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Migliaia di laureati lasciano l’Italia, e il Sud ci perde più di tutti: il dato Istat

Il rapporto Istat 2023 mette in evidenza che negli ultimi anni decine di migliaia di giovani laureati hanno lasciato l’Italia. Partono soprattutto dal Nord e dalle Isole, ma, per effetto delle migrazioni interne, a pagare il prezzo più caro è il Sud. Tra le mete preferite, Regno Unito e Germania.
A cura di Luca Pons
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L'Italia è sempre più un Paese di emigrazione, e non solo di immigrazione, soprattutto per quanto riguarda la popolazione laureata. Il nuovo rapporto annuale Istat, che ha tracciato un quadro preoccupante sia per quanto riguarda il calo demografico sia sulla difficoltà di uscire dalla precarietà economica per chi ci nasce, ha messo in evidenza anche come in Italia molti giovani laureati continuino ad andarsene, verso Paesi in cui possono ottenere una situazione lavorativa più stabile e compensi più alti, ma anche lavori più appaganti. E a pagarne il prezzo sono soprattutto le aree del Mezzogiorno, che vedono i giovani laureati partire per il Nord o per l'estero.

I laureati in Italia sono pochi, e non tutti trovano lavoro

Innanzitutto, alcun dati: in Italia una laurea non è garanzia di lavoro, considerando che il 7% dei laureati tra i 30 e i 34 anni, nel 2022, ha dichiarato di non aver mai lavorato. Certo, "tra i laureati è inoltre minore la quota di lavoro a termine" e soprattutto di "part-time involontario", ha sottolineato Istat. Ma questo non basta a compensare due dati di fatto: l'Italia è ancora tra i Paesi con il minor numero di laureati in Europa, e chi ottiene un titolo universitario in molti casi va altrove per sviluppare la sua carriera.

Nella fascia di età da 25 a 64 anni, la percentuale di laureati è del 20,3%, contro la media europea del 34,3% e contro Francia e Spagna che superano il 41%. Anche tenendo solo in considerazione i più giovani, da 25 a 34 anni, la percentuale arriva solo 29,2% contro il 42% europeo. Per percentuale di persone con una laurea triennale, nel 2020 l'Italia era quindicesima sui ventisette Paesi dell'Ue. Per le lauree magistrali, era decima.

Quanti sono gli espatriati e dove vanno

Gli espatri, quando sono definitivi, sono "una perdita che impoverisce il potenziale di crescita del Paese di origine", ha scritto Istat nel rapporto. Tra il 2010 e il 2021, il trend è aumentato. Nel 2020, nonostante la pandemia, più di 18mila giovani (25-34 anni) laureati hanno lasciato il Paese. Nel 2021 il numero è calato e c'è stato un lieve rientro degli emigrati. Resta il saldo negativo negli anni 2010-2021: 83mila laureati in più se ne sono andati, rispetto a quelli che sono rientrati.

L'espatrio tende a riguardare più gli uomini che le donne. Nel 2021, per i giovani con una laurea, il tasso di espatrio è stato del 6,7 per mille per le donne e del 9,5 per mille per gli uomini.

La meta più frequente, invece, è il Regno Unito, che nel periodo 2019-2021 è stato la destinazione di circa uno su quattro dei laureati italiani che se ne andavano. Ci sono poi Germania (13%), Francia (9%) e Svizzera (8%). Fuori dall'Europa, il 5% è andato verso gli Stati Uniti.

Da dove partono i migranti laureati: il Sud ci perde, il Nord compensa

Sempre guardando al periodo 2019-2021, le perdite hanno interessato tutte le province italiane, ma i valori sono stati sopra la media soprattutto nelle province del Nord. In particolare, quelle di Aosta, Trieste, Gorizia, Udine, Verbania, Asti e Sondrio. Si tratta, va sottolineato, di province che si trovano in buona parte già piuttosto vicine a un confine nazionale, rispetto ad altre.

Ma il tasso è stato alto anche nelle Isole, con le province di Palermo, Enna e Oristano. Al contrario, il dato è stato più basso in alcune grandi aree metropolitane: Bologna, Firenze e Roma.

Chi non va all'estero, però, spesso opera una migrazione interna. Cioè, va in un'altra parte dell'Italia. "I tassi migratori dei giovani laureati tra le province italiane mostrano un chiaro pattern spaziale di tipo Nord-Sud: il guadagno in termini di capitale umano è evidente per tutte le province del Centro-Nord, che registrano tassi migratori ampiamente positivi a sfavore del Mezzogiorno, dove la perdita di capitale umano dovuta alla mobilità interna è netta".

Quindi, il Centro-Nord perde diversi laureati verso l'estero, ma compensa con gli arrivi dal Sud. Il meridione, invece, non ha forti flussi di ritorno e quindi resta privato dei suoi giovani più istruiti. "Le giovani risorse qualificate provenienti dal Mezzogiorno costituiscono dunque una fonte di capitale umano per le aree maggiormente produttive del Nord e del Centro del Paese e per i Paesi esteri ma, al tempo stesso, una criticità per le aree di provenienza".

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