Migranti, Sami (Unhcr): “Rispetto all’anno scorso ci sono già 1700 morti in più”
Negli ultimi giorni centinaia di migranti sono morti – o risultano dispersi – in una serie di naufragi, per lo più al largo delle coste libiche. Si parla di almeno settecento vittime, tra cui moltissimi bambini. In migliaia, invece, sono stati salvati e sbarcati nel nostro paese a bordo di navi della Guardia costiera o della Marina militare. Secondo dati forniti oggi dall'Onu, dal 2014 oltre 10mila persone sono morte in mare. Una soglia "superata negli ultimi giorni ed è un dato estremamente inquietante". Secondo l'Agenzia per i rifugiati, dall'inizio del 2016 oltre 2.800 persone sono morte, contro i 3.771 decessi avvenuti in tutto l'anno scorso e i 1.838 registrati nel primo semestre del 2015″. In questa situazione il governo italiano – che invita alla prudenza chi grida all'"invasione" – è al lavoro su un piano con l'Unione europea per "fermare gli sbarchi". Ne abbiamo parlato con Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr.
Nelle scorse settimane ci sono stati diversi naufragi non lontani dalle nostre coste, addirittura tre consecutivi, che hanno causato la morte di centinaia di persone. Dopo il patto tra Ue e Turchia i migranti sono ufficialmente tornati ad utilizzare la rotta del Mediterraneo?
In realtà non c'è stato nessun grosso cambiamento, quella dalla Libia all'Italia è una rotta che è rimasta costante anche quando c'erano i massicci afflussi di rifugiati dalla Turchia verso la Grecia. Quello che è cambiato è che è stada chiusa la rotta balcanica, e i migranti da lì non possono più passare. Ma quella dalla Libia verso l'Italia è rimasta inalterata, anche perché per il momento non ci sono le stesse nazionalità che c'erano in quella dalla Turchia alla Grecia.
Ma allora quella che si siano intensificate le morti e i naufragi al largo della Libia è solo una percezione?
I numeri delle persone che stanno arrivando sono sostanzialmente identici a quelli dell'anno scorso e addirittura inferiori a quelli del 2014. Quello che rimane costante è che quella del Mediterraneo sia una rotta – anche a causa della sua lunghezza – molto pericolosa e decisamente mortale, con un numero di vittime molto più alto di altre. Tra l'altro quest'anno siamo arrivati a questo periodo con oltre 2500 morti in mare, mentre l'anno scorso erano poco più di 1800. Quindi ci sono già almeno 1700 morti in più rispetto all'anno scorso.
Sembrano intensificarsi anche le partenze dall'Egitto, in questo periodo. Quella è una rotta inedita?
Le partenze dall'Egitto ci sono sempre state, non sono una novità. Potrebbe esserci un incremento, semmai. Ccostituiscono circa il 10% degli arrivi in Italia, si tratta di circa 47mila persone. Potrebbe essere leggermente aumentato il numero ma non c'è una preponderanza, per il 90% il punto di partenza è la Libia.
Queste settimane sono un preludio di quello che sarà quest'estate?
Certamente dobbiamo aspettarci un proseguimento di questi arrivi, probabilmente anche un leggero incremento. Anche se niente di massiccio e improvviso, è una situazione che abbiamo già vissuto. Non è corretto parlare di "invasione" e infatti neanche il governo lo fa. Come dicevo, sono fenomeni strutturali, che si ripetono per il terzo anno con caratteristiche molto simili. Chi parla di invasione non fa valutazioni adeguate.
A proposito, come pensa che il governo italiano stia affrontando questa situazione?
L'Italia sta cercando di uscire dall'ottica dell'emergenza, ha messo in piedi un piano di accoglienza nazionale per la prima volta, che prevede anche un incremento di diverse decine di migliaia di arrivi. Quindi, diciamoche si sta muovendo con i passi giusti. Ma chiaramente l'iniziativa di un governo di fronte a questo è una goccia. Questo è un fenomeno globale in cui è oramai necessario non solo un intervento a livello di Unione europea, ma proprio a livello di più soggetti che intervengano in maniera decisa per dare aiuto agli sfollati nei paesi in guerra e in quelli vicini, dove sta l'80% dei rifugiati
E del "Migration compact", il piano per "fermare gli sbarchi" su cui sia Italia che Ue sono al lavoro cosa pensa?
La mia valutazione è positiva, è un'iniziativa che prevede una serie di investimenti nei paesi d'origine e interviene non solo sulla questione rifugiati, ma anche su quella migranti economici. Sono due questioni diverse, che richiedono soluzioni diverse e prevedono una serie di investimenti nei paesi di origine e di transito che sono fondamentali. Perché il 90% dei rifugiati stanno in economie non sviluppate, di piccola scala con grandi problemi perché si trovano anche a ospitare centinaia di migliaia di rifugiati.
Riguardo l'appoccio dell'Unione europea si è discusso parecchio della questione hotspot, luoghi che hanno provocato polemiche e denunce di associazioni. Secondo lei è un sistema che può funzionare? Si è parlato anche di "hotspot galleggianti".
Sull'aspetto dell'hotspot galleggiante non c'è ancora nulla di concreto. Sul resto occorre fare una precisazione: gli hotspot non sono luoghi, ma procedure. Quando se ne parla si fa riferimento in maniera sbagliata a dei luoghi che sono sempre esistiti, che sono i centri di prima accoglienza, dove si mettono in atto adesso delle procedure di identificazione che erano già obbligatorie prima. Anzi, lo sono sempre state e sono sempre state di responsabilità dello Stato, ma adesso vengono portate avanti in modo più stringente perché preliminari alla ridistribuzione di certe nazionalità dentro l'Unione europea. Poi, purtroppo, questa ridistrbuzione è molto lenta, ma non per volontà dello Stato italiano o di quello greco, quanto per resistenze di altri paesi.
A proposito, cosa pensa della proposta di riforma del Regolamento di Dublino che prevede una somma da far pagare ai paesi che si rifutano di partecipare alla ridistribuzione dei migranti? Può funzionare?
Questa è una delle proposte che rientrano in questo senso per me di più nella prevista riforma del Regolamento di Dublino. Ma non c'è ancora nulla di definito, bisognerà valutare come andrà avanti.