Migranti, alla Humanity 1 è stato assegnato il porto di Genova: dista giorni di viaggio
Domenica aveva soccorso 273 persone nel bel mezzo del Mediterraneo, poi le è stato chiesto di selezionare le persone da far sbarcare in Sicilia e infine le è stato assegnato il porto di Genova, a giorni di viaggio di distanza: è quanto accaduto nelle ultime ore alla nave umanitaria Humanity 1, che denuncia ancora una volta come gli sbarchi selettivi e le pratiche del governo italiano – che assegna porti di sbarco sempre più lontani – siano contrari alla diritto marittimo internazionale.
In un video registrato dal ponte della nave, due membri dell'equipaggio della Humanity 1 hanno raccontato quanto accaduto. "Uno dei gommoni aveva già una crepa e stava iniziando ad affondare quando siamo arrivati, molte persone erano cadute in acqua. Le abbiamo portate a bordo, erano deboli e disidratate. Uno dei naufraghi aveva perso conoscenza, abbiamo dovuto rianimarlo immediatamente qui a bordo, e siamo stati impegnati a cercare di stabilizzarlo fino a notte fonda, quando è stato evacuato mentre diversi organi stavano collassando", hanno spiegato.
Il mattino seguente, hanno proseguito, le autorità italiane hanno chiesto loro di selezionare i naufraghi che avrebbero dovuto essere evacuati immediatamente: "Una decisione impossibile da prendere per il nostro team. Avevamo pochissime informazioni sulle persone a bordo, non avevamo avuto il tempo per fare a tutti uno screening medico, né sapevamo ancora nulla dei legami familiari".
Alla fine, mentre circa 70 persone sono state portate immediatamente a terra ferma, altre 199 rimangono a bordo, in attesa sul ponte della nave: "Il caldo è estremo. Alcuni sopravvissuti ci hanno mostrato delle ferite sul corpo, i segni della tortura che è stata inflitta loro in Libia. Ci vogliono quattro giorni per arrivare a Genova, un tempo che ritarda le cure che possono ricevere solo a terra", hanno proseguito dall'equipaggio della nave umanitaria, chiedendo che tutti vengano immediatamente fatti sbarcare.
Intanto oggi è arrivata a Ortona, un altro porto lontano dal Mediterraneo centrale, la Life Support, nave umanitaria di Emergency. Tra i sopravvissuti, che erano stati soccorsi in mare venerdì scorso, c'era anche un ragazzo siriano che ha raccontato cosa voglia dire passare per la Libia da richiedente asilo: "In Libia ogni straniero è visto come una merce per i trafficanti. Attraverso i riscatti o riducendo le persone in condizioni di schiavitù, lucrano sulla pelle di migliaia di migranti che vanno in Libia per cercare un futuro migliore". Il suo viaggio è iniziato oltre due anni fa in Siria, un Paese devastato dalla guerra civile: "Nel mio Paese sono stato minacciato più volte per le mie idee, avevo paura per la mia incolumità e di esser fatto sparire come tante altre persone negli scorsi anni in Siria".
Così ha deciso di partire per la Libia, da dove contava di salpare per l'Europa: "Fin da subito la mia esperienza è stata segnata da violenza e da sfruttamento, in balia di trafficanti, miliziani, polizia". Per nove volte ha provato a partire, per otto non è arrivato a destinazione: è stato arrestato, o la barca si è immediatamente rotta costringendolo a tornare indietro a nuoto: "Durante questi due anni e passa, con i miei compagni di sventura, siamo stati picchiati, torturati, venduti come merce da un gruppo di milizie all'altro. Ho visto di tutto ma ho sempre tenuta viva la speranza che un giorno sarei riuscito a raggiungere l'Europa e grazie a voi oggi finalmente posso mettere piede in un Paese sicuro per la prima volta nella mia vita".