Migranti, la proposta del prefetto Morcone: “Affidargli lavori utili nelle città”
Mentre trascorrono giorni piuttosto caldi per quanto riguarda la gestione della questione migranti, tra situazioni difficili a Como e Ventimiglia e le proteste dei residenti a Capalbio, il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione, ha lanciato l'idea di coinvolgere i profughi in progetti lavorativi. "Alcuni sindaci hanno già attivato progetti di volontariato che vedono i migranti protagonisti. È ora di fare un passo in avanti", ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera. Il punto è non lasciare più "queste persone appese in attesa di un destino che cada dall’alto. E che si abbrutiscano passando la giornata ad attendere il pranzo e la cena". Un piano che, però, non riguarderebbe tutti i migranti, ma solo "quelli che sono legittimamente sul nostro suolo: i rifugiati o chi ha già presentato la richiesta di asilo". Morcone ha precisato che i lavoro va inteso "nell’interesse loro e della collettività", che non si tratta di un obbligo, ma che si potrebbe "pensare a un meccanismo premiale". Ad esempio, "chi mostra buona volontà e capacità di inserirsi nel nostro contesto sociale potrebbe ottenere un’attenzione diversa nell’accoglienza", con riferimento al permesso umanitario, attualmente dato per motivi di vulnerabilità. "Potremmo usarlo in questo senso. Dopo un anno la verifica servirebbe da incentivo a comportamenti virtuosi", ha proposto il prefetto.
Pur parlando di "coinvolgimento nel lavoro", però, Morcone non ha pensato a una vera e propria retribuzione. Niente "paga con tariffe nazionali", ma un compenso ridotto: "La decurtazione servirebbe per recuperare i costi dell’accoglienza", ha spiegato. La proposta dovrebbe servire a favorire l'inclusione, che "impedisce la radicalizzazione e giova alla sicurezza. Questa emergenza si può trasformare in un’occasione di sviluppo". I settori in cui potrebbero essere impiegati i migranti potrebbero essere quelli "che hanno bisogno: l’agricoltura, le costruzioni, l’assistenza agli anziani".
Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ha già criticato la proposta del Viminale, puntando sui "quattro milioni di disoccupati italiani".
Secondo Morcone, però, "dei cittadini italiani se ne dovrebbero occupare altri ministeri. Se mi danno l’incarico cercherò soluzioni per quel problema. Attualmente mi piacerebbe che a rompermi la testa non fossi solo io che sono un prefetto".
Alla proposta è arrivato un parziale via libera dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano, secondo cui "occorre che i profughi diano una mano nelle città in cui vivono, attraverso convenzioni con associazioni di volontariato e realizzando risultati che possano essere di utilità sociale". Ma "la regola è che nei lavori si dà sempre e comunque precedenza agli italiani".
Nel frattempo, come anticipato da Repubblica, il governo sta preparando un piano per ridisegnare le procedure giudiziarie per il diritto d'asilo. Le misure sono state presentate nei giorni scorsi dal ministro della Giustizia Andrea Orlando davanti al Comitato parlamentare che si occupa delle procedure in materia di protezione internazionale: niente appello, niente udienza per il richiedente, giudici specializzati e un aumento di organico.
Il punto su cui si basa la modifica è che così com'è adesso il sistema non funziona benissimo. I tempi per una risposta per un richiedente asilo sono non meno di 24 mesi, di cui i primi 12 scorrono, in media, solo per istruire la pratica e ottenere risposta alla domanda di protezione presentata alla competente commissione territoriale. Se a questa viene dato responso negativo, considerato che i migranti presentano solitamente ricorso, un altro anno passa tra il primo e il secondo grado di giudizio. Stando agli ultimi dati, tra l'altro, nel 2016 il 60% circa delle domande di protezione presentate sono state rigettate, una questione che si è tradotta "inevitabilmente in un altrettanto esponenziale aumento del numero delle impugnazioni in sede giurisdizionale. Durante i primi 5 mesi del 2016 nei tribunali sono stati iscritti 15mila ricorsi in materia, con circa 3.500 nuovi ricorsi al mese", ha spiegato il ministro Orlando.
Nel piano si propone un'ulteriore semplificazione del procedimento. In media la durata è di poco meno di sei mesi – 167 giorni. Le novità sarebbero due: la "sospensione dell'appello contro la decisione del tribunale" – cioè un solo pronunciamento del giudice dopo il diniego della commissione e l'esplusione in caso di nuovo rifiuto; e la "sostituzione dell'attuale rito sommario di cognizione" – cioè l'interrogatorio del richiedente asilo – "con un procedimento camerale, di regola senza udienza, che consente l'acquisizione da parte dell'autorità giudiziaria della videosorveglianza del colloquio davanti alla Commissione". Tranne in casi particolari, dunque, non ci sarebbe più l'udienza. Infine, un aumento di organico dei giudici, specialmente nelle sedi più gravate. "Ci sono già dodici giudici dedicati in via esclusiva ai procedimenti in materia di protezione internazionale", ha spiegato Orlando.