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Migranti, Biffoni (Anci): “Accoglienza al collasso, ma il governo non ascolta nemmeno i suoi sindaci”

Il sindaco di Prato Matteo Biffoni è il delegato dell’Anci per l’immigrazione. Da giorni si fa portavoce dell’allarme dei Comuni di tutta Italia sulla tenuta del sistema di accoglienza, mentre il numero degli sbarchi da inizio anno ha superato quota 100mila. Il Viminale ha bollato come “polemiche surreali” le denunce dei primi cittadini. Ma intervistato da Fanpage.it, Biffoni rilancia: “Siamo sull’orlo del tracollo e dal governo non arriva nessuna risposta. E il decreto Cutro ha peggiorato le cose”
A cura di Marco Billeci
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Dal 2015, il sindaco di Prato Matteo Biffoni è il delegato dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) per l'immigrazione e le politiche di integrazione. In questi giorni è in prima linea a rilanciare la preoccupazione dei sindaci di tutta Italia, per le grandi difficoltà del sistema di accoglienza dei migranti, impegnato a reggere l'urto degli oltre centomila nuovi arrivi, dall'inizio dell'anno. Le denunce hanno provocato la dura reazione del ministero dell'Interno, che le ha bollate come ‘polemiche surreali'.

Qual è l'allarme che arriva dai territori?

Qualsiasi amministratore sentito su questo tema – di centrodestra o centrosinistra,  di città grandi o piccole, del Nord o del Sud – ha tratteggiato una situazione di estrema difficoltà. Siamo sull'orlo del tracollo, perché  il sistema è in affanno e a oggi non vediamo una reazione, all'altezza della sfida che stiamo vivendo. I numeri sono noiosi ma testardi: nel 2022, da gennaio a metà agosto, c'erano stati 48mila sbarchi; quest'anno siamo a oltre 102mila. Di fronte a queste cifre, si continua solo a buttare persone nel contenitore, ma questo alla fine si riempie. È  ciò che sta avvenendo nelle strutture d'accoglienza.

Quali sono gli aspetti che preoccupano di più?

L'emergenza è l'accoglienza in tutte le forme. I prefetti stanno lavorando in extra soglia, ma possono arrivare fino a un certo limite. In un Cas con una capienza di 50 persone, se ne possono mettere 60 o 70, ma non 500. Qua a Prato è stato riconvertito  e riaperto uno spazio che era dedicato al recupero di alcolisti e tossicodipendenti. Abbiamo ricavato 25 posti, sono andati esauriti in due giorni.  Siamo arrivati al punto che a Iglesias, in Sardegna, sono andati a ispezionare, per valutarne l'uso, un carcere chiuso da vent'anni. C'è poi da considerare che i maxi centri da sette o ottocento posti non li vuole nessuno. Questo io lo segnalo da anni, oggi lo dicono tutti, governatori di centrodestra inclusi, come Zaia. E allora il sistema non può funzionare più.

Il cosiddetto decreto Cutro – approvato in via definitiva a maggio dal parlamento – è intervenuto, tra le altre cose, tagliando i servizi nelle strutture di prima accoglienza, abbassando i rimborsi giornalieri riconosciuti, escludendo i richiedenti asilo dal Sistema Accoglienza e Integrazione (Sai). Questo ha peggiorato le cose?

Il Dl Cutro ha complicato il sistema  dell'accoglienza. I prefetti fanno bandi che vanno deserti, perché non risponde nessuno. I grandi attori del terzo settore – quelli più affidabili, come Caritas, Arci, Sant'Egidio – hanno smesso da tempo di partecipare alle gare. Mancano gli operatori con una preparazione adeguata. Oltre a ridurre i rimborsi, il decreto ha eliminato dal sistema Cas tutta una serie di  servizi, dalla formazione linguistica a quella professionale, che invece servono per inserire i migranti, nel tessuto sociale. Giustamente, realtà come Cartias o Arci non vogliono ridursi a fare un servizio di portierato, senza peraltro neanche un riscontro economico.

Qual è invece la situazione nei piccoli centri di accoglienza diffusi sul territorio, della rete Sai?

La situazione dei Sai è diversa. Il fatto che il Dl 50  – impropriamente definito Cutro – abbia tolto  da quel sistema i richiedenti asilo ha paradossalmente alleggerito la situazione. Però manca la programmazione: se una persona è stata due anni in un Cas di Cosenza e la mandano in un Sai a Brescia, non ci va,  perché ormai conosce  il contesto dove ha vissuto.   Aggiungo che i Sai lavorano per progetti, se io ho ne ho uno per  famiglie o per donne, non ci posso mettere quattro ragazzi maschi adulti e viceversa. Tuttavia, questo sistema tutto sommato funziona, tanto che come Anci avevamo chiesto un emendamento al Dl Cutro, per aggiungere 4mila posti Sai per i minori. La richiesta è stata respinta e ora sui minori non accompagnati c'è un emergenza nell'emergenza.

Sul tema dei minori, però, il governo punta il dito contro le regole dettate dalla legge Zampa (approvata nel 2017, su iniziativa della parlamentare del Pd Sandra Zampa). E sostiene che la responsabilità è tutta in capo ai Comuni

No, la principale competenza sull'immigrazione è dello Stato, noi facciamo supplenza, non facciamo gestione. A Bergamo Giorgio Gori sta facendo causa allo Stato, chiedendo la restituzione di 5 milioni, che ha speso per i minori. Sulla legge Zampa io dico al governo e al parlamento: se non vi convince, cambiatela. Finché c'è, io rispetto quella norma e i parametri che fissa, per l'accoglienza dei minori non accompagnati.

Su questo punto, dal governo è stata avviata qualche iniziativa?

Al momento a noi non risulta niente, questa è la cosa più drammatica di questa situazione.

Fonti del ministero dell'Interno hanno definito "surreali" le vostre accuse al governo. Si fa filtrare la tesi per cui a lamentarsi sarebbero solo gli amministratori locali di centrosinistra, che agirebbero per calcolo politico

Sono esponenti del Partito Democratico Luca Zaia, i sindaci della Lega del Veneto, il presidente della Regione Basilicata, il sindaco di Ancona, l'assessore di Genova e tanti altri? Non mi sembra, eppure si stanno lamentando di brutto. Lo stesso sottosegretario all'Interno leghista Molteni ha detto che vanno ascoltati i sindaci. Liquidare come surreale la preoccupazione di migliaia di primi cittadini vuol dire non essere interessati alla collaborazione istituzionale. Noi abbiamo sempre cercato il dialogo, ma la risposta è stata che in questo momento non interessa l'interlocuzione con i Comuni.  Ne prendiamo atto, più di così non sappiamo cosa fare.

Che proposte portereste al tavolo con l'esecutivo?

Noi abbiamo già avanzato tante proposte. Quando ho incontrato il ministro Piantedosi a dicembre ho portato una serie di punti dai minori agli hub di primissima accoglienza. E sul tema della formazione, perché queste persone vanno messe in strada quando sono nelle condizioni giuste, non a casaccio.  Vanno poi aumentare le rette, bisogna mettere mano al portafoglio. Capisco che rispetto alla retorica della campagna elettorale, per l'attuale maggioranza questa sia una contraddizione, ma non se ne esce senza un'impegno economico, necessario ad ampliare il raggio d'intervento. Bisogna investire, perché se non tornano i grandi attori del terzo settore, qui esplode tutto.

Servirebbe anche una marcia indietro rispetto alle norme del Dl Cutro, come sta avvenendo nella pratica per le Ong?

Io penso di sì. Ho sempre discusso con tutti i governi, anche con quelli della mia parte politica, che secondo me hanno sbagliato ad approcciare un tema così complicato in modo timido, senza il coraggio di metterci davvero le mani. Detto questo, un conto è non affrontare l'argomento, un'altro è peggiorare una situazione, di per sé già complicata. Di fronte ai numeri di oggi, servirebbe un'intervento dell'esecutivo di ben altro tipo.

Il governo potrebbe cambiare le regole per la distribuzione dei migranti sul territorio, affiancando al criterio della popolazione residente, quello della superficie delle diverse province. Aiuterebbe a risolvere i problemi?

No, li sposta soltanto. Da un punto di vista egoistico, potrei dire che ad esempio in Toscana, con questo meccanismo, una parte dei migranti verrà mossa da Prato, la mia città, verso province più grandi come Arezzo, Siena o Grosseto. Ma questo non risolve il problema. Lo stesso vale per il tema dei rimpatri: siamo a 2500,  a fronte di 102mila arrivi. Anche portandoli a 5mila cambierebbe poco. Tra l'altro vorrei segnalare che, nel frattempo, al netto degli ultimi arrivi, ci sono ancora 600mila irregolari sul territorio nazionale teoricamente da rimpatriare, senza che nessun governo sia mai riuscito a farlo.

Il tema dell'accoglienza dei migranti e le difficoltà conseguenti, riemergono ciclicamente da anni.  Eppure ogni volta si parla di emergenza. A livello nazionale, esistono soluzioni strutturali?

Andrebbe riscritto il testo unico sull'immigrazione, ripartendo da capo. Il centrodestra aveva promesso: stop agli sbarchi, rimandiamo tutti a casa, frontiere chiuse. Ora anche loro hanno capito che è impossibile.  Spero allora che si comprenda come l'immigrazione non può essere un tema da campagna elettorale, perché chiunque si trovi poi al Viminale e a Palazzo Chigi si scontra contro un muro. È una questione epocale che non finisce certo per decreto.  Mi auguro quindi che sia la volta buona in cui tutti insieme si possa cambiare le regole del gioco: dalle norme per gli ingressi all'introduzione dello sponsor, dalle rimesse ai corridoi umanitari, fino rimpatri volontari. Nemmeno il Pd lo ha fatto in passato, non mi nascondo, ma forse la situazione attuale può dare la spinta giusta, per arrivare a regole più efficaci. Lo stesso Gianfranco Fini – uno dei due padri della legge sull'immigrazione  del 2002  – ha detto che dopo vent'anni la Bossi-Fini  è ormai superata.

Da questo punto di vista, l'esperienza diretta dei sindaci – che pure di partiti diversi, vivono problemi simili – può aiutare a trovare una base comune?

Certo. Gli abitanti di un quartiere che si trova un Cas fuori controllo si incavolano con il sindaco, di qualsiasi colore politico sia. Per questo oggi anche i primi cittadini delle forze di  centrodestra sono preoccupati, perché vedono questo fenomeno scappare di mano. I Comuni però vanno ascoltati, come va ascoltato il terzo settore e tutti quelli che si occupano praticamente  della materia.

Invece dal governo vedete per ora solo un muro di gomma

A me dispiace, ma la nostra mano rimane tesa. Le porte sono aperte, in qualsiasi momento il ministro degli Interni decidesse di aprire il confronto, siamo a disposizione. Lo scontro è l'ultima cosa che mi interessa, da quando mi occupo di immigrazione per l'Anci, ho collaborato e mi sono confrontato con tutti i governi. Non ci possono però chiedere stare zitti, non possiamo far finta che vada tutto bene.

Quanto tempo c'è prima che il sistema dell'accoglienza collassi definitivamente?

Dipende dai numeri, se va avanti così, tanti margini non ce li abbiamo. A Bologna, l'assessore Luca Rizzo Nervo ha detto che ci sono tre ragazzini in giro per la città e  non sa come fare a dargli una mano. A Bologna, dove c'è il sistema più organizzato d'Italia, pensate a tutto il resto.

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