Migranti, per la Cassazione non basta essere integrati per avere il permesso di soggiorno
Per la Cassazione non è sufficiente, la sola "situazione di integrazione", per lavoro, studio o rapporti sociali, di un immigrato in Italia, per avere diritto al riconoscimento della protezione umanitaria. I giudici hanno dato ragione formalmente al Viminale su un ricorso che era stato presentato dal ministero.
La Suprema Corte ha annullato con rinvio al giudice di merito il caso di un bengalese che aveva ottenuto il permesso perché aveva trovato lavoro stabile a Firenze, e di due gambiani. Al primo era stato concesso in base al fatto che il ragazzo studiava all'università di Trieste e aveva buoni rapporti sociali, mentre in Gambia non aveva più nessuna relazione, e il secondo – anche lui cittadino gambiano – aveva avuto il permesso di soggiorno per una generica situazione di pericolo alla quale sarebbe stato esposto nel suo Paese di origine.
Il ministero dell'Interno, che era guidato da Matteo Salvini nel momento in cui il ricorso è stato depositato, sosteneva appunto che i permessi non possono essere concessi sulla base del solo elemento dell'integrazione e che invece occorre verificare anche la "specifica compromissione" dei diritti umani nel Paese di origine della persona che richiede il permesso di soggiorno in Italia.
Esulta il segretario della Lega Matteo Salvini, commentando così la sentenza: "Sui permessi umanitari aveva ragione la Lega. L'ha stabilito la Corte di Cassazione. È la migliore risposta agli ultrà dei porti aperti e che vorrebbero cancellare i decreti sicurezza".
Ma i giudici si sono espressi anche su un'altra questione, e cioè l'applicazione retroattiva del decreto Sicurezza, il primo emanato da Salvini in tema di immigrazione e sicurezza urbana: il dl 4 ottobre 2018 n. 113, entrato in vigore il 5 ottobre 2018, non si applica retroattivamente. Quindi, recita il verdetto, "non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge". Per le domande precedenti l'entrata in vigore della nuova normativa, spiega ancora la Corte, si applicano le previsioni dei ‘casi speciali', con permesso di soggiorno annuale, contenute nello stesso decreto Salvini.