Migranti, cosa cambia con il nuovo Patto Ue: le regole su rimpatri e accoglienza
Dopo dodici ore di trattative, ieri i ministri dell'Interno dell'Unione europea hanno approvato un accordo per il Patto Ue su migrazione e asilo. Al centro della trattativa c'era un testo proposto dalla Commissione europea tre anni fa, ed era da sette anni che gli Stati non trovavano un'intesa sul tema migrazioni: con la scadenza della legislatura europea tra meno di un anno, molti consideravano l'incontro di ieri come l'ultima occasione per cercare di arrivare a una soluzione definitiva prima delle prossime elezioni.
Le principali novità riguardano le procedure alla frontiera, con un iter accelerato per i migranti che hanno meno probabilità di essere accolti; le espulsioni dei migranti anche in Paesi diversi da quelli di provenienza, una soluzione caldeggiata dall'Italia; e la cosiddetta "solidarietà obbligatoria" tra Paesi Ue, per cui gli Stati membri dovranno o accogliere una quota di migranti o pagare circa 20mila euro a persona.
Cosa cambia alla frontiera dell'Ue
Il Consiglio Affari interni ha approvato due pacchetti, uno sulle procedure di frontiera e uno sull'asilo e l'accoglienza dei migranti. Il primo ha introdotto alcune novità: tra tutte, la nascita di una nuova procedura accelerata. Per chi arriva da un Paese non-Ue con un basso tasso di riconoscimento (cioè, se meno del 20% delle domande di asilo che arrivano da quello Stato vengono accolte), la richiesta di asilo sarà esaminata più rapidamente. La procedura dovrà concludersi entro tre mesi, e in quel periodo la persona migrante potrà anche essere detenuta.
Sempre per quanto riguarda gli arrivi alla frontiera, il Paese di primo ingresso (il primo Stato Ue in cui arriva un migrante) sarà responsabile sulle persone migranti per 24 mesi: questo significa che per tutto questo tempo gli altri Stati potranno rimandare i migranti al Paese di primo ingresso da cui sono arrivati. La legge attuale prevedeva che questa responsabilità scadesse dopo 12 mesi, e questa rimarrà la soglia per chi viene salvato in mare in operazioni di ricerca e soccorso: una richiesta portata avanti da Italia e Spagna.
Cos'è la solidarietà obbligatoria tra Paesi Ue
Resta il tema della gestione delle persone in attesa dell'esito della loro domanda d'asilo. Qui, le novità sono soprattutto due: il principio della solidarietà obbligatoria tra Paesi, e il rimpatrio in Paesi diversi da quello di origine.
Il primo aspetto è quello che più si avvicina ai ricollocamenti obbligatori che l'Italia ha chiesto per anni, prima che il governo Meloni cambiasse completamente linea disinteressandosi della redistribuzione dei migranti tra i Paesi Ue. Il nuovo meccanismo è quello detto della ‘solidarietà obbligatoria'. In caso di un aumento improvviso di arrivi, la Commissione europea potrà stabilire che uno Stato è in stato di necessità e il meccanismo si attiverà.
Concretamente, ci sarà una quota stabilita di posti, ogni anno, che andranno ripartiti tra i vari Paesi: 30mila il primo anno, 60mila il secondo, 90mila il terzo e 120mila posti dal quarto anno in poi. Non si parla di singole persone, ma di "posti", quindi terminata la procedura per una persona migrante il "posto" si libererebbe per accoglierne un'altra. Ciascun Paese dovrebbe poi vedersi assegnata una quota specifica di questi posti, in base alla popolazione e al Pil.
L'aspetto cruciale è che per raggiungere la quota di "posti" assegnata, un Paese non sarà obbligato ad accogliere le persone migranti arrivate in un altro Stato. Ci saranno delle modalità per chi rifiuta di farlo, ad esempio un contributo finanziario di 20mila euro per ogni migrante. Questi fondi non andranno al Paese che si trova in difficoltà – cosa che il ministro italiano Piantedosi ha rivendicato come una vittoria, dicendo che "non saremo il centro di raccolta dell'Europa" – ma andranno in un fondo comune per finanziare interventi sulla "dimensione esterna" delle migrazioni.
Il ‘rimpatrio' in Paesi diversi da quelli di provenienza
Una delle richieste dell'Italia, su cui è stata necessaria una lunga mediazione soprattutto con Francia e Germania, era che fosse possibile respingere i migranti che non hanno diritto all'asilo anche inviandoli in un Paese diverso da quello di origine. La richiesta del governo Meloni era che fossero considerati adatti tutti i Paesi con cui la persona migrante ha una "connessione", ad esempio anche solo se ci è passata nel suo viaggio verso l'Europa fermandosi per un certo periodo di tempo.
Alla fine, è stato deciso che ciascuno Stato Ue avrà un certo margine per stabilire quali Paesi sono "sicuri", e quindi adatti al rimpatrio, e quali no. La Germania chiedeva di fissare paletti più rigidi, per tutelare maggiormente i diritti umani delle persone migranti coinvolte. Invece, i migranti potranno essere respinti non solo nel loro Paese di origine, ma anche in un "Paese terzo sicuro" con cui ci sia una "connessione", cosa che starà agli Stati Ue stabilire.
Cosa succede ora nelle trattative in Ue sul Patto migranti
L'accordo è stato raggiunto dal Consiglio Affari interni dell'Ue, che raccoglie appunto tutti i ministri dell'Interno e rappresenta i governi di tutti gli Stati membri. Si sono opposte solo Polonia e Ungheria, mentre si sono astenute Malta, Lituania, Slovacchia e Bulgaria. L'Italia ha votato a favore, ma anche senza il suo appoggio la proposta sarebbe bassata.
Dall'altra parte del tavolo delle trattative, il Parlamento europeo ha approvato la sua versione del testo a fine aprile. Ora i due organi, insieme alla Commissione europea, dovranno i limare i dettagli per raggiungere un accordo definitivo su un testo condiviso. Il successo non è garantito, ma è certo che da anni l'Europa non arrivava così vicina a un nuovo accordo sulla gestione dei flussi di migranti.