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Meloni a Tunisi con von der Leyen, Saied: “Questione migranti non si può risolvere a spese nostre”

La premier Meloni vola a Tunisi per la seconda volta in una settimana. “In Tunisia si decide la vera sfida dell’Ue: la cooperazione allo sviluppo con i Paesi africani da cui originano e transitano i flussi”, ha detto il ministro dell’Interno Piantedosi.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nella giornata di oggi Meloni sarà, per la seconda volta in una settimana in Tunisia incontrare il presidente Kais Saied, dopo l'accordo raggiunto in Ue sull'immigrazione. Il presidente tunisino spegne però gli entusiasmi, e sottolinea che la questione migratoria non si può risolvere a spese della Tunisia, che non giocherà il ruolo di guardia di frontiera per gli altri Paesi. Lo ha dichiarato questa mattina in una visita a sorpresa nel governatorato di Sfax.

Secondo l'agenzia di stampa "Tap", Saied ha affermato: "I migranti sono vittime di un sistema globale che non li tratta come esseri umani, ma come numeri", sottolineando che "la Repubblica tunisina li protegge purché rispettino la legge". All'inizio della sua visita, il leader tunisino si è recato a Bab Jebli, nella città vecchia di Sfax, dove è stato informato sulla "situazione di alcuni migranti irregolari provenienti dai Paesi dell'Africa subsahariana", ha riferito un corrispondente di "Tap". Saied ha inoltre messo in dubbio il numero di migranti che arrivano in Tunisia, affermando che "le statistiche ad essi relative sono sbagliate, dato il gran numero di persone che si dirigono verso Sfax".

"Il viaggio di Meloni insieme a von der Leyen e Rutte dimostra la leadership italiana in Ue sui temi migratori e nei rapporti con i Paesi terzi. In Tunisia si decide la vera sfida dell'Ue: la cooperazione allo sviluppo con i Paesi africani da cui originano e transitano i flussi", ha detto al Messaggero Piantedosi.
Aiuti economici e le riforme chieste dal Fmi "devono andare di pari passo. È importante che nessuno abbia nei confronti di Tunisi un atteggiamento pregiudiziale e pedagogico".

Alla domanda se il prestito Ue da 900 milioni vada erogato senza attendere il Fmi, il ministro ha risposto così: "Certo, il nostro auspicio è che l'Ue si muova subito. Lo stallo è un rischio, c'è bisogno di ammorbidire i toni da tutte le parti. La Tunisia deve sentire la voce amica, non ostile, dell'Europa e delle istituzioni internazionali".
Rispetto ai trasferimenti dei migranti "la Tunisia è già considerata un Paese terzo sicuro da provvedimenti e atti ufficiali italiani". E alla domanda su quali altri Paesi siano in grado di ricevere in sicurezza i migranti respinti dall'Europa, Piantedosi risponde: "La Farnesina ha già una lista formale di Stati terzi definiti sicuri. Sia in Africa, penso al Senegal, così come nei Balcani".

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha inoltre detto che gli sbarchi stanno diminuendo, e ha spiegato che si assiste già a un "rallentamento delle partenze".

Cosa dice il nuovo patto per le migrazioni e l'asilo

Giovedì i ministri dell'Interno Ue si sono visti in Lussemburgo per discutere del nuovo patto per le migrazioni e l'asilo. Dopo una giornata di trattative l'Italia ha votato a favore dell'accordo. Contrari invece Polonia e Ungheria, astenuti Malta, Bulgaria, Slovenia e Lituania. In cosa consiste il compromesso raggiunto? Il nostro Paese ha ottenuto misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa delle procedura di frontiera, oltre alla possibilità di stipulare accordi con in Paesi terzi, l'esclusione di alcune categorie di migranti (Sar) dall'accoglienza nel Paese di primo ingresso, che saranno considerati sotto la responsabilità dell'Unione europea. Prevista anche una somma di 20mila euro per ogni migrante non ricollocato: i soldi confluiranno in un fondo comune per sviluppare accordi con Paesi terzi.

Tajani: "Aiutare Tunisi, non può crollare"

"Le foto drammatiche scattate all'obitorio di Sfax dicono una cosa chiara: la Tunisia ha bisogno di aiuti. E anche da parte del Fondo monetario serve un approccio pragmatico, non ideologico, all'emergenza economica. Quel Paese non può crollare", ha detto in un'intervista a La Repubblica il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in partenza per Washington, dove incontrerà il segretario di Stato Antony Blinken e la direttrice dell'Fmi Kristalina Georgieva, con i quali parlerà della necessità di giungere al più presto a un accordo per un sostegno economico "graduale" allo Stato tunisino: "Solo con la stabilizzazione dei Paesi di partenza dei migranti potremo risolvere il problema" ha detto il ministro.
"Sono foto orribili, che denunciano la gravità del problema migratorio" ha aggiunto il ministro. "Il rispetto dei diritti, in questo caso quello dei morti e dei loro familiari, passa inevitabilmente dal miglioramento delle condizioni dei Paesi di partenza. Purtroppo, in uno Stato che non ha strutture ospedaliere e di accoglienza adeguate, più è forte l'esodo più aumenta il rischio di morti in mare e di assistere a queste scene disumane. Bisogna affrontare, e subito, la crisi economica della Tunisia".

Al ministro è stato chiesto se con Blinken si affronterà anche il tema di un maggiore impegno degli Stati Uniti per la Libia: "Noi vorremmo che gli Usa fossero partecipi di un'azione nell'intera area del Mediterraneo, con la presenza della Nato ma anche con investimenti che potremo decidere tutti insieme" ha risposto Tajani, secondo cui "favorire la crescita del Continente africano significa anche evitare, in quei Paesi, l'offensiva politica della Cina o quella militare dei russi, attraverso la Wagner".
"Occorre stimolare, come stiamo facendo, accordi sull'energia che portano sviluppo. È il piano Mattei di cui parla la premier Meloni, che andrà anche inquadrato in un "piano Marshall" internazionale. Non vogliamo essere colonizzatori, ma partner di questi Paesi" ha proseguito.
In merito alla crisi ucraina Tajani ha spiegato che la visita a Washington "sarà l'occasione per riaffermare i vincoli di solidarietà transatlantica con gli Usa. E una comune visione sulla crisi ucraina. Ci auguriamo che quest'offensiva sia un passo verso una pace giusta. Senza la sicurezza di Kiev non c'è la pace, c'è la sconfitta", ha ribadito.

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