Migranti, Aquarius ancora bloccata nel Mediterraneo. La ong denuncia: “I libici non coordinano più i salvataggi”
Prosegue l'odissea della nave Aquarius, per la seconda volta rifiutata da Italia e Malta e per la prima volta anche dalla Spagna di Pedro Sanchez. La nave della Ong, che a bordo ospita 141 migranti salvati in due differenti operazioni, da giorni vaga nel mar Mediterraneo alla ricerca di un porto sicuro per sbarcare i naufraghi ma al momento sembra che nessuno Stato europeo voglia concedere l'autorizzazione allo sbarco. Dopo il rifiuto delle autorità maltesi e italiane, nella serata di ieri è arrivato anche quello di Madrid che, replicando all'offerta della città di Barcellona, ha negato l'autorizzazione allo sbarco all'Aquarius in quanto il porto offerto non sarebbe quello più vicino. Attualmente la nave Aquarius si trova tra Linosa e Malta e non è dato sapere né dove né quando potrà approdare e sbarcare i migranti salvati.
In un'intervista concessa al Fatto Quotidiano, Nick Romaniuk, coordinatore delle operazioni di ricerca e soccorso per SOS Mediterranée a bordo di Aquarius, spiega la situazione: “Abbiamo informato i centri di coordinamento italiano e maltese e che ci saremmo messi in una posizione di stand-by mentre cerchiamo di contattare altre autorità marittime competenti per provare a trovare un place of safety per sbarcare queste persone. Per il momento sia Malta che Italia ci hanno negato l’accesso alle loro acque territoriali e non stanno coordinando per la ricerca di un posto sicuro”.
Nick, avete chiesto ai governi europei di assegnare un porto di sbarco per queste 141 persone.
“Aquarius sta parlando con le competenti autorità marittime, stiamo seguendo le regole per trovare una soluzione. Questo è tutto. Di certo stiamo informando della situazione: è completamente inaccettabile che 141 persone, sapendo quello che hanno passato negli ultimi mesi e forse anni, siano bloccate su una nave in mezzo al mare aspettando che i paesi europei prendano una decisione. Vengono dall’Eritrea, dalla Somalia, sono particolarmente vulnerabili. In condizioni normali, all’interno dell’Europa, verrebbe loro offerta protezione. Fermarci in mezzo al mare, giocare a scacchi con l’Aquarius non è accettabile. Per le persone soccorse, intendo: meritano di essere sbarcate il prima possibile in un posto dove possano essere curate. Qui ci sono malati e feriti: hanno bisogno di una struttura medica appropriata a terra. Devono essere sbarcati il prima possibile”.
La ‘chiusura dei porti’ da parte dell’Italia cosa ha rappresentato per voi?
“Ufficialmente, i porti italiani non sono chiusi. Ufficiosamente, non stiamo sbarcando le persone in Italia e l’Aquarius non è più basata nel vostro paese. Nel passato le operazioni di soccorso sono state coordinate dal centro italiano ed erano efficaci, veloci, lisce: le persone venivano rapidamente portate in salvo in tempi ragionevoli. Questo non sta più succedendo. In un primo momento c’è stato un cambio di coordinamento: l’Imrcc cominciava un evento Sar e informava l’Aquarius affinché procedesse nella posizione dell’imbarcazione in difficoltà. Nel mentre avveniva un ‘cambio di coordinamento’ con l’entrata in gioco dei libici: da lì in poi non ricevevamo più informazioni, il che rallentava pesantemente le operazioni di soccorso. Ora gli italiani non segnalano più: l’intero processo è in mano ai libici. Ma questo vuol dire che all’Aquarius, ad esempio, non arrivano informazioni su eventuali navi in difficoltà nell’area. Il che significa che il potenziale in termini di perdite di vite è alto. Nei giorni scorsi siamo stati fortunati, e sono state fortunate le persone soccorse, per il fatto che la nostra nave fosse in zona e che li abbia avvistati. Da fuori, dai libici che dovrebbero coordinare, non ci è arrivata alcuna informazione”.
Aquarius al momento non sa come procedere perché, spiega Nick Romaniuk, "non ha mai operato autonomamente, ma sempre in base alle indicazioni delle autorità marittime competenti. Ed è quello che continueremo a fare. Aspettiamo istruzioni: abbiamo abbastanza cibo, acqua, le persone sono stabili e non ci sono problemi al momento".
I libici, dopo i soccorsi, hanno “ordinato” ad Aquarius di trovare un altro centro per l’assegnazione di un porto sicuro. Malta e Italia hanno detto che non sarebbero subentrate. Quindi, teoricamente, i libici stanno ancora coordinando?
“Tecnicamente, se nessun altro centro subentra, resta Tripoli l’autorità di coordinamento. Tutte le operazioni di soccorso in cui siamo stati coinvolti – tre, le due del 10 agosto che hanno portato a bordo le 141 persone salvate e la terza, l’avvistamento ieri del barchino con a bordo 11 tunisini diretti a Lampedusa – sono state inizialmente coordinate dal JRCC libico. Dopo i primi due soccorsi i libici, in qualità di autorità di coordinamento, hanno informato l’Aquarius che avrebbe dovuto contattare un altro centro di coordinamento marittimo per coordinare il posto sicuro di sbarco. Al momento abbiamo ricevuto dei no da Malta e Italia, il che significa che il coordinamento rimane in teoria ai libici. Questo sapendo anche che l’Aquarius non sbarcherà le persone in Libia: non possiamo farlo, per la sicurezza delle persone a bordo e dal punto dei diritti umani. La Libia – che comunque non è stata proposta al momento da nessuno come luogo di sbarco – non è un porto sicuro e questo per noi è un punto non negoziabile: seguiamo le istruzioni dall’autorità marittima competente, me devono essere istruzioni legali“.Quindi, di fatto, non c’è un centro di coordinamento al momento.
“Sembra questo il caso, sì. Il coordinamento è stato abbastanza abbozzato, vago, fin dall’inizio. Mai i libici hanno impedito le operazioni di salvataggio da parte dell’Aquarius, ma non hanno attivamente passato informazioni per facilitare le attività di ricerca e soccorso nell’area. Mai abbiamo ricevuto aggiornamenti o informazioni in merito al primo barchino di legno che abbiamo soccorso, che è stato in mare per 36 ore almeno. Né abbiamo avuto informazioni sulla seconda imbarcazione. Quando li abbiamo avvistati, abbiamo informato il centro di coordinamento libico che avremmo proceduto al soccorso. E i libici ci hanno autorizzato a procedere”.