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Migranti, la Commissione Ue replica a Matteo Salvini: “La Libia non è un porto sicuro”

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini dichiara: “Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuri”, in modo da riportare direttamente in Libia i migranti soccorsi. Per la Commissione Ue “nessuna operazione europea e nessuna imbarcazione europea” può farlo perché la Libia non è “un paese sicuro”.
A cura di Giorgio Tabani
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"Nessuna operazione europea e nessuna imbarcazione europea" riporta i migranti soccorsi in mare in Libia, perché "non consideriamo che sia un paese sicuro". Queste le parole della portavoce della Commissione europea, Natasha Bertaud, sollecitata dai giornalisti per un commento sulle dichiarazioni del ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini. In una conferenza stampa da Mosca, il ministro aveva detto: "Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici porti sicuri. C'è questa ipocrisia di fondo in Europa in base alla quale si danno soldi ai libici, si forniscono le motovedette e si addestra la Guardia Costiera ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro".

Al momento i migranti soccorsi in mare possono essere riportati in Libia soltanto dai libici stessi, non da navi europee, anche quando le operazioni avvengono nell’area Search and Rescue libica. I migranti possono infatti essere fatti sbarcare soltanto in un porto sicuro ("place of safety") sia per prossimità geografica sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, secondo varie convenzioni internazionali) e quindi in Europa. In caso di respingimento in Libia si configurerebbe la violazione di un assunto fondamentale del diritto internazionale quale il principio di non-refoulement, espressamente previsto dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiati che recita al primo comma:

Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

I casi eccezionali in cui è possibile derogare a tale principio sono elencati dal successivo comma:

La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, in una causa contro l'Italia, ha già ricordato che in base al codice italiano della navigazione la nave battente bandiera corrisponde a suolo italiano e ha sottolineato in particolare il divieto alle espulsioni collettive sancito dall’articolo 4 del Protocollo Addizionale n. 4 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo:"Lo scopo essenziale del divieto delle espulsioni collettive è quello di impedire agli Stati di procedere al trasferimento forzato di un gruppo di stranieri verso un altro Stato senza esaminare, fosse anche in maniera sommaria, la loro situazione individuale". Il divieto di refoulement, sempre secondo la giurisprudenza della Corte, si applica poi indipendentemente dal fatto che la persona sia stata riconosciuta rifugiata e/o dall’aver quest’ultima formalizzato o meno una domanda diretta ad ottenere tale riconoscimento.

La dichiarazione di Salvini potrebbe suggerire quale sarà la linea dell'Italia, in occasione del vertice della prossima settimana quando si ridiscuterà la missione europea Sophia, nata nel 2015 per "adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani". Intanto la replica del ministro alla Commissione Ue non si è fatta attendere e in un tweet sul suo profilo ha scritto: "L’Unione Europea vuole continuare ad agevolare lo sporco lavoro degli scafisti? Non lo farà in mio nome, o si cambia o saremo costretti a muoverci da soli".

Per l'Alto rappresentante Federica Mogherini, la decisione sui porti sicuri è "puramente giuridica"

Federica Mogherini, l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, durante la sua conferenza stampa a margine del Consiglio Affari esteri ha dichiarato: "La decisione rispetto al fatto che i porti libici che non siano ‘sicuri’ è una decisione della Corte europea dei Diritti dell’Uomo: quindi è una valutazione puramente giuridica, sulla quale non c’è una decisione politica da prendere, ma che è nelle mani di una Corte indipendente, che ha i suoi metodi di valutazione basati sullo Stato di diritto, sulla legge". In ogni caso, ha aggiunto "è una questione che l’Italia non ha sollevato in Consiglio", durante la riunione di oggi, a cui era presente per l'Italia Emanuela De Re, sottosegretaria agli Esteri.

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