Migranti, Geo Barents a Fanpage: “Lasciamo il Mediterraneo, il governo rende impossibile il soccorso in mare”
La Geo Barents, nave di ricerca e salvataggio di Medici Senza Frontiere, ha annunciato la conclusione delle sue operazioni nel Mediterraneo centrale, dopo aver soccorso oltre 12.675 persone in più di 190 interventi di salvataggio da giugno 2021. La decisione arriva a causa di leggi che la stessa Ong definisce “irrazionali e senza senso”, come il decreto Piantedosi di gennaio 2023.Decreto che oggi è stato sostituito da un provvedimento che complica ancor più la vita alle Ong: il decreto Flussi. Recentemente approvato in Senato, introduce, tra le altre misure, periodi di fermo più lunghi per le stesse, facilitando la confisca delle imbarcazioni di soccorso e degli aerei civili.
Provvedimento che accorcia anche i termini per presentare ricorso contro i fermi amministrativi delle Ong, riducendo il tempo disponibile da 60 a soli 10 giorni; prolunga poi la permanenza delle navi nei porti, in attesa di essere sottoposte a fermo. Un esempio quello risalente a giugno 2023, quando le autorità italiane ordinarono alla Geo Barents, che ha una capacità massima di 600 persone, di dirigersi a La Spezia, a oltre mille chilometri di distanza, per far sbarcare 13 sopravvissuti, nonostante ci fossero porti molto più vicini.
La politica delle autorità italiane di designare porti lontani, spesso nel nord del Paese, per lo sbarco dei migranti soccorsi, ha insomma limitato la capacità della nave di operare efficacemente.
Medici Senza Frontiere ha sottolineato che la missione tornerà in mare appena possibile, per continuare a salvare vite in una delle rotte migratorie più pericolose del mondo. Dal 2014, sono oltre 31.000 le persone morte annegate o disperse nel Mediterraneo centrale.
Abbiamo intervistato Juan Matias Gil, capo missione di MSF per la ricerca e il soccorso in mare.
Con il nuovo decreto flussi come cambia, nella pratica, il salvataggio di vite umane?
Il decreto Piantedosi è cominciato i primi di gennaio 2023, e la cosa grave è che non ci permette di fare moltissimi dei nostri soccorsi. Siamo obbligati a fare un soccorso alla volta e poi raggiungere immediatamente il porto; questo significa che molte persone vengono lasciate indietro. Non solo, così facendo vengono intercettate dalla guardia costiera libica e rimandate in Libia. Voglio ricordare che la Libia non può essere considerata un porto sicuro per lo sbarco. Di conseguenza, il trasferimento dei migranti raggiunti in mare dalle autorità libiche rappresenta un atto di respingimento collettivo, che è strettamente proibito sia dal diritto internazionale che da quello nazionale.
Cosa significa legalmente per le vostre missioni?
Chi non obbedisce a questa legge viene ovviamente punito, la prima volta con 20 giorni di detenzione. La seconda volta sessanta e la terza con la confisca della nave da parte dello Stato. Ciò che cambia è che la reiterazione non solo si applica al comandante della nave, o all'armatore, ma anche al proprietario della barca, una cosa assurda e ridicola, contro legge.
Anche se un giorno tutti i giudici ci daranno ragione, il danno sarà già fatto. Parliamo di infiniti giorni di detenzioni e blocchi, di spese di avvocati per andare in tribunale. Il tempo che manchiamo dal mare, le forze e le risorse che impieghiamo, non torna indietro neanche se ci fosse un giorno una sentenza positiva.
Quante giornate di navigazione siete costretti a perdere a causa dei decreti del governo?
Questo decreto negli ultimi due anni, per Medici Senza Frontiere, a bordo della Geo Barents, ha rappresentato sei mesi di navigazione avanti e indietro, un tempo assurdo; un quarto del periodo lo abbiamo passato lontani dalle zone dove intercettiamo sempre le imbarcazioni in difficoltà. Parliamo di naufragi che continuano ad accadere, come quello che abbiamo visto negli ultimi giorni. Non sono i primi, sono gli ennesimi. Persone che annegano senza che nessuno lo sappia. L’ultima che è arrivata a Lampedusa, è stata trovata che galleggiava da sola, era una bambina di undici anni. L’unica sopravvissuta di un naufragio di 44 persone.
Sembra essere fallito l'accordo Albania, cosa ne pensa?
Penso che questa ossessione del governo italiano nei confronti delle migrazioni, in generale, il prossimo anno non cambierà. Abbiamo visto come continuino a usare tutto ciò come un cavallo di battaglia. Creano la paura di un fantasma alla popolazione italiana, paura e fantasma che non esistono. I numeri di cui stiamo parlando potrebbero tranquillamente essere inclusi nella società italiana, nella vita sociale, politica, culturale. Invece vengono usati come strumento di propaganda politica. È fallito per ora l’accordo con l'Albania e dopo questo fallimento il governo ha dovuto optare per un altro bersaglio; così hanno deciso di cambiare il decreto flussi, non solo toccando l'attività in mare ma anche quella dei nostri colleghi che fanno monitoraggio aereo. Per non parlare di cosa si intende ancora per Paese sicuro. Paesi che sicuri non sono.
Pensa che ci sia un doppio standard?
Si. Come dicevo prima, penso che il governo italiano usi il tema dell'immigrazione come un fattore di distrazione di massa, quando avrebbe tutti i mezzi per incorporare e integrare queste persone in questa società, basti pensare all'integrazione dei cittadini ucraini in fuga; è chiaro che ci sia un doppio standard, influenzato da colore della pelle e da paese di origine. Ci dimentichiamo di considerare che oggi non tutti abbiamo l'accesso agli stessi diritti. La vita degli esseri umani però deve essere salvaguardata a prescindere da passaporti, genere, orientamento sessuale, colore degli occhi e questo fa parte della dichiarazione dei diritti umani di cui tanto si è parlato in questi ultimi giorni.
Anche se oggi i governi usano le Ong come capro espiatorio, le vere vittime sono le persone in movimento, che cercano, e continueranno a cercare opportunità e libertà. Tutto ciò è molto lontano da essere considerato una emergenza umanitaria, quanto molto vicina a una vera e propria crisi profonda di umanità.