Migranti, la denuncia dell’Unhcr: “72 persone al mese muoiono cercando di arrivare in Libia”
Sono tantissimi, troppi, i migranti che perdono la vita nel Mediterraneo, in fuga da guerre e violenze, cercando di arrivare in Europa. Molte organizzazioni internazionali, negli anni, hanno denunciato la pericolosità della rotta mediterranea, specialmente in assenza di politiche coordinate di soccorso. Ma non si parla abbastanza dei rischi che i migranti corrono sulle diverse rotte migratorie che portano alla Libia. Per moltissimi profughi questo non è il Paese di partenza, bensì quello di arrivo: e per tante persone che riescono a salpare, affrontando un viaggio pericolosissimo, altrettante rimangono alla mercé dei trafficanti di umani nei campi di detenzione. Un nuovo rapporto dell'Unhcr, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in collaborazione con il Mixed Migration Center, un centro di elaborazione dei dati del Danish Refugees Council, intitolato "A nessuno importa se vivi o muori in questo viaggio",racconta proprio le sofferenze a cui vanno incontro i migranti durante tutto il loro viaggio. E cerca di individuare i responsabili delle violazioni di diritti umani che subiscono puntualmente i migranti: tra questi ci sono trafficanti di umani, scafisti, miliziani, ma anche funzionari statali.
"Gli abusi strazianti che hanno subito rifugiati e migranti sulle rotte terrestri sono rimasti in gran parte invisibili per troppo tempo", ha commentato il commissario dell'Unhcr Filippo Grandi, raccontando che il rapporto documenti "omicidi e violenze del tipo più brutale, perpetrate contro persone disperate che fuggono da guerre e persecuzioni". Determinare l'esatto tasso di mortalità non è semplice: sappiamo che alcune persone hanno perso la vita nel loro viaggio verso la Libia, che spesso costringe ad attraversare il deserto del Sahara, ma è praticamente impossibile determinare il numero, le cause specifiche e la data dei decessi. Ad ogni modo, basandosi sui dati raccolti dal MMC, almeno 1.790 sarebbero morte tra il 2018 e il 2019: questo significa almeno 72 decessi al mese. Che si aggiungono ai migliaia di morti nel tentativo di attraversare il mar Mediterraneo.
Coloro che riescono ad arrivare in Libia sono qui esposti a un nuovo teatro di violenza. Nel Paese, dilaniato dalla guerra civile, abusi e violazioni dei diritti umani sono all'ordine del giorno. Molti di coloro che riescono a salpare verso l'Europa sono rintracciati dalla Guardia costiera di Tripoli e ricondotti nei campi di detenzione. Dove continuano a subire violenze fisiche, sessuali e psicologiche, rinchiusi arbitrariamente in condizioni disumane e degradanti.
"Nel complesso, sono necessari maggiori sforzi per proteggere le persone che percorrono queste rotte e per fornire alternative legali e sicure a questi viaggi pericolosi e disperati. È necessaria una maggiore cooperazione tra gli Stati per identificare e rendere responsabili i criminali di questi orribili abusi che avvengono in diversi punti lungo le rotte, condividere le informazioni chiave con le pertinenti forze dell'ordine, smantellare le reti di contrabbando e traffico e congelare le loro risorse finanziarie", afferma l'Unhcr in una nota. Lanciando poi un appello ai governi nazionali, chiedendo alle autorità di indagare maggiormente sugli abusi che vengono spesso segnalati e rafforzando le politiche che affrontano le cause profonde alla radice delle migrazioni, impegnandosi in modo " inequivocabile a garantire che nessuna persona soccorsa in mare sia riportato in pericolo in Libia".