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Migranti in Albania, il governo non intende cambiare l’accordo sui migranti, nonostante la sentenza della Corte Ue

Le fondamenta dell’accordo tra Italia e Albania sui migranti rischiano di crollare fin dall’arrivo dei primi naufraghi trasportati in territorio albanese. Una recente sentenza della Corte di Giustizia europea infatti impone una concezione restrittiva del concetto di Paese sicuro, che potrebbe impedire l’applicazione delle procedure accelerate previste alla maggior parte dei richiedenti asilo, rinchiusi nei centri dello Stato balcanico. Fonti di palazzo Chigi però spiegano a Fanpage.it che per ora il governo non intende cambiare le regole del protocollo. E così l’esecutivo Meloni si prepara a un nuovo scontro con la magistratura.
A cura di Marco Billeci
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Nelle prossime ore, i giudici del tribunale di Roma saranno chiamati a decidere sulla convalida del trattenimento dei primi migranti, trasportati dalla nave Libra della Marina Militare in Albania. Sarà un banco di prova significativo per la a tenuta dell'accordo tra il governo Meloni e quello di Edi Rama, che rischia di andare in pezzi, fin dalla sua prima applicazione pratica. Come Fanpage.it ha spiegato, infatti, una recente sentenza della Corte di Giustizia europea ha messo in discussione il presupposto cardine, su cui si basa la possibilità di trasferire una parte delle persone salvate nel Mediterraneo direttamente in territorio albanese.

Secondo il disegno di legge che ratifica l'accordo italoalbanese, possono essere portati in Albania i soggetti maschi adulti, provenienti da una lista di ventidue Paesi sicuri, stilata dal ministero degli Esteri. Qua i migranti dovrebbero essere sottoposti alla cosiddetta procedura accelerata di frontiera, che comprime a soli 28 giorni i tempi del procedimento, necessario a valutare se le richieste di asilo debbano essere accolte o respinte. Il problema è che, per stessa ammissione della Farnesina, quasi tutti gli Stati inclusi nell'elenco possono essere considerati sicuri solo in parte, ma non lo sono del tutto, se si prendono in considerazione determinate categorie di persone o alcune aree del Paese. Per fare qualche esempio, tra gli altri, la Tunisia non è sicura per la comunità Lgbt, l'Egitto per i dissidenti politici, il Bangladesh per gli sfollati a causa di eventi climatici estremi, etc…

Ora, la sentenza del 4 ottobre 2024 con cui la Corte di Giustizia europea ha accolto il ricorso di un richiedente asilo moldavo contro il governo della Repubblica Ceca dice che per le regole Ue questa distinzione non può esistere. O uno Stato è integralmente sicuro (salvo deroghe eccezionali) oppure non lo è. Ma se i Paesi inclusi nella lista del nostro ministero degli Esteri non possono essere più considerati sicuri, la procedura accelerata per le richieste di asilo non si può applicare. Di conseguenza, se si conformeranno alla sentenza della Corte europea, i giudici italiani  non potranno  convalidare il trattenimento della stragrande maggioranza dei migranti, portati nel centro di Gjader, Albania. Quindi, questi dovranno essere trasferiti in Italia e sottoposti al procedimento ordinario, per la verifica dello status di rifugiato.

Il governo tira dritto sull'accordo

Di fronte a questa bomba a orologeria pronta a esplodere, tuttavia, il governo Meloni non sembra al momento voler fare passi indietro. Fonti di primissimo piano di palazzo Chigi – coinvolte direttamente nella stesura dell'accordo tra Italia e Albania dicono  a Fanpage.it che al momento non è all'ordine del giorno alcuna revisione delle norme che regolano il protocollo. Quello dei Paesi sicuri "è un tema giuridico su cui c’è molto dibattito – si spiega -. La stessa sentenza della Corte europea è complessa è va letta in tutte le sue parti". Una posizione da cui traspare la volontà di portare avanti una battaglia in punta di diritto, con la convinzione di poter dimostrare la validità della posizione italiana, anche alla luce di altri precedenti.

La stesse fonte fanno l'esempio della Nigeria, dove "negli anni passati sono state accolte le richieste di asilo delle minoranze perseguitate ma respinte quelle di altri”.  E d'altra parte, prosegue il ragionamento, se si seguisse la logica per cui un Paese è considerato sicuro solo quando lo è per tutti in ogni sua parte, si arriverebbe al paradosso per cui anche lo status dell'Italia potrebbe essere messo in discussione "visto che ad esempio ci sono tanti Comuni che sono stati sciolti per Mafia". Questa posizione però non sembra considerare come sia proprio il recente pronunciamento della Corte del Lussemburgo ad aver mutato il quadro rispetto al passato, imponendo una definizione più restrittiva del concetto di Paese sicuro e sgomberando il campo dalle interpretazioni più estensive, fatte proprie negli anni passati dall'Italia e da altri membri dell'Unione.

L'ultima considerazione affidata dalla voce di palazzo Chigi a Fanpage.it è una stilettata preventiva ai tribunali che saranno chiamati a decidere sulla questione e prefigura già un nuovo scontro con la magistratura, come già successo per il caso Apostolico: “Alcuni giudici pensano che il ministero degli Esteri faccia la lista dei Paesi sicuri con una benda sugli occhi e puntando il dito a caso sul mappamondo”. In realtà, è la stessa sentenza della Corte di Giustizia europea a imporre ai magistrati  che esamineranno la legittimità di una decisione amministrativa sui richiedenti asilo, di rilevare eventuali violazione norme del diritto dell’Unione, relative alla designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro.  Ma se così sarà, il canovaccio del governo Meloni sembra già pronto: dare la colpa del fallimento dell'accordo con l'Albania a presunte toghe politicizzate, pronte a tutto pur di contrastare l'azione dell'esecutivo.

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