Migranti, Francia e Spagna si oppongono agli sbarchi: “Non possiamo accogliere nessuno”
Il dibattito relativo alla questione migranti scaturito dall'ipotesi di chiusura dei porti italiani alle navi delle organizzazioni umanitarie battenti bandiera straniera avanzata dal Belpaese continua a tenere banco. In sostanza, con l'aumentare degli sbarchi nel corso delle ultime settimane, il Viminale, preoccupato dall'eventualità di un'ulteriore crescita della pressione migratoria da qui a fine anno, e conseguentemente dall'inadeguatezza del sistema di accoglienza predisposto in rapporto ad afflussi minori, ha chiesto all'Europa di fare la propria parte, minacciando il blocco dei porti alle ong straniere. Nel corso di un vertice urgente organizzato lo scorso weekend tra Italia, Francia e Germania, le tre nazioni europee, insieme al commissario Avramopoulos, avrebbero raggiunto una piena intesa e stilato alcune linee guida da attuare per contrastare da un lato l'aumento degli sbarchi attraverso l'esternalizzazione delle frontiere del Mediterraneo, e dall'altro favorire la relocation dei migranti tratti in salvo.
Dall'inizio dell'anno sono sbarcati sulle coste italiane circa 85.000 migranti e rifugiati, mentre si contano oltre 2.000 persone tra morti e dispersi. La Croce rossa italiana ha lanciato l'allarme: la situazione nei centri di accoglienza superaffollati sta diventando critica e il capo dell'Unhcr Filippo Grandi ha descritto quanto sta accadendo nel Paese come "una tragedia in atto".
"Limitare fortemente l'azione Ong ed esternalizzare le frontiere è inaccettabile, vuol dire andare nel senso inverso a quanto da noi auspicato: cioè trovare canali legali e sicuri d'ingresso in Europa. Nel programma ci sono spunti positivi, per esempio lo spingere sulla relocation in altri Paesi europei, abbassando la soglia di accesso sotto il 75% e far sbarcare i migranti anche nei porti di Barcellona e Marsiglia", spiega Oliviero Forti, responsabile dell'area immigrazione per l'associazione Caritas. "Continua però la delegittimazione, anche se indiretta, delle Ong. Temiamo non si vogliano avere soggetti indipendenti in mare per verificare l'operato della guardia costiera libica, al momento sotto osservazione della Corte di giustizia europea per questioni legate a crimini contro l'umanità, tra cui il caso dell'affondamento di un barcone sparando in aria. Poi, rispetto alla esternalizzazione delle frontiere in Libia, per noi è un piano inaccettabile dal punto di vista dei diritti umani".
Sulla questione è intervenuto l'Onu, ribadendo che l'Italia non può far fronte da sola all'accoglienza dei migranti e che è necessario che l'Europa si metta a disposizione concretamente: "È irrealistico pensare che l'Italia dovrebbe avere la responsabilità di tutti gli sbarchi di migranti che arrivano sulle sue coste. Doveroso chiedere più solidarietà", ha dichiarato Vincent Cochetel, l'inviato speciale dell'Unhcr per il Mediterraneo. L'Unhcr intende proporre un meccanismo di sbarco regionale per distribuire il peso dell'accoglienza dei migranti. Non è sostenibile che l'Italia se ne occupi da sola, abbiamo bisogno di altri Paesi che si uniscano e condividano la responsabilità". L'Onu comunque ribadisce che l'ipotesi della chiusura dei porti avanzata dall'Italia non è percorribile.
Secondo la Marina di Tripoli, però, le organizzazioni umanitarie operanti nel Mediterraneo agirebbero in violazione delle regole: "Le cosiddette ong, che si trovano in gran numero nel Mediterraneo, soprattutto di fronte alle coste libiche, commettono aperte violazioni alla sovranità marittima libica, oltre ad accusare ripetutamente e ingiustificatamente la Guardia costiera e gli apparati per la lotta alla migrazione illegale libici, ostacolando qualsiasi accordo con la parte europea che aiuti la parte libica nel far fronte al fenomeno", ha dichiarato il portavoce Ayyoub Qasem, intervistato da AdnKronos. "Incoraggiano i migranti illegali, che affluiscono in Libia da oltre 30 Paesi africani e non e non si curano minimamente della sovranità della Libia sul proprio territorio e sulle sue acque territoriali".
Quanto alla possibilità di poter utilizzare anche i porti di Barcellona e Marsiglia per gli sbarchi umanitari, il vice sindaco della città francese si oppone: "No all'apertura del nostro porto alle navi umanitarie che soccorrono i migranti nel Mediterraneo, se ogni settimana facessimo entrare navi con centinaia se non migliaia di migranti saremmo nell'incapacità totale di alloggiare queste persone. Perché una volta sbarcate, queste persone bisogna alloggiarle, ma non abbiamo i mezzi, non possiamo accogliere dei migranti in queste condizioni", ha spiegato Dominique Tian.
La Spagna, invece, solidarizza con l'Italia ma avverte che "qualunque soluzione al problema deve essere europea e non bilaterale". "Al momento il peso della crisi migratoria ricade per l'86% sull'Italia, il 9% sulla Grecia e il 4% sulla Spagna. Ripartire i migranti fra i paesi del Sud non è la soluzione. Ci deve essere una risposta europea davanti a una situazione eccezionale, come si è fatto per la crisi dei rifugiati che arrivavano sulle coste greche. La Spagna inoltre già si fa carico dei migranti che arrivano sulle sue coste dal Marocco, dall'Algeria e dalla costa atlantica africana, anche se in numeri molto inferiori a quelli in Italia. Inoltre, il 90% degli arrivi è formato da migranti economici che non hanno diritto di asilo, ma restituirli ai loro paesi di origine risulta molto complesso in quanto in maggioranza non hanno documenti".
Nel frattempo, la Commissione europea ha annunciato che nella giornata di domani, 4 luglio 2017, discuterà e presenterà "una serie di misure in sostegno dell'Italia, per ridurre i flussi migratori nel Mediterraneo Centrale, che formeranno la base per la discussione nel prossimo Consiglio Affari Interni informale che si terrà a Tallinn giovedì. Non ci saranno nuove proposte legislative, in questa fase, ma un piano d'azione, con delle misure concrete attuabili in tempo breve, per affrontare la situazione".
"Quello che sarà nuovo sarà il bisogno di fare delle cose immediatamente ma sappiamo che il problema non è nuovo e che le soluzioni che si possono trovare non sono nuove. Si tratta di un'accelerazione in quello che stiamo facendo tutti, le istituzioni europee, gli altri Stati membri e l'Italia, per mettere meglio in opera la nostra politica in materia d'asilo".