Meloni segue Trump contro la Corte penale internazionale, ora Nordio prepara lettera di accuse all’Aja
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L'Italia si allinea agli Stati Uniti di Trump: nessuna presa di posizione a difesa della Corte penale internazionale dopo che il presidente Usa, con un ordine esecutivo, ha imposto sanzioni al Tribunale dell'Aja per "azioni illegali e infondate" contro gli Stati Uniti e Israele. Il tutto mentre la Commissione europea, l'Onu e la stragrande maggioranza dei Paesi Ue si schierano contro Trump. E intanto il ministro della Difesa Nordio prepara il prossimo passo nello scontro con la Cpi: una lettera in cui chiedere ‘chiarimenti', che di fatto contiene una serie di contestazioni sul comportamento della Corte nel caso Almasri.
L'Italia non firma in difesa della Corte: come Ungheria, Argentina, Cina e Russia
Dopo la mossa di Trump, annunciata ieri, è partita una mobilitazione che ha coinvolto diversi Paesi. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha difeso apertamente la Corte, dicendo che "deve poter perseguire liberamente la lotta contro l'impunità globale". Il portavoce del segretario generale dell'Onu ha commentato che la Corte è "deve essere autorizzata a lavorare nella totale indipendenza". Una dichiarazione condivisa in difesa della Cpi e contro "ogni tentativo di indebolirne l'indipendenza" ha raccolto le firme di 79 Paesi (sui 125 che hanno firmato lo Statuto di Roma nel 1998 e quindi riconoscono la Corte). Ma l'Italia si è tirata indietro.
Il governo Meloni è tra i pochi che ha scelto di non firmare. Forse anche per le recenti tensioni con la Corte penale internazionale, a seguito del caso Almasri. Sicuramente perché avrebbe significato schierarsi contro Trump, che il governo considera un alleato di primissimo piano. Anche a costo di isolarsi in Europa.
Tra i Paesi dell'Unione europea, infatti, solo quattro non hanno firmato. Lituania, Cechia, l'Ungheria di Orbán e l'Italia. Se non fossero bastate le parole di von der Leyen a tracciare una linea comune europea, lo hanno fatto i numeri. E questa linea è ben diversa da quella dell'Italia. A livello mondiale, tra gli altri non firmatari, ci sono anche l'India di Modi, l'Argentina di Milei, la Turchia di Erdogan, oltre a Cina e Russia (questi ultimi due non hanno mai aderito alla Corte).
La lettera di Nordio ai giudici dell'Aja
Giuseppe Conte ha detto che la decisione "compromette" l'Italia, mentre la segretaria del Pd Elly Schlein ha definito "vergognosa" la scelta di non firmare. Da parte sua, il governo Meloni ha aperto uno scontro con l'Aja, sostenendo che nel caso Almasri abbia voluto mettere in difficoltà l'Italia, e non sembra intenzionato a fare passi indietro.
Anzi, proprio in queste ore al ministero della Giustizia si starebbe preparando il prossimo passo nel conflitto burocratico. Il ministro Carlo Nordio lo aveva già annunciato: l'intenzione è quella di inviare all'Aja una lettera che chieda spiegazioni su diverse, presunte incongruenze. Dal fatto che il mandato d'arresto per il generale libico fosse in inglese, agli errori sulle date, agli "incomprensibili salti logici" citati da Nordio in Parlamento, fino alle conclusioni "diverse rispetto alla parte motivazionale".
Formalmente è una richiesta di spiegazioni, ma nella sostanza è un atto d'accusa. Decisamente irregolare, dato che non è compito del ministro della Difesa dei singoli Paesi valutare le motivazioni dei mandati d'arresto della Corte penale internazionale – ci hanno già pensato i giudici. Ieri, all'inaugurazione dell'anno giudiziario dei penalisti, il ministro ha detto: "Quello è un mandato completamente sbagliato e, secondo me, addirittura nullo".