Migranti in Albania, i dubbi su procedure legali e sanitarie: la denuncia di Asgi e delle Ong
Sono 6 i migranti già portati in Italia dai centri in Albania costruiti dal governo Meloni per l'identificazione ed il rimpatrio dei migranti raccolti in mare dalla nave della marina militare italiana Cassiopea. Per gli altri 43 c'è stato il rigetto della richiesta di asilo ed ora sarà la Corte d'appello di Roma a dover decidere se hanno diritto al trasferimento in Italia, dove potranno avviare le procedure per la richiesta di asilo politico, o dovranno essere portate rimpatriate. Si tratta della terza operazione di accompagnamento dei migranti nei centri albanesi tentata dal governo italiano, dopo il flop dei primi tentativi che si sono conclusi con la decisione della magistratura di far trasferire tutti in Italia per garantire il diritto alla richiesta di asilo politico. Anche in questo caso a seguire le operazioni ci sono diverse realtà legali e associative, che stanno monitorando il comportamento delle autorità italiane. Tra queste c'è l‘ASGI, associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione.
I legali: "Tempi troppo rapidi per garantire una assistenza efficiente"
I migranti sono sbarcati dalla nave Cassiopea martedì 28 gennaio ed immediatamente trasferiti nel centro di Shengjin che si trova proprio accanto all'area portuale. Dopo i primi screening in 5 sono stati subito mandati in Italia, quattro perché minorenni ed uno perché soggetto vulnerabile. Il giorno dopo si sono tenute le audizioni, nel centro di Gjader, con procedura accelerata degli altri migranti. Tra questi uno, un cittadino bengalese, è stato mandato in Italia per approfondimenti. Per gli altri 43 migranti c'è stato il rigetto della richiesta di asilo. Da sottolineare come le 43 audizioni si sono svolte tute mercoledì 29 gennaio, in videoconferenze. È lecito quindi immaginare che ognuna di esse sia durata una manciata di minuti. A monitorare la situazione c'erano gli avvocati dell'ASGI, tra cui Amarilda Lici che abbiamo raggiunto per farci raccontare cosa hanno riscontrato. "Dopo le audizioni svolte nella giornata del 29 gennaio sono arrivati gli esiti e tutte le domande sono state rigettate" ci dice. Ed è qui che le procedure secondo l'avvocata dell'ASGI si fanno farraginose al punto da mettere a rischio la puntuale assistenza legale. "Il gestore del centro, la Medihospies ci ha detto che i loro operatori chiedono in prima battuta agli avvocati d'ufficio nominati per l’udienza di convalida se vogliono fare anche le procedure per la presentazione del ricorso contro il rigetto della domanda di protezione internazionale e solo se questi legali non se la sentono, verrebbe fornito ai migranti un elenco stilato dal Tribunale di Roma, di avvocati esperti in materia di immigrazione" spiega l'avvocata. Quello che va sottolineato è che una volta arrivato il rigetto, i migranti hanno solo 7 giorni di tempo per poter presentare il ricorso. "Ci chiediamo – spiega l'avvocata Lici – quanto effettivamente i migranti riescano a comprendere le tempistiche ed i passaggi legali che hanno diritto a fare, contando che si trovano in una situazione di trattenimento all'interno del centro. In buona sostanza i tempi così accelerati metterebbero in discussione il diritto di difesa immediata". Al centro della questione ci sarebbero quindi i tempi velocissimi delle procedure. "Risulta indubbiamente fondamentale fornire un adeguata e chiara informativa fin dall’arrivo sull’importanza di una difesa legale che possa assistere i migranti in tutte le fasi delle procedure" conclude la legale dell'ASGI.
Le ong: "Assistenza medica non può essere fatta dai militari"
Intanto una nota sottoscritta da una ventina di associazioni e Ong ha denunciato le violazioni dei protocolli sanitari per i migranti a bordo della nave militare Cassiopea. "Non ci sono certificazioni individuali per ogni persona trasferita, gli screening medici sono effettuati da medici militari e non da medici indipendenti, non c'è chiarezza sui metodi usati per l'accertamento dell'età delle persone fermate" denunciano le realtà associative tra cui Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans ed Emegency. Affidare gli screening sanitari a medici militari, significa affidarli a personale che deve sottostare alle gerarchie previste. Precedentemente queste operazioni di assistenza sanitaria venivano effettuate dal personale dell'OIM (organizzazione internazionale per le migrazioni). "Il personale sanitario che risponde a catene militari gerarchiche in ambiti civili e umanitari si può trovare a vivere contraddizioni che possono limitarne l’indipendenza e minare il dovuto approccio centrato sul paziente" denunciano le associazioni. Tra l'altro la legge prevede che il personale medico militare può svolgere queste operazioni solo in caso di calamità naturale.
"L'assenza di una certificazione individuale per ogni persona trasferita, segnalata da alcuni parlamentari durante la visita al centro di Shëngjin, è particolarmente critica, poiché tale documento dovrebbe precedere il trasferimento per garantire la piena tutela delle persone migranti" denunciano le Ong. Nella nota si chiede il coinvolgimento dell'UNHCR, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, nelle procedure con un ruolo di monitoraggio e coordinamento, per garantire l'assistenza sanitaria adeguata e il rispetto dei diritti delle persone migranti coinvolte nelle procedure.