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Migranti, Onu: “Tripoli è complice di abusi e violenze. Stop ai respingimenti verso la Libia”

La Libia è teatro di abusi e violenze: i migranti intercettati nel Mediterraneo e riportati nel Paese dalla Guardia costiera libica sono sottoposti a detenzione arbitraria e tortura. L’Onu denuncia ancora una volta i rapporti tra il governo libico e i trafficanti di umani e chiede ai Paesi europei di rivedere le politiche attraverso cui si concorre ai respingimenti che condannano i migranti a nuovi episodi di violenza.
A cura di Annalisa Girardi
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L'Onu torna ad accusare la Libia per le detenzioni arbitrarie e le violenze contro i migranti e chiede agli Stati europei di rivedere le politiche a sostegno del Paese nordafricano che risultano nel respingimento di richiedenti asilo e rifugiati. Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha trasmesso il dossier al Consiglio di Sicurezza puntando il dito contro i Paesi che continuano a cooperare con Tripoli, come l'Italia o Malta, favorendo il ritorno delle persone che tentano la traversata nel Mediterraneo a centri di detenzione e scenari di violenza più volte documentati. "La situazione dei migranti e dei rifugiati, compresi quelli detenuti nei centri di detenzione ufficiali, rimane fonte di grave preoccupazione", si legge nel report.

La missione delle Nazioni Unite in Libia, così come l'Alto commissariato dell'Onu per i diritti umani, si sono più volte occupati di "detenzioni arbitrarie o illegali, episodi di tortura, sparizioni forzate e sovraffollamento" nei campi di detenzione. Situazioni di questo tipo non si sono solo registrate nelle prigioni gestite dagli scafisti che si arricchiscono sulla tratta di esseri umani nel Mediterraneo, ma anche nelle strutture sotto il diretto controllo del governo libico. Il fatto che molti migranti finiscano nei centri clandestini, sotto il comando dei trafficanti, in cui vengono detenuti per moltissimo tempo e finiscono spesso per essere vittime di tortura e abusi, è confermato dai dati. Infatti, nei primi mesi dell'anno, precisamente dal 15 gennaio al 5 maggio 2020, nel Mediterraneo sono stati intercettati 3.115 naufraghi, ma solo 1.400 sono stati registrati nelle prigioni amministrate dal ministero dell'Interno guidato da Fathi Bashaga.

Guterres sottolinea come la missione dell'Onu in Libia riceva continuamente segnalazioni circa "il contrabbando e il traffico di richiedenti asilo e rifugiati nei centri di detenzione ufficiali di Abu Isa e al Nasr a Zawiyah". Un'ulteriore conferma del fatto che la Libia non possa essere considerata un porto sicuro e che anche la cooperazione con autorità e organismi ufficialmente riconosciuti concorra al sistema di abusi e violenze dei centri di detenzione. Ma nonostante ciò i Paesi dell'Unione europea, specialmente quelli in prima linea come l'Italia e Malta, continuano a sostenere la Guardia costiera libica, segnalando i barconi da riportare indietro invece che intervenire e soccorrere i migranti in difficoltà.

Il dossier evidenzia inoltre i casi di violenza sessuale a cui continuano ad andare incontro donne e ragazze che vengono riportate in Libia. Gli osservatori dell'Onu, che pur non hanno accesso ai centri di detenzione, hanno comunque "potuto documentare otto casi di donne e ragazze che erano state stuprate da trafficanti e personale di sicurezza libico". Una prova non solo delle violenze di cui è teatro la Libia, ma anche dei legami tra autorità ufficialmente riconosciute e miliziani. Non c'è modo di contare sul sistema di giustizia locale, aggiunge l'Onu: "I casi penali sono stati rinviati" a causa dell'emergenza coronavirus, si legge. Ma non sarebbe che una scusa: in realtà non si è mai voluto indagare per timore di ritorsioni da parte dei gruppi armati. "Esorto gli Stati membri a rivedere le politiche a sostegno del ritorno di rifugiati e migranti in quel Paese", conclude Guterres.

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