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Migranti, nave Ong Sea Watch 5 bloccata in porto: “Il governo ci punisce invece di salvare persone”

Per la nave Sea Watch 5, della Ong Sea Watch, è iniziato un fermo amministrativo di venti giorni. Le autorità italiane hanno bloccato l’imbarcazione perché – ha detto la Ong – prima di effettuare un soccorso avrebbe dovuto chiedere il permesso delle autorità libiche.
A cura di Luca Pons
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La nave Sea Watch 4, altra imbarcazione della Ong Sea Watch
La nave Sea Watch 4, altra imbarcazione della Ong Sea Watch
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La Sea Watch 5, nave della omonima Ong Sea Watch, è bloccata al porto di Civitavecchia, dove era arrivata portando 289 persone migranti dopo oltre tre giorni di navigazione. Dovrà restare ferma per venti giorni senza effettuare operazioni di ricerca e soccorso in mare: lo hanno deciso le autorità italiane. Il motivo, secondo quanto riportato dalla stessa Ong, è che l'equipaggio della Sea Watch 5 sarebbe intervenuta in aiuto di un'imbarcazione in difficoltà senza prima aspettare il via libera della cosiddetta Guardia costiera libica.

Sea Watch ha commentato: "Ancora una volta il soccorrere persone in pericolo viene punito ed ostacolato sulla base di accuse in contrasto con il diritto internazionale. Dopo aver raggiunto Civitavecchia, portando in salvo 289 persone, le autorità italiane hanno bloccato la Sea-Watch 5. Per venti giorni dovremo rimanere in porto".

L’accusa, ha fatto sapere la Ong, "è quella di aver soccorso senza aver prima ricevuto il permesso da parte delle autorità libiche". Tuttavia, ha insistito l'organizzazione, "il diritto internazionale non prevede di dover ricevere un'autorizzazione per poter soccorrere chi si trova in pericolo in mare".

Per di più, "il centro di coordinamento al soccorso libico non soddisfa i requisiti internazionali per poter essere definito tale". Sea Watch ha ricordato che ad aprile di quest'anno, con una sentenza per confermare la sospensione di un fermo amministrativo, il tribunale di Crotone aveva affermato: "Non può ritenersi che l’attività perpetrata dalla guardia costiera libica sia qualificabile come attività di soccorso".

È l'ennesima sanzione imposta a navi Ong da parte del governo Meloni, che ha approvato norme mirate a restringere gli interventi di soccorso in mare e punire chi li pratica. Spesso però questi decreti vanno direttamente contro quanto stabilito dal diritto internazionale e marittimo, al punto che i fermi di frequente vengono annullati o sospesi. A marzo era successo sempre alla Sea Watch 5, quando il Tribunale di Ragusa aveva anche messo in discussione il ragionamento alla base del decreto Piantedosi: aveva contestato, cioè, che i salvataggi in mare si possano considerare un illecito.

La Ong ha concluso: "Siamo ancora una volta di fronte ad un'azione di disturbo confusa, mirata a intralciare le uniche navi che di fatto si fanno carico dei compiti che gli Stati stessi ignorano: salvare le persone in mare e garantirne il rispetto dei diritti umani fondamentali". Resta da vedere se anche in questo caso le contestazioni mosse all'imbarcazione saranno ritenute infondate da un giudice. Nel frattempo però l'imbarcazione resta ferma in porto, mentre nel Mediterraneo continuano i naufragi.

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