Ong Sea Watch 5. L'imbarcazione si trovava nel porto di Pozzallo dopo un salvataggio effettuato in mare, in cui aveva soccorso circa 50 persone (tra cui un 17enne che era morto a bordo). L'accusa delle autorità italiane era che, a differenza di quanto previsto dal decreto Piantedosi, l'equipaggio della Sea Watch non avrebbe seguito le indicazioni della cosiddetta Guardia costiera libica e avrebbe creato una situazione di pericolo, ma il giudice Giovanni Giampiccolo non ha trovato riscontro a questa versione dei fatti. Oggi, intanto, nell'ennesimo naufragio al largo di Lampedusa ha perso la vita (anche se formalmente è solo dispersa) una bambina di quattro mesi insieme a due uomini.
Perché il Tribunale di Ragusa ha annullato il fermo
Per il tribunale non si può riscontrare al momento nessun illecito della Sea Watch 5: non ci sono prove delle presunte indicazioni ricevute, perché a quanto risulta la nave libica presente sul posto avrebbe semplicemente intimato di cambiare rotta ancor prima che la barca in pericolo fosse avvistata, e senza dare motivazioni. Poi, quando la Sea Watch ha comunicato che sarebbe intervenuta in soccorso, non sono arrivate indicazioni contrarie. Per di più, non c'è mai stata una situazione di pericolo causata dalla presenza della Ong.
Non è la prima volta che il decreto Piantedosi viene bocciato in tribunale: era già avvenuto in casi simili a Brindisi (con la nave Ocean Viking) e a Crotone (con la Humanity 1). In questo caso, poi, il giudice ha anche posto la questione che non è chiaro se "analoghe condotte", cioè i salvataggi in mare, possano essere considerate un "illecito amministrativo" e possano portare a un fermo: anche perché non si parla di cose semplici da verificare (come quando un autista non ha la patente o l'assicurazione, fa un esempio il giudice), ma di pratiche che "si inseriscono nel contesto enormemente problematico delle migrazioni", dove c'è anche l'esigenza di "soddisfare insopprimibili istanze umanitarie".
L'ong Sea Watch Italia ha commentato affermando che il decreto "criminalizza l’operato delle navi delle organizzazioni non governative con accuse strumentali", anche se ora "sta venendo pian piano demolito dalla magistratura". Il problema è che "mentre i giudici italiani sono costretti a riparare, di provvedimento in provvedimento, i danni creati da questa legge, le navi rimangono bloccate in porto e in mare si continua a morire". Nei venti giorni in cui la nave è rimasta bloccata, "nel Mediterraneo centrale sono scomparse 145 persone".
Naufragio a Lampedusa, dispersa una bambina di quattro mesi
Oggi al largo di Lampedusa si è registrato l'ennesimo naufragio e nuovi morti, tra cui ancora una volta una neonata. Si tratta di una bambina di quattro mesi, che è tra le tre persone disperse che sono finite in mare mentre una nave Ong, la Trotamar III della People in motion, soccorreva un barchino pericolante. Mentre si aspettava l'arrivo della Guardia costiera italiana, la Ong ha fornito giubbotti di salvataggio ad alcuni dei passeggeri, ma le condizioni pessime del barchino di ferro che rischiava di imbarcare acqua e affondare – insieme al panico di chi era e bordo e voleva essere salvato – hanno fatto sì che qualcuno cadesse in mare.
Nel complesso, risulta che 44 persone siano state soccorse, tra cui una donna incinta. Due uomini e la neonata, che era originaria della Guinea e viaggiava con la madre, non ce l'hanno fatta. L'imbarcazione era partita dalla Tunisia tre giorni fa. La Ong ha immediatamente iniziato le ricerche, mentre la motovedetta della Guardia costiera arrivava sul posto, ma non c'è stato nessun risultato. Formalmente le ricerche non sono ancora concluse, ma in situazioni simili è praticamente impossibile che chi cade in mare sopravviva a lungo.