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Meloni si è scordata l’emergenza del lavoro povero: la legge ‘anti Salario Minimo’ è ferma in Senato

Il 6 dicembre 2023, il centrodestra alla Camera affossava la proposta delle opposizioni sul salario minimo e approvava una delega al governo, per affrontare il tema del lavoro povero. Più di nove mesi dopo, però, niente si è mosso: la legge delega è ancora ferma in Senato e nell’esecutivo nessuno nessuno parla più di un intervento per contrastare i salari bassi.
A cura di Marco Billeci
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Il tema del lavoro povero è scomparso dall'agenda di governo, alla stessa velocità con cui aveva fatto irruzione circa un anno fa, di fronte alla necessità di contrastare la proposta delle opposizioni sul salario minimo. Era l'11 agosto 2023 e Giorgia Meloni convocava a palazzo Chigi i leader dell'opposizione, a confrontarsi sui possibili rimedi per i salari bassi, dopo settimane di rinvii della discussione della proposta di legge – sottoscritta dai partiti del centrosinistra più Azione – per fissare a 9 euro lordi l'ora la retribuzione minima dei lavoratori. La storia ci racconta come è finita la corsa della legge sul salario minimo, portato dalla maggioranza su una linea morta alla Camera.

Come compensazione, il centrodestra il 6 dicembre 2023 ha approvato una legge delega, per affidare al governo la responsabilità di legiferare su due aspetti: da una parte, assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi e contrastare il lavoro sottopagato; dall'altra, mettere ordine al sistema della contrattazione collettiva. In quei giorni, la ministra del Lavoro Marina Calderone assicurava che l'esecutivo sarebbe intervenuto nei primi mesi del 2024. E il sottosegretario di via Veneto Claudio Durigon vaticina che l'obiettivo sarebbe stato raggiunto entro il 1 maggio di quest'anno.

Che fine ha fatto la legge sul lavoro povero

Sono passati più di otto mesi.  Non solo il governo non ha ancora presentato una proposta sul lavoro povero, ma la legge delega sulla materia giace nei cassetti del Senato, dove deve ancora iniziare la discussione in Commissione.  Dice a Fanpage.it la senatrice Pd Susanna Camusso che dalla maggioranza e dal governo non è mai arrivata una spiegazione, circa la scomparsa del testo. "Questo dimostra come la delega è stata un puro trucco parlamentare, per affossare la discussione sul salario minimo",  sostiene l'ex segretaria della Cgil. E per la a vicepresidente del Senato M5S Mariolina Castellone: “Il ritardo non è casuale, il governo non ha alcuna intenzione di intervenire in modo serio e strutturale sui salari e continua a perdere tempo".

Abbiamo provato a raggiungere per un commento anche il presidente della Commissione Lavoro e Affari Sociali a palazzo Madama, il meloniano Francesco Zaffini, ma senza successo. Va detto che subito prima della pausa estiva, il testo è riemerso dai meandri di palazzo Madama ed è stato finalmente incardinato in commissione. "Hanno sperato che il tema passasse ‘di moda' – dice ancora Camusso- ma siccome questa operazione non gli è riuscita e c'è in corso la raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare sul salario minimo, hanno ricominciato a sventolare un drappo".

Come tutte le leggi delega,  però, anche questa ha un iter piuttosto complesso. Dopo l'esame in commissione e il voto in Aula, il governo dovrà adottare entro sei mesi i decreti, per concretizzare i principi generali contenuti nella legge. Questi decreti poi dovranno di nuovo essere sottoposti ai pareri delle Camere, prima del via libera definitiva dell'esecutivo. Insomma, anche se da settembre si procedesse spediti al Senato, non avremmo una norma in vigore prima del 2025.  In ogni caso, le opposizioni ritengono insufficienti le promesse della maggioranza, che continua a rifiutare l'idea di un salario minimo legale e mira a estendere il più possibile le forme di contrattazione collettiva.

La battaglia d'autunno sui salari

"In un Paese che fra il 2013 e il 2023 ha visto il potere d’acquisto delle retribuzioni diminuire del 4,5 percento  – dice a Fanpage.it la senatrice M5S Castellone – il solo taglio del cuneo fiscale è insufficiente. Occorre stabilire, una volta per tutte, quali retribuzioni sono rispettose dell’art. 36 della Costituzione e quali no, e al contempo stabilire criteri che misurino la reale rappresentanza delle parti sociali, per spazzare via i ‘contratti pirata’. E per la collega dem Camusso: "Questo governo non capisce assolutamente nulla del tema dei salari e si rifiuta di affrontare quello  che è uno strumento essenziale, sia per il lavoro povero sia per le tante forme di precarietà e di irregolarità".

Per questi motivi, assicurano le due esponenti dell'opposizione, quando la legge delega sarà discussa in Commissione Lavoro a palazzo Madama, il tema della retribuzione minima verrà riproposto. Spiega Camusso: "È  nostra intenzione quella di ripresentare tutti insieme la proposta di legge, non possono pensare di fare una discussione solo sulla loro ipotesi". E conclude Castellone: "Malgrado l’ostinata contrarietà di governo e maggioranza e le fake news, la nostra battaglia va avanti”.

Anche se il centrodestra decidesse di ritardare ancora la discussione in Senato, a breve il governo sarà comunque obbligato ad affrontare la materia. Il 15 novembre, infatti, scade il termine per recepire la direttiva europea sul salario minimo. L'esecutivo italiano sostiene che per l'Italia cambierà poco o niente, perché la direttiva si rivolge agli Stati che hanno un livello di contrattazione collettiva meno esteso rispetto al nostro. Ma al momento di tradurre la normativa europea nel nostro ordinamento, altri nodi potrebbero incendiare il dibattito. E se si considera che nelle stesse settimane, Meloni  e i suoi ministri dovranno varare anche la legge di bilancio, è facile immaginare come sul fronte dei salari si prospetti il classico ‘autunno caldo'.

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