Migranti, l’hotspot al porto di Augusta non si farà
Rispondendo ieri a un'interrogazione al question time alla Camera, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha dichiarato che "ad Augusta non si farà nessun hotspot" per l'identificazione di migranti e richiedenti asilo. Nonostante fosse uno dei sei programmati in Italia – anche se ad oggi sono attivi solo Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto – il progetto del centro nel porto del comune in provincia di Siracusa sembra quindi definitivamente saltato. Un "risultato" accolto con entusiasmo dalle realtà locali, che all'eventualità di istituzionalizzare nello scalo la primaria accoglienza dei migranti si erano sempre opposte, nonostante in città siano sbarcate oltre 21mila persone solo nel 2015.
Sulla questione della creazione degli hotspot in Italia per far fronte all'emergenza, le perplessità sono tante e riguardano la natura stessa di questi "punti di crisi" voluti dall'Unione europea: secondo operatori e associazioni, queste strutture finiscono per essere un luogo di smistamento sommario, dove vengono sospesi diritti e garanzie. Nel caso di Augusta, però, l'opposizione al centro d'accoglienza aveva un'altra natura: la creazione dell'hotspot avrebbe potuto "snaturare" la peculiarità del porto di Augusta, destinato alle rotte commerciali – e recentemente diventata sede dell'autorità portuale che comprende anche Catania.
Tra i primi contrari all'hotspot – sui cui appalti è aperta anche un'inchiesta della procura di Siracusa – c'è stata la stessa amministrazione della città, guidata da un sindaco del Movimento 5 stelle, Cettina Di Pietro, che già si era opposta alla tendopoli creata in via emergenziale – ma sostanzialmente rimasta dov'era. Sulla stessa linea d'onda anche il commissario straordinario dell'Autorità portuale di Augusta, Alberto Cozzo, secondo cui la missione dello scalo "è essere approdo per merci e passeggeri, non certo fare accoglienza. Il ministero delle Infrastrutture ci ha chiesto un parere e il comitato portuale, una sorta di cda del porto che riunisce pubblico e privati, ha espresso il suo no in maniera univoca".
La battaglia – oltre che dal Movimento 5 stelle – è stata portata avanti anche dal deputato regionale del Pdl Vincenzo Vinciullo, che – dopo l'annuncio di ieri ha ringraziato Alfano "per avere fatto questa scelta importante per la città di Augusta, per la provincia di Siracusa e per tutta la Sicilia", precisando che non si tratta di "un atteggiamento xenofobo, ma solo dettato dalla necessità di evitare la chiusura del porto commerciale per la presenza di attività, quale quella dell’accoglienza, che sono in aperto contrasto con le finalità di un porto commerciale".
Al di là del fatto che tra le argomentazioni dei contrari all'hotspot non si fa mai il minimo riferimento a diritti dei migranti, la questione della "natura commerciale" dello scalo di Augusta è solo una parte della storia. Quando il commissario straordinario dell'Autorità portuale aveva proposto di realizzare il centro in un'altra area, a tre chilometri dall'ingresso del porto, il sindaco Di Pietro si era opposta fermamente, sostenendo che "la presenza di un hotspot, fuori o dentro il porto, creerebbe grossi contraccolpi sul versante sicurezza", a causa del "rischio di infiltrazioni di terroristi tra migranti". "Qui – ha aggiunto – non è solo in ballo lo sviluppo economico di una città e di una Regione che conta strategicamente sul porto di Augusta, qui è in gioco la sicurezza dei cittadini e di tutta la nazione. La nostra comunità, già a partire dall'operazione ‘Mare nostrum', ha dato tantissimo in termini di risorse umane ed economiche. È arrivato il momento di dire basta".
E al coro dei "no" si erano aggiunti anche i coordinatori locali di Fratelli D'Italia, la cui preoccupazione non era "solo di carattere economico": "Sappiamo tutti che non sarà possibile controllare la moltitudine di immigrati e prevenire atti delinquenziali, come già avvenuto nel recente passato. Inoltre sarebbe assurdo concedere a potenziali terroristi infiltrati l’imbarazzo della scelta dell’obiettivo". Due deputate regionali 5 stelle, che avevano lavorato per interpellare Alfano sul punto, dopo l'annuncio di ieri hanno dichiarato che "era evidente anche a chi non è esperto di sicurezza o intelligence, che creare un centro di smistamento migranti, con tutti i rischi di infiltrazioni di terroristi, in un luogo circondato da siti sensibili come l’arsenale della marina militare, una base Nato e uno degli impianti petrolchimici più grandi d’Europa, costituisce un rischio per la sicurezza di tutta la nazione".