Migranti, tanti bambini tra le 200 persone respinte in Libia. Ong: “Riportati a guerra e torture”
Circa 200 persone sono state intercettate dalla guardia costiera di Tripoli e respinte in Libia mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo per arrivare in Europa. Tra queste, anche tanti minori. Bambini che faranno quindi ritorno a un Paese dove è in corso un violento conflitto civile e dove, più volte, organizzazioni internazionali hanno denunciato violazioni dei diritti umani. A dare un primo allarme, ieri, era stata la organizzazione umanitaria Sea Watch. L'aereo Moonbird, che era tornato a sorvolare i cieli sopra il Mediterraneo lo scorso 6 giugno, aveva avvistato tra imbarcazioni in difficoltà tra Malta e la Libia: subito la Ong aveva anche avvertito di una motovedetta dei militari di Tripoli. La nave di Sea Watch si era subito affrettata verso il luogo in cui erano stati localizzati i tre natanti, iniziando le ricerche. "Ma temiamo che le 200 persone siano state respinte illegalmente in Libia", aveva scritto l'organizzazione su Twitter.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati questa notte ha confermato l'arrivo di 250 migranti al porto di Tripoli, dopo essere stati intercettati dalla guardia costiera. Nel 2020, ha aggiunto l'Agenzia dell'Onu, circa 4,300 persone sono state respinte in Libia. "L'Unione europea continua ad essere complice di questa pratica criminale. In area era presente anche un aereo di Frontex, che ha avvistato i naufraghi facilitandone il respingimento illegale in Libia", è intervenuta Sea Watch.
"Invece di dare la possibilità di trovare salvezza in Europa, gli alleati dell'Ue, i militari della guardia costiera di Tripoli, hanno respinto 200 persone in Libia riportandole a guerra e tortura", ha condannato Alarm Phone. Per lanciare quindi un appello: "Non fermate le persone che scappano dalla Libia. Lasciatele andare. Hanno tutto il diritto di andarsene". Anche la rappresentanza dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Libia era presente allo sbarco. "Ieri sera eravamo al porto di Tripoli per fornire assistenza ai 185 migranti respinti dalla guardia costiera. Continuiamo a sottolineare che la Libia non può essere considerata un porto sicuro. Bisogna trovare delle soluzioni alternative", ha scritto su Twitter Federico Soda.
Lo scorso maggio, l'Onu aveva inviato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite un dossier in cui si chiedeva ai Paesi europei, in primis all'Italia e a Malta, di mettere un punto alla cooperazione con la Libia in materia di respingimenti, giudicati illegali. E si denunciavano "detenzioni arbitrarie o illegali, episodi di tortura, sparizioni forzate e sovraffollamento", che sarebbero all'ordine del giorno tanto nelle prigioni gestite dagli scafisti e dai trafficanti di umani, quanto nelle strutture sotto il controllo del governo. Anche in quell'occasione, l'Onu aveva sottolineato come la Libia non potesse essere considerata un porto sicuro.