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Migranti, l’Avvocatura dello Stato presenta ricorso in Cassazione contro il tribunale di Catania

Alla fine il ricorso dell’Avvocatura dello Stato è stato presentato contro il tribunale di Catania. Da Palazzo Chigi sottolineano come la direttiva Ue, citata dalla giudice Apostolico per non trattenere i migranti, sia stata rispettata.
A cura di Annalisa Girardi
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Il governo aveva promesso ricorsi su ricorsi contro i provvedimenti della giudice Apostolico, che in almeno due casi non ha convalidato il trattenimento di richiedenti asilo, disapplicando così il decreto Cutro. E alla fine così è stato: l'Avvocatura generale dello Stato oggi ha presentato distinti ricorsi in Cassazione contri i provvedimenti con cui il Tribunale di Catania ha negato la convalida del trattenimento.

Nei ricorsi si fa particolare riferimento alle ordinanze impugnate a alle presunte violazioni della direttiva 2013/33 dell'Unione europea, citata dalla giudice Apostolico per spiegare perché non stesse trattenendo i migranti nelle apposite strutture. "I ricorsi sottopongono alla Suprema Corte l'opportunità di decidere a Sezioni Unite, per la novità e il rilievo della materia, e affrontano i punti critici della motivazione delle ordinanze impugnate, con particolare riferimento alla violazione della direttiva 2013/33/Ue", si legge nella nota del governo.

In tal senso da Palazzo Chigi specificano che "la direttiva prevede procedure specifiche alla frontiera o in zone di transito, per decidere sulla ammissibilità della domanda di protezione internazionale, se il richiedente non ha documenti e proviene da un Paese sicuro".

Per poi sottolineare anche che sia la direttiva europea a stabilire "alternativamente il trattenimento o il pagamento di una cauzione, e quindi non vi è ragione per disapplicare i decreti del questore che fissano l’uno o l’altro". Non solo, questa contemplerebbe anche "la possibilità che il richiedente sia spostato in zona differente da quella di ingresso, se gli arrivi coinvolgono una quantità significativa di migranti che presentano la richiesta".

Infine, il riferimento ai Paesi sicuri. Se il richiedente asilo proviene da un Paese classificato appunto come "sicuro" dall'Italia – spiegano sempre da Palazzo Chigi – deve essere il migrante a dimostrare che invece non sia, " senza improprie presunzioni da parte del giudice, almeno per la sua specifica e personale situazione.

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