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Meloni scrive a von der Leyen: “Su libertà di stampa fake news contro il governo, relazione Ue distorta”

Con una lettera, indirizzata a Ursula von der Leyen, la premier ha risposto ad alcune perplessità sollevate dalla Commissione Ue nella sua relazione sullo Stato di diritto, a proposito di libertà di stampa e informazione. “Dal governo nessun’ingerenza su governance della Rai”, scrive.
A cura di Giulia Casula
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"Cara Ursula". È l'incipit della lettera che Giorgia Meloni ha scritto alla presidente della Commissione europea a quattro giorni dalla pubblicazione del rapporto annuale sullo Stato di diritto.

Un documento che quest'anno è arrivato in ritardo rispetto alla data prevista. La cosa però, non è passata inosservata. Nel pieno delle trattative per la riconferma di von der Leyen alla guida della Commissione, la pubblicazione è stata rimandata per non mettere a repentaglio i negoziati con i diversi gruppi politici, in particolare i Conservatori, di cui fa parte anche Fratelli d'Italia.

"Le raccomandazioni finali nei confronti dell'Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti, tuttavia per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il Governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, la libertà di informazione", prosegue Meloni.

Nella relazione infatti, la Commissione Ue bacchetta il governo italiano su diversi punti: premierato, abolizione dell'abuso d'ufficio, libertà di stampa, continuo ricorso alla decretazione d'urgenza. Ma per la premier gli articoli che hanno riportato le critiche dell'esecutivo europeo nei confronti dell'Italia sono "attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa. Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione".

"Le critiche che vengono strumentalmente mosse nei confronti del Governo riguardano principalmente tre questioni", scrive la premier.  La prima riguarda l'indipendenza del servizio pubblico che sarebbe soggetto ad un'eccessiva ingerenza politica, anche a causa dell'attuale sistema di governance della Rai. "Sul primo punto, cioè sulle garanzie di indipendenza del servizio pubblico, mi sento di ricordare che la riforma della Rai, che ha disegnato l'attuale sistema di governance dell'azienda, è stata ideata e realizzata nel 2015 dall'allora partito di maggioranza relativa (il Partito Democratico) durante il governo guidato da Matteo Renzi, con la contrarietà del partito da me guidato (Fratelli d'Italia)", attacca Meloni.

"Se dunque esiste un problema di ingerenza politica dovuta alla normativa esistente, questo non può certo essere imputato a chi quella norma l'ha subita. Soprattutto si tratterebbe di una criticità che si trascina da quasi dieci anni e che avrebbe, nel caso, sfavorito le forze di opposizione, e nello specifico Fratelli d'Italia, e favorito le forze di Governo che hanno governato in questo periodo", scrive ancora.

E sulla governance di Viale Mazzini dice: "È stata determinata dal Governo precedente (Governo Draghi), con Fratelli d'Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai creando, questa volta sì, una anomalia senza precedenti in Italia e in violazione di ogni principio di pluralismo del servizio pubblico. È bene ricordare che, salvo la nomina obbligata di un nuovo Amministratore Delegato nel 2023 a seguito delle dimissioni del suo predecessore, l'attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali. Gli attuali componenti del CdA della Rai – ricorda – sono stati nominati nella scorsa legislatura da una maggioranza di cui Fratelli d'Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della Rai".

"Sul fatto che il cambiamento della linea editoriale della Rai avrebbe determinato le dimissioni di diversi giornalisti e conduttori – prosegue ancora – è di tutta evidenza, anche in ragione di quanto espresso in precedenza (che l'attuale Cda è stato nominato nella scorsa legislatura ndr), che si tratti di una dinamica che in ogni caso non può essere imputata all'attuale Governo". Per Meloni la scelta di diversi giornalisti e conduttori di lasciare la Rai è dipesa da "normali dinamiche di mercato".

Un passaggio poi, sulle regole della par condicio."Ancora più strumentale  appare la critica del terzo punto in base alla quale la Rai avrebbe violato le regole della par condicio in favore della maggioranza di governo durante le ultime consultazioni per l'elezione dei membri del Parlamento europeo. Anche su questo argomento, mistificato a uso politico, occorre chiarire alcuni aspetti", scrive. "A ridosso delle elezioni europee del 2024, la Commissione parlamentare Vigilanza Rai, nell'esercizio delle sue prerogative, ha adottato una delibera – dichiarata peraltro dall'Agcom conforme alla disciplina vigente in materia – che prevedeva l'esclusione dalle regole della par condicio dei rappresentanti delle istituzioni che affrontavano questioni inerenti alle loro funzioni istituzionali", ricorda Meloni.

"Non si tratta di una novità. Infatti, sempre, durante ogni passata competizione elettorale, tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l'informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente. Viene da chiedersi perché questo principio, che si è sempre reputato valido in passato, non debba valere per l'attuale Governo", chiede.

Nella missiva, Meloni non entra nel merito delle altre perplessità sollevate dalla Commissione Ue sulle condizioni di salute dello stato di diritto italiano, ma conclude ribadendo l'impegno a "assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell'Unione Europea e l'assiduo impegno a far progredire l'Italia nell'ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radio televisivo dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica".

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